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C’è sempre una chiave: la lezione di Antonella che oggi non c’è più

La depressione ha portato via Antonella quando aveva 13 anni. Mamma Angela e papà Domenico nel 2018 hanno fondato l’associazione Anto Paninabella, il cui nome trae ispirazione dall’account su cui la figlia ha scritto la sua ultima lettera. Oggi lavorano coi giovani per farli riflettere sul valore delle proprie emozioni, sulla ricchezza della diversità, sull’empatia e su quanto essere forti non significhi essere invincibili, ma avere l’umiltà di riconoscere i propri limiti e chiedere aiuto quando ci si sente a pezzi. Un impegno che è diventato un libro. Nel nome di Antonella

di Marilù Ardillo

“Io sono come il mare”.
È un’affermazione, una consapevolezza, che significa molte cose. Ha dentro un colore, un tempo, un odore, un battito. Ha dentro tutto.

È il modo in cui Antonella è riuscita a sintetizzare il tumulto che la animava, proprio come fanno i bravi scrittori, scegliendo un’immagine, una metafora. Il mare non è mai immobile, anche quando appare calmo. E non ha una sola sfumatura di azzurro.
È profondo, libero. Gioioso e burrascoso. Indipendente da terra e cielo, senza esigenze di principio e fine.
Antonella è come il mare.

Tra le sue carte c’era una lista di 10 cose da fare prima di morire. Al primo posto: “Riuscire a farmi accettare così come sono da almeno tre persone”. A 13 anni sembra impensabile una tale lucidità. La stessa che ha spinto Antonella 3 anni fa a scattare una foto dal cornicione di un palazzo, inviarla ad una compagna di classe, chiedendo: “È abbastanza alto?”.

“Noi vedevamo la parte che lei ci permetteva di vedere: la bambina che quando incontrava i nostri amici li abbracciava tutti uno ad uno per salutarli, che si emozionava quando vedeva i baci in televisione, che si indignava per le ingiustizie, che fossero vere o in un telefilm, che si entusiasmava, si appassionava e si accendeva leggendo i suoi libri e ascoltando la sua musica, che rideva e con il suo sorriso illuminava lo spazio e il tempo”, raccontano Angela e Domenico, i suoi genitori.
“C’era però una parte che lei ci ha nascosto accuratamente, quella che non è riuscita a dominare da sola: la sofferenza per la solitudine in cui si è trovata, il sentirsi strana, diversa dalla massa, diversa dall’amica che adorava. Lontana dagli schemi, insofferente a qualsiasi costrizione, moda, schema precostituito, cliché, indisponibile a compromessi che la obbligassero a cambiare, a far finta di essere diversa da quello che era pur di piacere”.
Antonella era piccola eppure grande, avrebbe potuto chiedere aiuto per potersi capire, per darsi tempo. Pretendeva il massimo da se stessa e soffriva nel sentirsi inferiore a quelli che lei considerava criteri assoluti per essere una persona giusta.

Il primo giorno di asilo era incuriosita dai compagni che piangevano perché non volevano lasciare la mamma.
Durante la cena si dilettava a inventare per i suoi genitori e per suo fratello delle storie fantastiche, amava molto il teatro. A soli 8 anni si è iscritta ad una scuola di teatro, era affascinata dai concerti, i balletti, le opere liriche, gli artisti di strada. Ovunque ci fosse qualcuno capace di creare.

In una notte imprecisata si è fatta strada l’idea di fondare un’Associazione intitolata ad Antonella.
“Mi sono svegliato nel cuore della notte pensando: cosa possiamo fare perché il dolore nostro e quello di Antonella possa essere utile e acquisisca un minimo di senso? Come possiamo evitare che succeda di nuovo?”, racconta Domenico. E aggiunge: “Antonella aveva indicato una strada da percorrere. Far riflettere su questo tema ci è sembrata la cosa più giusta”. Per questo il 19 Maggio 2018 è nata l’Associazione Anto Paninabella, il cui nome trae ispirazione dall’account su cui ha scritto la sua ultima lettera.
“Nello statuto abbiamo previsto che potessimo occuparci di prevenzione primaria, promuovendo qualsiasi iniziativa volta ad aumentare la consapevolezza emotiva e l’autostima dei ragazzi, combattere lo stigma della depressione e della sofferenza psicologica, e fornire agli adulti strumenti per prevenirla e intercettarne precocemente gli eventuali sintomi. Siamo sempre alla ricerca di nuovi modi per avvicinare i ragazzi e stimolarli a riflettere sul valore delle proprie emozioni, sulla ricchezza della diversità, sull’empatia e su quanto essere forti non significhi essere invincibili, ma avere l’umiltà di riconoscere i propri limiti e chiedere aiuto quando ci si sente a pezzi. Nessuno di noi si era accorto di nulla, forse anche perché eravamo tutti tragicamente impreparati. Il senso dell’Associazione è anche quello di raccogliere idee, proposte, di unire le forze”.

#iosonocomeilmare è diventato un hashtag e prima ancora il titolo del primo libro di Antonella, la realizzazione di uno dei suoi più grandi desideri. Una di quelle 10 cose da fare prima. Come vedere Londra.
Dopo quel 28 Novembre, Angela e Domenico hanno scoperto l’esistenza di una piattaforma digitale a cui Antonella aveva affidato gran parte dei suoi pensieri, destinati alla sua famiglia, a suo fratello Paolo, a se stessa, alla vita. E con l’aiuto della psicologa Paola Armenti e l’intuito e la sensibilità di Francesco Minervini, autore e docente di lettere classiche, hanno messo insieme fogli nascosti tra i libri, disegni sui bordi dei quaderni e scritti affidati alla rete per raccontare il suo mondo, con l’auspicio che questo avrebbe potuto aiutare chiunque si fosse identificato in quelle parole e sostenerlo nell’ammettere, pure a voce bassa: “io sono come lei”.
Ad oggi ne sono state stampate circa 1.200 copie, molte delle quali distribuite nelle scuole della Puglia, regione di origine di Antonella, dove in questi anni Domenico e Angela hanno organizzato numerosi incontri.
“Abbiamo sempre impostato questi momenti come un incontro tra i ragazzi e Antonella. E uno dei messaggi che portiamo attraverso le sue parole è: A tutte le persone sole, apatiche e tristi voglio dire: Non siete i soli a soffrire. Non siete soli.”
Aggiunge Angela: “Veder reagire i ragazzi alle parole e alle foto di Anto, emozionarsi, raccontare la loro esperienze e i loro dubbi, è una cosa che da una parte ci dà il polso di quanto sia indispensabile sollevare il velo su questi problemi, abbattere lo stigma e permettere ai ragazzi di esprimersi; dall’altra ci permette di portare a casa una boccata di ossigeno. L’affetto che i ragazzi rivolgono ad Anto ci fa bene. Noi ci sentiamo degli alieni. Non c’è, pare in nessuna lingua, una parola che descriva un genitore che perde un figlio.”

Un dialogo è tale se ogni voce ha l’opportunità di esprimersi, assecondando anche canali e tempi diversi. Molti ragazzi non riescono ad esporsi con facilità ed è per questo che l’Associazione ha lanciato durante i primi mesi della pandemia un bando per la Prima Edizione di un Concorso Letterario Nazionale intitolato “C’è sempre una chiave”, dal titolo di un brano di Caparezza, molto amato da Antonella. È un progetto dedicato principalmente alla sua memoria, perché lei amava affidare alla parola scritta le sue emozioni, era innamorata delle storie e sognava di diventare una scrittrice. Ma è soprattutto un progetto pensato per i ragazzi, che insegni loro a cercare e riconoscere la bellezza. Perché rimane l’unica risorsa capace di salvezza nei momenti di solitudine e disperazione.
"Pensate che ci sia qualcuno per tutti da qualche parte? Ebbene allora provate voi a fare il primo passo”, scriveva Antonella nel suo diario.
Hanno partecipato 183 scrittori e aspiranti scrittori italiani e stranieri di ogni età e provenienza geografica, per dare ciascuno la propria risposta a quel primo passo richiesto da Antonella.


A partire da una frase scritta nel libro Io sono come il mare, gli autori sono stati chiamati ad esprimere in un racconto inedito una via d’uscita, un modo per far fronte allo sconforto più profondo, per tentare di trovare qualcosa a cui aggrapparsi, una ragione per continuare a vivere. Sono stati chiamati a trasformare il dolore, ad invertirne la rotta.
“Se scopri che il dolore può diventare il motore che muove qualcosa di positivo, questo aiuta non ad eliminarlo, piuttosto a maneggiarlo. Siamo stati fortunati a trovare ciò che Antonella ha scritto, dandoci un’eredità, una direzione da intraprendere. Forse è stata lei ad insegnarci come vivere ora, e perché”, racconta Domenico. La scelta di realizzare un'antologia di racconti è stata voluta, in virtù della sua agilità e semplicità, perché possa raggiungere anche chi non è solito leggere abitualmente. Il libro è composto da 10 racconti vincitori del Premio, selezionati da una giuria di esperti, ed è andato in stampa il 19 Ottobre 2020, edito da WIP Edizioni, con il sostegno della Fondazione Vincenzo Casillo, che quotidianamente riserva la sua attenzione alle giovani generazioni e alla loro formazione culturale e umana.
È stato patrocinato dalla Città di Bari e dal Garante Regionale dei Diritti del Minore e i proventi derivanti dalla vendita saranno devoluti all’Associazione, per la realizzazione di progetti scolastici di prevenzione alla sofferenza a sostegno dei ragazzi più fragili. Le illustrazioni che si alternano ai racconti sono state realizzate dagli alunni della classe 3 C a.s. 2019-2020 della S.S. di I Grado “N. Zingarelli” di Bari.

Il libro sarà presto disponibile in tutti gli shop online, anche come e-book. Se però volete dare il vostro contributo per sostenere l'Associazione Anto Paninabella, potete richiederlo direttamente scrivendo una email qui [email: cesempreunachiave@paninabella.org]

I titoli sono suggestivi, sono ambasciatori della poetica del bene.
Trasformami in farfalla, Stella marina, Basta un attimo, Chiave di sol, Eppure anche tu, Pensieri dal mare: sembrano sorprendentemente connessi ad un’unico sguardo che converge ancora una volta nell’azzurro e che ancora è come il mare.

La pandemia ha interrotto ormai da 6 mesi, per forza di cose, gli incontri nelle scuole e sta imponendo un lungo isolamento sociale che per i giovani più fragili può amplificare la solitudine e l’incapacità di comunicare e condividere.
Anche per questo Domenico e Angela sperano che questo libro diventi una lettura per Natale o per le vacanze, perché si impari a considerare l’infelicità un argomento importante e decisivo. Perché come esortava Antonella, dobbiamo fare in modo di andare contro i pregiudizi e continuare a scavare, “perché ciò che gli altri pensano di noi si attacca come una seconda pelle. E allora combattete”.

– L’Associazione Anto Paninabella: https://www.paninabella.org
– La Fondazione Vincenzo Casillo: https://www.fondazionecasillo.it

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