Famiglia
Il lockdown per gli adolescenti? È contro natura, pagheremo il conto
«Stiamo imponendo agli adolescenti una distorsione evolutiva tragica. Li stiamo inchiodando nel nido materno, rendendo impossibile oggi fare l’adolescente. Dal punto di vista psicologico è molto rischioso», dice il pedagogista Daniele Novara. «Vogliono chiudere le scuole? Per me è sbagliato, ma almeno ci diano i dati. E si renda possibile qualcosa che mitighi gli effetti negativi»
«Se chiudono le scuole, ci diano almeno i numeri in base a cui hanno preso questa decisione. Per me è una decisione sbagliata, ma almeno avremmo qualcosa che ci aiuti a capire la scelta, che oggi invece risulta incomprensibile. Magari hanno dati che noi non abbiamo, che li diano. Io l’unico dato ufficiale che ho è quello che dice che l’età media decessi è 82 anni». A poche ore dal nuovo vertice fra Governo e Regioni in vista del nuovo Dpcm che dovrebbe essere firmato oggi, il pedagogista Daniele Novara torna a chiedere a gran voce di non chiudere le scuole. Per molti dei nostri figli, nei fatti, un mini-lockdown è già iniziato: DAD per le superiori e quarantena preventiva per un’infinità di classi, sport tutti eliminati, come pure la grandissima parte delle attività ludiche e ricreative. Niente incontri al parco e niente muretto. Ma a scuola almeno, in questo momento, aspettano di tornarci.
Vede delle differenze rispetto alla scorsa primavera?
Questa volta ci sono altre voci che chiedono di non chiudere la scuola. Il presidente dell’associazione nazionale presidi Giannelli, gli psicologi, i neuropsichiatri… C’è più sensibilità e più movimento, in questo momento sulla scelta di chiudere le scuole quantomeno c’è discussione anche se la comunicazione è sempre dominata dall’istanza assolutista dei bollettino quotidiano che ci porta a pensare che più ci chiudiamo più ci salviamo, mentre non è così. Sui bambini in particolare c’è un po’ più di consapevolezza e di attenzione. Oggi sono molto più preoccupato per gli adolescenti, che di fatto sono già in lockdown. Credo che come politica e come opinione pubblica non ci rendiamo conto di quale sacrificio stiamo pretendendo da loro.
Quale?
Li stiamo obbligando a una cosa contro natura, contro il loro sviluppo e la loro crescita. Oggi è un problema fare l’adolescente. Li stiamo inchiodando nel nido materno, sempre sotto gli occhi della famiglia, nel posto dove nessuna adolescente normale può pensare di vivere. Una cosa talmente innaturale, perché per l’adolescente è naturale voler stare con i coetanei, uscire, sottrarsi dal controllo della famiglia. E noi cosa proponiamo? Il contrario: gli stiamo dicendo che stare con i pari è pericoloso. Dal punto di vista psicologico è tutto il contrario, ad essere pericoloso è una permanenza così dilatata nel nido materno. L’isolamento in adolescenza è per antonomasia una minaccia. Se li spingiamo verso l’isolamento, magari il virus abbasserà la sua potenza ma senz’altro nei nostri ragazzi aumenterà la depressione nei nostri ragazzi. Questa è una certezza. Le conseguenze sulla salute mentale dei ragazzi, a livello di depressine, demotivazione, atti autolesionistici, sono già state documentate. Il punto è che non si può mettere in lockdown una generazione che ha pochissimo a che fare con la patologia – non parlo del contagio – solo perché potrebbero entrare in contatto con gli anziani. Piuttosto mettiamo al sicuro gli anziani.
È un tema che nei giorni scorsi ha suscitato molte polemiche…
Guardi, io ho in casa il ritratto della mia prozia uccisa dalla spagnola a 18 anni, non è colpa di nessuno, all’epoca erano i giovani a morire. L’aids ha colpito duro sotto i 30 anni, io c’ero. Questo virus colpisce gli anziani, è un dato di fatto. Io non ci vedo nessun pregiudizio, mi pare normale cercare di occuparsi di chi ha il problema e non di chi non ce l’ha. Non si tratta di chiudere gli anziani in galera, ma di creare un lockdown temporaneo per chi è più a rischio.
Che cosa possiamo fare, anche come genitori?
Come dicevo prima, come opinione pubblica possiamo pretendere i dati che portano a queste decisioni. Evitare di chiudere la scuola anche per i preadolescenti. E se la decisione per i più grandi è presa, bisogna mitigare. Bisogna inventarsi qualcosa che permetta ai ragazzi una vita sociale in presenza, se non a scuola almeno in altri contesti. Se gli impediamo anche questo, i rischi sono immediati perché stiamo loro imponendo una distorsione evolutiva tragica.
Nel suo appello a non chiudere la scuola c’è implicito il giudizio che la DAD non sia scuola… giusto?
Questo purtroppo è un punto su cui non c’è ancora consapevolezza. Passare in DAD è chiudere la scuola, lo è tecnicamente e a livello di senso. Gli alunni a scuola non ci sono, non capisco come si fa a dire che le scuole non siano chiuse. Una scuola senza alunni non è scuola. La DAD è un succedaneo della scuola, come il caffè d’orzo che prendo al posto del caffè se non posso assumere caffeina. Questo per onestà intellettuale deve essere chiaro. Detto questo, certo, siamo tutti d’accordo che c’è DAD e DAD.
Perché la DAD non è scuola? Cosa le manca di essenziale?
La trasmissione pura e semplice dei contenuti a livello di DAD non porta apprendimento, dal momento che la relazione, lo sappiamo, è sostanziale al processo di apprendimento, non è un elemento marginale. Le tecnologie sono strumento prezioso quando ci permettono di realizzare anche a distanza le condizioni di laboratorio, introducendo alla esperienzialità della ricerca, della scoperta, dell’esplorazione: una DAD maieutica. Questa esperienzialità produce apprendimento. Ma se la DAD è videolezionismo – ossia trasferire davanti a uno schermo un dispositivo già di per sé arcaico e superato come la lezione frontale – allora è uno stress psicologico e in più non consente un vero apprendimento, perché una persona non è in grado di imparare ascoltando ascoltando ascoltando… La scienza ci dice al contrario che le persone (tanto più i bambini) imparano facendo esperienza. Una DAD così del tutto inutile, tanto vale girare i link a siti e ai video degli esperti. Che forse il disegno finale poi è questo, portare l’opinione pubblica a pensare che la scuola sia inutile e ridurre la scuola a un processo completamente digitalizzato. La DAD fa venire fuori la mancanza quasi totale di un profilo professionale di insegnanti centrato sulla capacità di organizzare l’apprendimento e basato quasi unicamente sui contenuti. È forse la peggior nefandezza verso la scuola di questi ultimi decenni: l’assenza di attenzione alla metodologia pedagogica. Ragazzi, se vi chiedono solo di ascoltare… sappiate che siete in pericolo.
Photo by Georgy Rudakov on Unsplash
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