Cultura

Davanti e dietro l’obiettivo le donne prostituite dalla tratta

Si apre il 16 ottobre al Pac di Milano “Ri-scatti per le vie mercenarie del sesso” che racconta la schiavitù contemporanea della prostituzione esercitata nell’hinterland milanese. Il sesto progetto portato avanti dall'associazione Ri-scatti che utilizza le immagini per favorire l’integrazione ha visto la collaborazione delle operatrici di Lule, realtà che assiste le donne sfruttate

di Antonietta Nembri

Era il 1982 quando Giuni Russo cantava “Un’estate al mare”. “Per le strade mercenarie del sesso che procurano fantastiche illusioni…” erano queste le parole con cui iniziava il brano scritto da Franco Battiato. E proprio ispirandosi a questa canzone il curatore Diego Sileo ha scelto il titolo della mostra che da domani, 16 ottobre aprirà i battenti al Pac di via Palestro a Milano: “Ri-scatti. Per le strade mercenarie del sesso”.
È dedicato infatti al mondo della prostituzione esercitata dalle nuove schiave del terzo millennio il sesto progetto della onlus RI-Scatti che utilizza il linguaggio fotografico per promuovere l’integrazione. L’idea di affrontare il mondo della prostituzione, come ha ammesso Federica Balestrieri, fondatrice e presidente di Ri-scatti onlus «è nata da me e da Sileo negli anni scorsi, ma è solo quando abbiamo incontrato le operatrici di Lule che abbiamo potuto realizzarla».


Perché non è facile entrare in un mondo che molti fanno finta di non vedere, conquistare la fiducia di persone che sono vittime di tratta e ricatti. Dopo tre mesi intensi (in epoca pre-Covid) tra workshop di fotografia guidati dal fotografo Amedeo Novelli (insieme a Federico Bernini e Marcello Fauci, fotografi e fotoreporter professionisti dell’agenzia “Visual Crew”) nei momenti più strani, usando anche un camper per incontrare le ragazze di notte sul luogo di lavoro.
Il risultato sono 80 fotografie crude e spiazzanti. Un racconto per immagini realizzato da sette prostitute dell’hinterland milanese, di cui tre rumene, due nigeriane e due transgender peruviane, che sono state lasciate libere di raccontarsi scattando loro stesse delle fotografie rappresentative della propria realtà, fatta di strada, ma anche di vita quotidiana, di sogni, di cibo e aspirazioni al cambiamento.

Ovviamente non le conosciamo con il loro nome e per proteggerle non sono state presenti neppure alla presentazione della mostra, diversamente dai protagonisti dei precedenti progetti di Ri-scatti (senza dimora, migranti, terremotati, ragazzi bullizzati, giovani malati di tumore).
Per tutti i visitatori sono Meg, Jo, Beth, Amy, Hannah, Daisy e Sallie, nomi fittizi che, ha rivelato il curatore sono stati presi a prestito dal romanzo “Piccole Donne” a tutela della loro identità. Di loro si sa che sono donne di età compresa tra i 19 e i 50 anni, mamme di bambini, qualcuno ancora neonato, altri adolescenti. Hanno affitti da pagare e spesso genitori a carico. Vivono per lo più a Milano, alcune al massimo nell'hinterland, ma sono prive della libertà perché sono schiave di uno dei mercati più spietati al mondo, strappate dai loro Paesi con promesse, inganni e violenze, per offrirsi al consumatore finale, per lo più italiano, che a sua volta le usa, talvolta le picchia e talaltra le deruba.

«La cosa più difficile» ha raccontato Amedeo Novelli «è stata conquistare la loro fiducia». Ma una volta conquistata ha permesso al progetto di mostrare anche quel lato nascosto «che loro difendono, come per esempio la loro cucina. Perché noi non sappiamo niente di questa realtà che è difficile da accettare perché il loro non è un lavoro è schiavitù, è tratta. Con questa esperienza», ha concluso Novelli «abbiamo avuto l’opportunità di crescere».

«Il rischio di queste persone è di diventare un pezzo di asfalto, dimenticando di essere persone umane», ha spiegato Marzia Gotti di Lule onlus indicando una delle immagini esposte in cui si vede solo un’ombra, «la persona che l’ha scattata mi ha proprio detto di sentirsi così “un’ombra sull’asfalto”». (nell'immagine)

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Alcune delle foto in mostra, il racconto della quotidianità e della strada

L’associazione Lule che è attiva nell’hinterland milanese (le immagini sono state scattate tra rhodense e hinterland) è un ente anti-tratta con due progetti: Mettiamo le Ali e Derive e approdi in collaborazione con il Comune di Milano. «Noi offriamo servizi di prossimità senza giudizi, facciamo accoglienza e cerchiamo con le persone che decidono di cambiare di aiutarle anche cercando un lavoro».

Nel corso della presentazione l’assessore alla cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno ha sottolineato il valore di Ri-scatti che «utilizza l’arte come strumento di espressione per chi non ha voce» per la sua capacità di «indagare luoghi urbani d cui abbiamo paura invitandoci a metterci il nostro sguardo». Riferendosi poi al Pac ha ricordato come il Padiglione di arte contemporanea abbia tra le sue mission quella di mettere «in correlazione l’arte e la società». Da parte sua il direttore Domenico Piraina ha voluto ricordare come «sei anni fa abbiamo iniziato a dedicare una linea del Pac a intercettare situazioni di grande disagio, non solo le mostre delle celebrity dunque».

Come tutti i progetti di Ri-scatti anche questo, che può contare sul sostegno di Tod’s e sulla stampa a titolo gratuito in fine art di tutte le immagini in mostra del laboratorio fotografico Fdp di Monza, ha un risvolto charity: le immagini saranno messe in offerta e il ricavato sarà utilizzato per supportare le attività di associazione Lule Onlus, a sostegno delle vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale.

Nel corso dell’apertura della mostra (16 – 25 ottobre tutti i giorni ingresso libero ore 9,30 – 19-30) saranno presenti operatori di associazione Lule e progetto Traffic Light. Inoltre nel weekend 17 – 18 ottobre sarà anche possibile partecipare all’installazione teatrale Nobody – Viaggio sensoriale attraverso la tratta e lo sfruttamento sensoriale a cura di Compagnia Favola Folle e Lule onlus. Lo spettacolo è pensato per singoli o piccoli gruppi di congiunti. Prenotazione obbligatorio info@favolafolle.com

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