Cultura

Stefano Mancuso: al pianeta servono mille miliardi di alberi in più

Il biologo: "Sembra un’enormità ma pensate che se solo utilizzassimo le terre abbandonate dall’agricoltura dagli anni Novanta ad oggi, potremmo mettere a dimora, in Italia, fino a sei miliardi di alberi". Il costo? "Non ci dovrebbe interessare perché qualunque sia la cifra sarebbe comunque una frazione irrilevante rispetto ai danni che subiremo se non mettiamo a dimora questa quantità"

di Laura Solieri

Il Climate Clock comparso in questi giorni a Manhattan ci dice che il tempo rimasto a disposizione rispetto al cosiddetto punto di non ritorno, è stimato in poco più di sette anni. Si tratta di una provocazione ma neanche tanto: il punto di non ritorno è un po’ più in là ma bisogna agire immediatamente.

Il riscaldamento globale è il problema più grande difronte al quale si è trovata l’umanità nella sua storia e il fatto che non se ne parli a sufficienza non lo rende meno importante. Il problema della pandemia è drammatico ma contingente, ennesima increspatura frutto della nostra aggressione all’ambiente.

Di questo e altro ha parlato il noto scienziato Stefano Mancuso, botanico, accademico e saggista italiano intervenuto a Modena nell’appuntamento “Plant Revolution” all’interno della seconda edizione del festival “Tragitti – itinerari di inclusione sociale”, promosso da associazioni, enti e istituzioni locali.

«Il problema del riscaldamento globale dipende dall’anidride carbonica e si affronta in due maniere: da una parte non se ne deve produrre più ma questo lo sappiamo; dall’altro sappiamo anche che l’anidride carbonica già presente nell’atmosfera può essere sottratta attraverso le piante. Se noi piantassimo un numero sufficiente di alberi, potremmo riportare indietro l’anidride carbonica non a livello preindustriale ma comunque ridurre di due terzi il disavanzo cioè il surplus rispetto al periodo preindustriale» ha affermato lo scienziato.

L'appello “Un albero in più”, lanciato da Mancuso a nome delle Comunità Laudato si', insieme al presidente di Slow Food Carlo Petrini e al vescovo di Rieti Domenico Pompili, per piantare 60 milioni di alberi, uno per ogni italiano, per combattere la crisi climatica, è un gesto importante ma simbolico.

«Sessanta milioni di alberi sono un’inezia – sottolinea Mancuso – Al pianeta, oggi, servono mille miliardi di alberi. Dove li mettiamo? Quanto costano? Il costo non ci dovrebbe interessare perché qualunque sia la cifra sarebbe comunque una frazione irrilevante rispetto ai danni che subiremo se non mettiamo a dimora questa quantità. L’altro tema è: abbiamo abbastanza spazio? La risposta è sì. Se dividessimo questi mille miliardi per gli abitanti del pianeta a noi italiani toccherebbe metterne a dimora due miliardi. Sembra un’enormità ma pensate che se solo utilizzassimo le terre abbandonate dall’agricoltura dagli anni Novanta ad oggi, potremmo mettere a dimora, in Italia, fino a sei miliardi di alberi».

Una soluzione semplice, che non ha controindicazioni e, soprattutto, praticabile.

Ma nessuno fa niente: se monitoriamo la curva dell’aumento dell’anidride carbonica nel mondo l’andamento della curva è sempre uguale, anche se, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, non mancano progetti virtuosi come questo.

Come riporta Mancuso, nel 2070 il 19% delle terre emerse del pianeta (su sui oggi abitano 2 miliardi di persone) non sarà più abitabile per limiti termici; oggi le terre non abitabili perché fa troppo caldo sono lo 0, 8%, essenzialmente il Sahara.

«Non esiste una specie stupida come la nostra che in un tempo così breve è riuscita a distruggere l’ambiente da cui dipende la sua sopravvivenza – non manca di sottolineare il luminare – Noi siamo qui da 300mila anni, un niente se consideriamo che la vita media di una specie su questo pianeta è di 5 milioni di anni».

Sembrerà un’affermazione strana ma nessun essere vivente è in grado di sopravvivere senza risolvere problemi: come emerso dall’incontro, noi animali tutti quanti insieme siamo lo 0,3% della biomassa; i funghi sono l’1,2%, poi ci sono i microrganismi e infine le piante che rappresentano l’85% della biomassa. Questi numeri sono la rappresentazione quantitativa della capacità di risolvere problemi da parte degli esseri viventi, dato che dovrebbe far riflettere la specie umana e la sua presunta superiorità su ogni altro essere. «Non si risolve un problema di questa portata con soluzione piccole e l’idea che ciascuno di noi, con il cambiamento dal basso, lo possa fare non è vero: non c’è tempo sufficiente per aspettare che i cambiamenti individuali, seppur indispensabili, abbiano influenza – conclude Mancuso – Il nostro pianeta si è surriscaldato di un grado e mezzo rispetto al secolo scorso e prima della fine di questo secolo, se non facciamo nulla, la temperatura aumenterà di una cifra che nei modelli più ottimistici sarà di 3,5/4 gradi in più. Pensiamo al nostro corpo, a cosa accade quando da 36,5 gradi passa a 39,5. Ecco, questo esempio è molto vicino a quello che sta accadendo al nostro pianeta: tre gradi di differenza sono un’enormità».

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