Formazione

Una scuola nuova si può fare. Ve lo diciamo noi

Doveva essere un “anno costituente” per la scuola italiana, l’occasione per immaginare una scuola nuova. L’estate ci ha consegnato invece un profluvio di carte e protocolli, in cui la scuola pare annaspare, afona e impaurita. Ma per molte scuole che sono rimaste in attesa di direttive da applicare, altre hanno invece raccolto la sfida di sognare e progettare una scuola diversa. Una scuola nuova c’è già e nel numero di Vita di settembre, in distribuzione da lunedì 7, ve la raccontiamo attraverso la voce dei protagonisti

di Sara De Carli

Doveva essere un “anno costituente” per la scuola italiana, invece al momento la scuola sembra solo stanca, prima ancora di iniziare. Con quel “sempre che inizi…” che si affaccia come un tarlo a chiudere (e a mettere in dubbio) qualsiasi affermazione. La necessità di porsi in modalità di “perenne sperimentazione” per la scuola ha significato per ora essere subissati da un profluvio di carte, di decisioni rinviate o ritrattate, in un circo mediatico che si è concentrato sempre sui dettagli e mai sulla sostanza, in cui tutti si sono arrogati il diritto di promuovere e bocciare ma pochi si sono assunti l’onere di fare proposte. Non a caso il presidente dell’Associazione Nazionale dei Presidi, Antonello Giannelli, alla vigilia di Ferragosto, alla comparsa della parola “deroga” rispetto al distanziamento di 1 metro in classe si è sentito preso in giro e ha parlato di «un’estate di lavoro frenetico, che sembrava tragica e invece era solo comica».

Va bene i “traguardi liquidi”, ma al 20 agosto si doveva avere ben chiaro il come rientrare a scuola, con un piano A per la presenza e un piano B ben strutturato e integrato per la didattica a distanza (non dell’emergenza come è stata nel lockdown e si legga Gino Roncaglia, Cosa succede a settembre? Scuola e didattica a distanza ai tempi di Covid-19 per capire bene la differenza e sgomberare il campo dall’equivoco che la nuova scuola possa essere quella sperimentata nell’emergenza), non il se rientrare, come ha adombrato Walter Ricciardi, consulente del Ministro della Salute, per ritrattare dopo poche ore. Se occorre indossare la mascherina o no possono dircelo anche il giorno prima, non è questo il punto. Il punto è che dopo sei mesi a casa, il rientro a scuola sa di tutto tranne che di quella festa che dovrebbe essere e che pochissimi, vedi per esempio il maestro Paolo Limonta, stanno pretendendo. Guardiamo la scuola, dove stiamo per riportare i nostri figli, e vediamo una comunità impaurita, in ansia, afona: nessuna comunicazione, nessuna convocazione dei genitori (su una piattaforma, non in presenza, per l’amor del cielo), nessuna condivisione. Una scuola «difensiva», la definisce Dario Ianes, invitandola invece a farsi «espansiva»: «avvertivo più ottimismo durante il lockdown», ammette. Quando la scuola (ce lo siamo già dimenticati?) era desiderata e invocata. Quando il “nulla sarà uguale a prima” faceva capolino nella paura e si ammantava di entusiasmo e di voglia di cambiare radicalmente le cose.

E invece. Metro statico, metro dinamico, rime buccali. I compagni di classe come congiunti. Le lezioni da fare negli hotel e nei B&B, con la gara delle redazioni a scovare il setting più “esotico”. Tutto questo ha preso la ribalta, mentre la scuola, quella vera, si destreggia tra le sue Scilla e Cariddi: la tentazione di dimenticare il lockdown, cercando di tornare il più velocemente possibile al passato già noto e l’affidarsi senza se e senza ma agli strumenti tecnologici che in questi mesi tutti hanno usato, con la distanza che come genitori abbiamo visto tra usarli e saperli usare (leggere sempre Roncaglia). Così in un dibattito pubblico appiattito sul contorno, si è affievolito il desiderio di una scuola nuova. Soffocato forse anche dal fatto che al 26 agosto 2020, «gli “atti prescrittivi” e i “protocolli adottati” per la ripresa delle scuole sono 10, per complessive 184 pagine, che a loro volta rimandano ad altri documenti», annota Antonio Fini, dirigente scolastico dell’IC di Sarzana, lanciando la sfida di sintetizzare tutto in poche pagine, perché «possiamo forse pretendere che i genitori leggano paginate di cavilli sulle norme anti Covid?».

Però. Però accanto al racconto della scuola, quello mainstreaming, c’è la scuola. Quella che c’è, che fa, che ci crede. Quella che non si è fermata: non solo durante il lockdown, quando il tempo era sospeso, ma nemmeno dopo, nel tempo dell’attesa. Per tanti che hanno aspettato, immobili, che dall’alto arrivassero indicazioni da applicare, molti altri invece hanno immaginato, pensato, ipotizzato, costruito, sognato. Per gli studenti e le famiglie, resta il dolore di una scuola a diverse velocità, che non raggiunge tutti e ciascuno offrendo le medesime opportunità; per il Paese resta la sfida – improrogabile – di mettere l’innovazione a sistema. Ma una scuola nuova non solo è possibile: c’è già. E noi ve la raccontiamo, attraverso le voci di quelli che la scuola la stanno cambiando, da dentro e da fuori e sette riflessioni sulle parole che saranno al centro della nuova scuola.


Ecco tutti i protagonisti del nosto viaggio fra i changemakers della scuola:

Quelli che la scuola la cambiano da dentro:

VO’ EUGANEO
Alfonso d’Ambrosio, dirigente dell’Istituto comprensivo di Lozzo Atesino

Sono arrivati nuovi banchi, singoli e coloratissimi, pannelli fonoassorbenti per creare aule in più nei grandi corridoi inutilizzati (nessuna classe verrà sdoppiata), tablet, kit di robotica, tre grandi monitor multi-touch e anche un centinaio delle celebri sedie con le ruote e la ribaltina. Tutto già consegnato e montato


Abbiamo lanciato una proposta per la scuola diffusa. Pensiamo che una classe possa operare suddividendosi in piccoli gruppi ciascuno dei quali dislocato in un luogo diverso dentro e fuori l’aula, ad esempio aule laboratorio che siano nel territorio adiacente alla scuola in questione

NAPOLI
Cesare Moreno, presidente di Maestri di Strada


BUSTO ARSIZIO
Amanda Ferrario, dirigente dell’Istituto tecnico economico Tosi

Andiamo a valorizzare le nuove tecnologie, le reti, gli ambienti virtuali. La scuola in presenza non può essere sostituita da una scuola in digitale, ma è giusto dare ai ragazzi anche queste competenze, evidentemente sempre più necessarie. E poi era l’unico modo per tenere unito il gruppo classe


Il nostro modello propone un tempo pieno di 40 ore, niente voti, niente compiti a casa, niente banchi. Si tratta di un’idea di scuola dove viene ripensato lo spazio di apprendimento: i bambini possono imparare grazie all’esperienza fuori dalle mura della scuola e collaborando tra loro

VARESE
Francesca Antonacci, pedagogista e docente all’Università di Milano Bicocca ideatrice insieme a Monica Guerra del modello della primaria statale IV Novembre di Varese


IVREA
Jessica Passerini, atelierista della scuola dell’infanzia Villa Girelli

Quando abbiamo riaperto con il centro estivo ai primi di giugno abbiamo puntato non solo sull’outdoor education, ma anche al protagonismo dei bambini e questa esperienza farà da guida per la riapertura del 14 settembre che ci vedrà sfruttare il parco stando all’aria aperta almeno fino ad ottobre


Abbiamo aperto la scuola dalle 8 a mezzanotte, e l'abbiamo messa a disposizone di tutto il quartiere. L’emergenza Coronavirus ci ha ricordato una volta di più che se questo Paese vuole ripartire lo deve fare dalle scuole che, da parte loro, devono riprendere coscienza di se stesse

MILANO
Angelo Lucio Rossi, dirigente dell’Istituto comprensivo “Alda Merini”


ACIREALE
Alfina Bertè, dirigente dell’Istituto comprensivo Giovanni XXIII

Abbiamo ridotto l’orario delle singole lezioni e “restituito” quel tempo recuperato — che fa sempre parte della didattica ordinaria — nel pomeriggio dove i ragazzi scelgono tra alcuni percorsi e laboratori proposti anche secondo i loro interessi. Non abbiamo più classi ma “isole di apprendimento”


Anziché imporre soluzioni drastiche o farci calare addosso decisioni dall’alto abbiamo suddiviso nuovamente gli spazi, sia interni sia esterni. Questo significa che i bambini non faranno le stesse cose nel medesimo momento e la molteplicità di proposte fornirà agli adulti l’occasione di ascoltare

CITTÅ DI CASTELLO
Massimo Belardinelli, dirigente del Circolo didattico San Filippo


ISOLE EOLIE
Mirella Fanti, dirigente dell’Istituto comprensivo Isole Eolie

Grazie a un progetto di Indire, le sei isole hanno docenti formati sulla Dad, la famigerata Didattica a distanza che la stragrande maggioranza degli studenti italiani ha conosciuto solo in occasione del lockdown. Nell’arcipelago siamo maestri di lezioni online


Abbiamo elaborato il piano di rientro, con tutte le misure “tecniche” necessarie, ma il nostro pensiero è tutto su questo punto: come mantenere viva una metodologia che abbia sempre e comunque lo studente al centro. Per questo abbiamo abbiamo acquistato dei kit per creare delle aule esterne per fare didattica in presenza anche fuori dalle aule

MILANO
Milena Piscozzo, dirigente dell’Istituto comprensivo Riccardo Massa



Quelli che la scuola la cambiano da fuori:

NAPOLI
Rachele Furfaro, dirigente del network di scuole “Dalla Parte dei Bambini”

È possibile fare scuola ovunque e in qualunque momento: per strada, nei boschi, nei parchi, dall’alba al tramonto, in tempi e in luoghi diversi da quelli a cui la scuola tradizionale ci ha abituati. L’aula deve essere solo il luogo dove ricondurre le esperienze che si fanno fuori


Noi siamo tra quelli che pensano che per insegnare la geometria a Caterina non basta conoscere la geometria, prima bisogna conoscere Caterina. Per questo abbiamo spostato durante l’orario di lezione gli alunni dalla classica aula al Makers Hub, startup del Politecnico di Milano, una educational room che copre diverse aree di lavoro

MILANO
Francesca Aloi, educatrice Exodus della Scuola Ventura all’Istituto Graf-Trilussa


SERRAVALLE D’ASTI
Giampiero Monaca, maestro di scuola elementare

Una scuola senza compiti, e senza zaino. I libri sono in un grande armadio e lo stesso argomento si confronta su più testi. Senza cattedra perché ci si mette in cerchio, si lavora in gruppo. E per chi desidera anche senza scarpe. Poi usciamo nel bosco a osservare la natura o semplicemente a leggere


Col Coronavirus ho sentito molti dire “fate come loro”. Ma per immaginare e gestire una scuola all’aperto occorrono pensiero e formazione. Noi non proponiamo un format buono per tutti, ma una filosofia da modellare caso per caso

BOLOGNA
Filomena Massaro, dirigente dell’Istituto comprensivo 12


FROSINONE
Chiara Amirante, fondatrice della Comunità Nuovi Orizzonti

L’idea alla base della proposta è che i giovani sono responsabilità di tutta la comunità educante lo scopo è dare vita a workshop sulle nuove tecnologie della comunicazione, e in particolare a un vero e proprio studio televisivo per poi mettere in onda un format televisivo creato dai ragazzi per i giovani


Non solo i ragazzi sono riusciti a mantenere i contatti con i propri compagni, avendo una grande dimestichezza nel maneggiare gli strumenti digitali, ma hanno anche gestito degli sportelli di ascolto informali capendo immediatamente le criticità e le difficoltà che i più giovani vivevano

MODENA & FERRARA
Carlo Stagnoli, coordinatore del tavolo provinciale Peer education del Csv Terre Estensi


MARE TIRRENO
Gabriele Gaudenzi, skipper e fondatore de I Tetragonauti onlus

Oramai è settembre, si torna a scuola. Ma per tornare, bisogna prepararsi e così siamo andati per mare, in un progetto che non è stato solo relax e divertimento, ma è stato responsabilità e formazione. Un percorso che ha condotto e conduce molti ragazzi in un cammino di cambiamento.


Ridisegnate le piantine di aule e laboratori, si è blindato il layout, con isole di tre banchi singoli 65×65 messi a T, la cui posizione è segnata da bollini sul pavimento. Alcune pareti sono state spostate ma anche così si è capito che 5 classi ogni giorno devono restare fuori dall’Opera. Da qui la pianificazione ferrea di stage e Dad classe per classe

SESTO SAN GIOVANNI
Francesco Cristinelli, direttore del centro di formazione professionale CNOS-Fap Enrico Falck


TRENTO
Erik Gadotti, dirigente dell’Istituto Pavoniano Artigianelli

Le professionalità per fare certe attività, come alcuni tipi di animazione, non sono sul mercato. Così lavorando in mezzo ai nostri ragazzi le imprese diventano luoghi formativi e crescono le risorse di cui hanno bisogno. Così sono nati i Mini Cuccioli, il cartoon che produciamo insieme a Gruppo Alcuni


L’ispirazione arriva dall’esperienza britannica, che permette alle scuole di trasferirsi per una settimana dentro un museo: non per visitare le collezioni o per fare laboratori, ma per viverne attivamente e in prima persona i processi di ricerca, di classificazione, di trasformazione di un documento in una fonte

LIMITE SULL’ARNO
Marzio Cresci, direttore del museo Remiero — Centro di documentazione Mario Pucci


L'indice del numero che sarà in distribuzione da lunedì 7 settembre

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