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Superare i bandi. Ma poi?

In un'ottica di co-progettazione e co-valutazione la scelta dei criteri di accreditamento e dei sistemi di valutazione dei risultati non dovrebbe avvenire con una modalità top-down, in capo al donatore, pubblico o privato che sia. Il rischio è quello di ricadere in richieste irrealistiche o autoreferenziali; la sfida, al contrario, è generare un rapporto di reale partnership. Per questa prima fase “costituente” si potrebbero coinvolgere, oltre ai donatori, soggetti di secondo o terzo livello in rappresentanza degli ETS

di Federico Mento e Christian Elevati

La mia banda suona il rock
E tutto il resto all'occorrenza
Sappiamo bene che da noi
Fare tutto è un'esigenza…

Nell’ultimo periodo su queste colonne si sono avvicendati diversi punti di vista sul tema del superamento dei bandi (il segretario generale di Assifero Carola Carazzone, il presidente di Fondazione Con il Sud Carlo Borgomeo e il direttore generale di Fondazione CRC Andrea Silvestri, solo per citare gli ultimi contributi). La recente pandemia, costringendo l’intero sistema a reagire in modo rapido e fuori dai soliti schemi, ha contribuito ad accelerare l’urgenza di individuare nuove soluzioni alle distorsioni connesse con l’approccio per progetti. È risultato, così, ancora più evidente che certi processi, meccanismi e strumenti fossero del tutto inadeguati sia a risposte in situazioni di emergenza – e questo ce lo si poteva aspettare – sia a produrre risposte che guardassero a un impatto duraturo nel medio-lungo periodo. In particolare, il dibattito in corso, alimentato dalla pubblicazione "Accogliere la Complessità" a cura di Ashoka e Assifero, sta mostrando un crescente consenso sulla necessità di individuare nuovi meccanismi alla base delle relazioni fra donatori ed ETS, che riescano a:

  1. Sostenere la missione delle organizzazioni;
  2. Uscire dai limiti di risorse (temporali, economiche) del format “progetto”;
  3. Incidere sulle cause multilivello dei problemi affrontati, ragionando sul lungo periodo;
  4. Produrre un significativo cambiamento sistemico;
  5. Garantire la possibilità di un adattamento continuo della strategia di intervento in base ai risultati verificati in itinere.

Quest’ultimo aspetto è particolarmente rilevante se si pensa che non vi può essere né filantropia strategica né innovazione sociale senza processi che intenzionalmente perseguano il miglioramento continuo, grazie a un costante confronto partecipato con gli attori in campo e con i risultati raggiunti.

In Italia, vi sono alcune esperienze che già si sono incamminate in quella direzione. Per ricordarne alcune:

●l’impresa sociale “Con i bambini”, che integra i bandi a progetto con una forte attenzione alle componenti di monitoraggio e valutazione dell’impatto, anche mettendo a sistema i progetti che presentano potenzialità di integrazione negli stessi territori, creando alleanze di donatori su tematiche comuni;

Fondazione Cariplo che, in particolare con i bandi Welfare in Azione e Capacity Building, sta rispettivamente testando processi di co-progettazione e di rimodulazione annuale degli interventi, da un lato, e di sostegno alla rafforzamento organizzativo degli ETS, dall’altro;

●L’iniziativa innovazione per lo Sviluppo, che vede una partnership di Compagnia di San Paolo e Fondazione Cariplo per il sostegno alla trasformazione digitale degli ETS in una cornice di open innovation;

●L’edizione 2020 del bando della OTB Foundation (“non si parla più di progetti, ma di organizzazioni, di beneficiari e di attività messe in opera per massimizzare l’efficacia degli interventi delle organizzazioni non profit”).

Nel perorare il superamento dei bandi non si propone la soppressione di procedure che garantiscano trasparenza e consistenza nella selezione delle organizzazioni, bensì una nuova strumentazione che sia maggiormente in sintonia con il paradigma della co-progettazione, verso cui ci stiamo, pur con qualche salto di percorso, avvicinando. Pensiamo, in tal senso, alla recente sentenza n.131 della Corte Costituzionale su Terzo settore e co-programmazione e co-progettazione, che sancisce la possibilità di un rapporto sostanziale di partenariato fra il Pubblico e gli ETS.

Al fine di garantire trasparenza nella selezione delle organizzazioni, i donatori potrebbero utilizzare un modello di accreditamento, che vada ad analizzare la governance delle organizzazioni (trasparenza e democraticità), le capacità organizzative e gestionali e le competenze specifiche sul bisogno sociale che il donatore intende affrontare.

Un simile impostazione potrebbe determinare una serie di benefici:

●Un maggior livello di allineamento tra la missione delle organizzazioni e gli obiettivi d’impatto del donatore;

●un minor onere gestionale legato ai bandi, di contro, un maggior focus sui risultati;

●ridotti oneri per progettazione in campo agli ETS e per la selezione delle proposte progettuali per i donatori.

Spesso il bando, viene vissuto come un’opportunità di funding, a prescindere dall’esperienza specifica e dalle competenze che l’organizzazione possiede. Gli ETS, alla luce del funding mix molto rigido, sono costrette a deviazioni dalla missione originaria per procacciarsi nuove risorse; tornando alla canzone di Fossati, da cui prende spunto questo contributo: “fare tutto è un’esigenza”. Quante volte ci siamo sentiti dire, in occasione di consulenze o di formazione, frasi come questa: “Ci occupiamo di cooperazione internazionale, ma non ci sono più le risorse di un tempo; abbiamo deciso quindi di dedicarci alla violenza sulle donne in Italia”!

Il processo di accreditamento, accanto alla raccolta di documentazione relativa all’organizzazione (es. Bilanci, strategia, report di missione, bilanci sociali, report di valutazione, certificazioni ecc.), dovrebbe prevedere un’attività di audit, che possa contribuire a:

●migliorare il rapporto di fiducia tra donatore ed organizzazione;

●fare crescere l’organizzazione in termini organizzativi, finanziari e gestionali;

●garantire trasparenza nella gestione del grant.

Qualora tale modello potesse essere abbracciato da più donatori, si potrebbe immaginare la creazione di unità di audit multi-donatore che condivida i medesimi criteri valutativi, determinando, quindi, un alto grado di efficienza rispetto alla gestione “solitaria” dei bandi, spesso con centinaia di proposte da esaminare e valutare.

La scelta dei criteri di accreditamento e dei sistemi di valutazione dei risultati non dovrebbe avvenire con una modalità top-down, in capo al donatore, pubblico o privato che sia. Il rischio è quello di ricadere in richieste irrealistiche o autoreferenziali; la sfida, al contrario, è generare un rapporto di reale partnership. Per questa prima fase “costituente” si potrebbero coinvolgere, oltre ai donatori, soggetti di secondo o terzo livello in rappresentanza degli ETS.

A partire da una “Teoria del Cambiamento” condivisa e co-creata (strategia di cambiamento sistemico), ai soggetti accreditati si dovrebbero assegnare grant multiannuali, con almeno 36 mesi di tempo per verificare strategia e primi risultati e con la necessaria flessibilità per concordare e attivare cambiamenti in itinere tutte le volte che si presentino opportunità, criticità o feedback particolarmente rilevanti dai soggetti in campo. In altre parole: dialogo continuo tra le parti e verifiche periodiche circa l’impatto. Questo può comportare anche l’exit anticipata in caso di disallineamento tra implementazione ed obiettivi, seguita da learning e sharing delle lezioni apprese, importanti tanto quanto l’implementazione e fondamentali per una riprogrammazione degli interventi. Per non parlare dei potenziali impatti rispetto alla traduzione delle pratiche (testate e valutate) in vere e proprie politiche.

Al medesimo tempo, è importante affrontare il tema delle organizzazioni di prossimità, che sono dei contenitori insostituibili delle spinte solidaristiche delle comunità, meccanismi di partecipazione, talvolta in grado di dar vita a preziose esperienze di innovazione sociale. Per questo tipo di organizzazioni, spesso prive di una struttura organizzativa solida, si potrebbero mantenere gli approcci erogativi da bando, finanziando contestualmente il capacity building ed iniziative per la messa in rete territoriale e per competenze.

Si tratta evidentemente di temi complessi, sui quali però esistono già importanti sperimentazioni e riflessioni. A partire da questo articolo, come Ashoka Italia e Mapping Change vogliamo aprire un dialogo con tutti i soggetti dell’ecosistema del Terzo Settore. Se siete interessati ad assistere o volete portare un contributo alla discussione, potete segnalare il vostro interesse qui.

E la mia banda suona il rock
Per chi l'ha visto e per chi non c'era
E per chi quel giorno lì
Inseguiva una sua chimera…


*Mapping Change, **Ashoka Italia

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