Famiglia
La famiglia a carico della donna prima e dopo la pandemia
L'indagine Ipsos per WeWorld: il 60% delle donne italiane ha dovuto gestire da sola il carico famigliare e continuerà a farlo alla ripresa. Una donna su due ha rinunciato ai progetti futuri a causa del Covid
di Redazione
Sono le donne, ancora una volta, ad aver subito e continuare a subire maggiormente le conseguenze della pandemia, a livello di carico famigliare e mentale. Il 60% delle donne italiane ha dovuto gestire da sola famiglia, figli e persone anziane, spesso insieme al lavoro: un carico pesante, che ha portato 1 donna su 2 in Italia a dover abbandonare piani e progetti a causa del Covid. Lo rileva Donna e cura in tempo di Covid-19, un’indagine di Ipsos per WeWorld, organizzazione italiana che da 50 anni difende i diritti di donne e bambini in 29 Paesi del Mondo, che si inserisce nella campagna #Togetherwebalance lanciata da WeWorld per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà che le famiglie e i più fragili stanno attraversando durante questa emergenza.
L’attuale emergenza Covid ha infatti messo a dura prova molte famiglie, le cui figure più esposte sono state le donne, chiamate a riorganizzare i ritmi della quotidianità dividendosi tra lavoro, cura della casa, gestione delle attività scolastiche e dei momenti di gioco dei figli e spesso assistenza ai familiari più anziani. Da Nord e Sud, le donne sono state quelle che più di tutte da sole hanno gestito il carico familiare (intorno al 60%, contro il 21% degli uomini). Tra queste donne, le più in sofferenza sono quelle tra i 31 e 50 anni: in questa categoria il 71% dichiara di fare tutto da sola. Se prendiamo in considerazione solo la cura dei bambini, l’85% delle donne tra i 18 e i 30 anni, si prende cura dei propri figli senza alcun aiuto. Al Sud, solo il 7 % di donne fa gestire ad altri figli, anziani o disabili.
Gli uomini, secondo l’indagine, sono convinti di dare un supporto maggiore di quello percepito dalle partner: il 47% degli uomini dichiara di essersi preso cura dei figli insieme alla compagna contro solo il 22% delle donne che percepisce di aver collaborato con il proprio partner.
Tra i vari tipi di assistenza, quello che pesa di più soprattutto per le donne tra i 31 e i 50 anni è l’assistenza ai figli per compiti e didattica online, enfatizzato dal fatto che tutte le mansioni quotidiane si sono dovute svolgere in contemporanea. Le donne sono penalizzate anche in fase di ripresa, finché nidi, asili e scuole resteranno chiusi. Secondo l’indagine, una volta ripartita nuovamente la macchina produttiva, dovranno prendersi cura dei figli esclusivamente da sole il 63% delle donne italiane, contro il 12% degli uomini.
Significativo che nonostante il bonus, solo l’1% delle mamme e dei papà dichiarano che si avvarranno del supporto di babysitter.
«Questi dati mostrano come le misure messe in campo dalle Istituzioni siano inadeguate o insufficienti a rispondere ai bisogni delle donne in particolare e delle famiglie in generale per garantire i loro diritti. Le donne dichiarano un senso di oppressione, di difficoltà nel gestire un carico mentale e fisico enorme, nella maggior parte dei casi senza poterlo condividere con nessuno. Questi dati sono confermati dalle richieste di aiuto gestite dalla nostra helpline dedicata alle donne in difficoltà, che abbiamo attivato durante l’emergenza” – commenta Marco Chiesara, Presidente di WeWorld – “Il Coronavirus ha agito come amplificatore di una situazione già presente, e purtroppo spesso ignorata: il senso di oppressione e il carico familiare e di cura delle donne hanno infatti radici profonde nel nostro contesto culturale».
Rinunce e nuove povertà – Il Covid-19 ha aggravato situazioni di povertà e rinunce, ancora una volta a carico delle donne: 1 donna su 2 del campione ha rinunciato ad almeno un progetto a causa del Covid contro 2 uomini su 5. Soprattutto nella fascia 31-50 anni le rinunce sono più pesanti. Tra le donne che avevano progetti, il 31% annulla o posticipa la ricerca di lavoro e il 24% annulla o posticipa le attività programmate per i figli, nella fascia 31-50 anni arriviamo addirittura rispettivamente al 40% e al 38%.
Inoltre, emerge che circa 3 milioni di italiani hanno usufruito di aiuti diretti (consegna pasti, consegna di beni alimentari a domicilio, ecc) per far fronte alle conseguenze economiche della pandemia.
In Italia WeWorld lavora, principalmente nelle periferie, con programmi nazionali di contrasto alla povertà educativa e di promozione dell’empowerment femminile e contro ogni forma di violenza sulle donne. Allo scoppio dell’emergenza si è attivata immediatamente per non lasciare solo nessuno, garantendo e intensificando le proprie attività, seppur a distanza: sostegno psicologico e genitoriale per le famiglie, supporto nella didattica a distanza, percorsi di supporto dedicati alle donne in difficoltà o a rischio di violenza domestica.
«Ora che la fase due è iniziata è tempo di costruire basi solide per la ripartenza. Una campagna come #togethwerwebalance, nata con un challenge diventato virale sui social, ci permette di far vedere che il problema delle famiglie e delle donne è reale e sta a cuore a tante persone», conclude Chiesara.
Alle istituzioni WeWorld chiede che mettano la scuola e i diritti delle famiglie al centro e che: considerino bambini e bambine non sono solo studenti, figli o fonti di trasmissione del coronavirus, ma come individui con diritti ed esigenze propri; ricordino che servizi per l’infanzia non sono parcheggi cui lasciare bambini e bambine; coinvolgano nella ripresa il Terzo Settore: radicato nei territori e con grande esperienza; stanzino fondi per i campus estivi che vadano a colmare le disuguaglianze di offerta dei territori; garantiscano per settembre lezioni il più possibile in presenza; se didattica a distanza dovrà ancora esserci, non solo digitalizzino la scuola, ci vogliono corsi di educazione digitale per ragazzi e famiglie; mettano in campo azioni per la fascia 0-5 anni che non ha didattica a distanza, ma soprattutto che non lascino tutto sulle spalle delle donne.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.