Politica
Assistenti civici? Il Governo cambi strada, più Servizio civile e una App per i volontari
La proposta, per fortuna cassata, di Boccia e Decaro favoriva una sorta di statalizzazione soft del volontariato. Se si vogliono aiutare i Comuni, esigenza giustissima, si incrementi in modo significativo – 150 milioni – il Fondo per il Servizio civile. Ovvero si raddoppi il numero dei giovani che nel prossimo autunno potranno accedere al Servizio civile universale. E si segua l'esempio inglese della App per i volontari
di Luigi Bobba
Delle tante critiche che sono piovute addosso alla proposta del ministro Boccia di ingaggiare 60.000 “assistenti civici” per supportare i Comuni nell’attuazione delle misure di contenimento e prevenzione dell’epidemia da Covid-19, e che hanno costretto ad una più che opportuna ritirata, una è del tutto assente. Ed è proprio su questa che chiedo di concentrare l'attenzione se non vogliamo che la prossima bozza sia magari più avveduta ma altrettanto sbagliata.
L’opposizione, in modo po’ sguaiato e retorico, ha parlato di guardie della rivoluzione Pd-M5S, di ronde del Covid, di deriva autoritaria e via elencando. Ma la deriva più insidiosa è invece un’altra. Già proprio su Vita.it, Giuseppe De Rita aveva denunciato la progressiva statalizzazione del flusso della beneficienza privata. Ora ci stiamo avvicinando silenziosamente ad una sorta di statalizzazione soft del volontariato. Ovvero, attraverso un linguaggio che richiama parole tipiche del Terzo settore – civismo, volontari, utilità sociale – si emette un’ordinanza per ingaggiare cittadini volontari per compiti non ben definiti legati all’emergenza, saltando completamente le reti associative e del volontariato. La cosa è peraltro singolare in quanto, solo poche settimane fa, la distribuzione di 400 milioni di aiuti alimentari attribuiti ai Comuni sempre dalla Protezione civile, era avvenuta con un coinvolgimento formale e sostanziale delle reti del Terzo settore e lo stesso presidente dell’Anci, Antonio Decaro aveva avuto parole di apprezzamento per tale collaborazione. Perché allora questo cambio di marcia? Ci si attende una risposta imponente al bando così come avvenuto per i medici e gli infermieri nei giorni più drammatici dell’epidemia?
Non sono in grado di fare previsioni, ma forse andrebbe ricordato quanto accadde – nel 2017- a seguito della norma, proposta dal Ministro del lavoro Poletti, con la quale si intendeva impegnare su base volontaria le persone in Cassa integrazione in attività di utilità sociale. L’idea era buona e l’intenzione lodevole: chi si trovava in Cassa integrazione avrebbe potuto dedicare un tempo di lavoro volontario in un progetto redatto da Enti del terzo settore e approvato da un ente locale, mentre lo Stato si faceva carico del costo dell’assicurazione Inail. Ebbene, la risposta fu del tutto deludente: poche decine di progetti per l’impiego di non molte centinaia di persone. Può darsi che ora, in tempo di emergenza, possa accadere il contrario, ma dubitarne è lecito. E poi c’è una domanda ancor più radicale. Perché deve essere lo Stato a fare un bando per un impegno di carattere volontario? L’art.118 della Costituzione, che ha ispirato la riforma del Terzo settore, – recita che lo stato e le sue diverse articolazioni “favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, nello svolgimento di attività di interesse generale, secondo il principio di sussidiarietà.” Ci si domanda: in questo bando della Protezione civile dov’è la sussidiarietà? Dov’è l’autonoma iniziativa dei cittadini? E quali sono le attività di interesse generale (oggi individuate dal Codice del Terzo settore) che questi assistenti civici dovranno svolgere? E ancora: come riusciranno i Comuni a programmare, formare, gestire e coordinare queste 60.000 persone se debbono farlo sostanzialmente a risorse invariate? Potrei continuare in una disamina critica di questa ordinanza già abortita; ma siccome è sempre più facile criticare che fare, provo ad avanzare due proposte alternative che hanno però uno scopo analogo: ovvero, come sostenere i Comuni nell’affrontare le numerose emergenze sociali, educative ed alimentari conseguenti alla crisi da Corona virus, senza correre il rischio che funzioni di controllo e di ordine pubblico vengano surrettiziamente delegate a persone che non hanno ne’ la preparazione, ne’ i poteri per poterle esercitare.
La prima proposta è la più semplice: incrementare in modo significativo – 150 milioni – il Fondo per il Servizio civile. Ovvero raddoppiare il numero dei giovani che nel prossimo autunno potranno accedere al Servizio civile universale. Ho formulato questa proposta all’inizio di marzo, basandomi sul fatto che, nel 2018 e 2019, circa 80/90.000 giovani che avevano partecipato ai bandi, avevano visto la loro domanda respinta per carenza di posti a disposizione. Ora il Governo nel Dl Rilancio ha incrementato la dotazione di 20 milioni, una cifra del tutto insufficiente per conseguire il risultato atteso. E i Comuni dovrebbero essere in prima fila a chiedere più risorse, visto che circa un terzo dei ragazzi svolgono il loro servizio proprio negli enti locali territoriali. Aggiungo che, oltre all’aumento delle risorse, si utilizzi il veicolo normativo del futuro decreto semplificazioni per una drastica riduzione dei tempi per approvare i progetti degli enti per poi bandire i posti per i ragazzi. Una procedura celere che ci consenta entro settembre /ottobre di avere i ragazzi in servizio.
La seconda: se e’ condivisibile l’obiettivo di promuovere e mobilitare anche il volontariato individuale, lo Stato crei le condizioni e disponga delle risorse perchè le grandi reti associative e i Centri di servizio del volontariato mettano in campo un progetto straordinario per raggiungere e non lasciare a casa tanti cittadini disponibili a rendersi utili in una situazione così pesante. A questo proposito varrebbe la pena esaminare l’iniziativa – intrapresa dal tanto criticato e criticabile governo inglese – di creare un ‘ apposita “App volontari”, affidandone la promozione e la gestione ad una antica organizzazione di volontariato, la Royal Voluntary Service. Attraverso questo App, si procederà a ingaggiare, selezionare e formare i volontari per compiti non professionali tipici di questa fase: distribuzione di beni alimentari, servizio nelle mense dei poveri, assistenza anche telefonica per gli anziani soli, supporto alle persone disabili, sostegno alle famiglie più disagiate. Ebbene mi domando: perché il Governo non ha creato una App simile affidandone contestualmente la gestione alle grandi reti associative e ai Centri di servizio del volontariato? Perché anziché sostituirsi alle reti associative, non ha favorito un loro rafforzamento per riuscire a raggiungere e mobilitare anche quel 1,5 milioni di volontari individuali censiti dall’Istat? Il verbo “favorire”, contenuto nell’art.118 della Costituzione, parla chiaro: significa che il compito delle istituzioni è quello di accompagnare la crescita di un ecosistema orientato allo sviluppo dell’azione volontaria e dell’impegno civico. Il Governo è ancora in tempo a cambiare rotta e a cogliere questa occasione come un tempo favorevole per lo sviluppo della disponibilità all’impegno volontario, per il consolidamento delle reti comunitarie e per promuovere una efficace integrazione tra Terzo settore e municipi.
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