Volontariato
La mia tutor? Si collega da Helsinki
Sei studenti della scuola secondaria di primo grado di Vo', Cinto e Lozzo Atesino studiano con l'aiuto di uno studente universitario, che fa da tutor a distanza. È una iniziativa pilota dell’Università Bocconi e di Harvard, nell'emergenza Coronavirus, che "porta" 500 tutor in 80 scuole d'Italia. «Il progetto di ricerca ci dirà l'efficacia, ma le relazioni che sono nate fra i ragazzi sono già un traguardo. Perché la scuola così arriva davvero da tutti, anche a distanza», dice il dirigente Alfonso D'Ambrosio
Stefano frequenta la terza media. Da qualche settimana i compiti di inglese e matematica li fa con l’aiuto di Martina, che si collega con lui via Teams, la stessa piattaforma su cui lui segue la didattica a distanza di scuola. Martina infatti vive in provincia di Monza e Brianza ed è una studentessa del master in marketing e comunicazione dell’Università Bocconi. Martina – come altri 500 studenti universitari di tutta Italia – ha aderito a TOP-Tutoring online Project, un’iniziativa pilota messa a punto da un team di docenti dell’Università Bocconi e di Harvard per supportare le scuole nella didattica a distanza durante l’emergenza Coronavirus. In sostanza, gli studenti universitari diventano volontari per fornire supporto a studenti e studentesse delle scuole secondare di I grado tramite tutoring gratuito online e danno loro una mano con i compiti richiesti dagli insegnanti. Sono un'ottantina le scuole coinvolte.
All’Istituto Comprensivo di Lozzo Atesino, ormai celebre per avere tra i suoi plessi anche quello di Vo’ Euganeo, ci sono 6 ragazzi e 6 tutor a distanza. «Ho aderito a questa proposta perché penso che Stefano avrebbe tratto giovamento dall’avere qualcuno che lo seguisse: lui ha un disturbo specifico dell’apprendimento, a scuola aveva il supporto degli insegnanti, con la didattica a distanza questo è più difficile», afferma mamma Elena. «Martina è brava, ha pazienza a spiegarmi le cose», sottolinea lui. «Ho sempre fatto ripetizioni, ma a distanza è difficile: banalmente io non ho il libro di testo di Stefano. Lui è disponibilissimo, è motivato. Una cosa bella è anche il rapporto con i suoi docenti: ci sentiamo per capire bene gli argomenti di una verifica o per dirmi se c’è qualcosa di specifico su cui lavorare», racconta Martina. «Vedo più di sicurezza in Stefano», conclude mamma Elena.
È questo il messaggio, in questo momento: TOP infatti è un progetto di ricerca, la valutazione degli apprendimenti o della sua efficacia sarà valutata dai ricercatori e dagli esperti, non è questo di cui si sta parlando qui oggi. Qui si vuole semplicemente raccontare di come anche a distanza e con i mezzi digitali siano nate, in questo difficile periodo, relazioni positive. Relazioni che stanno sostenendo i ragazzi, che li accompagnano in questo periodo di spaesamento, di chiusura, di chiamata urgente alla responsabilizzazione e all’autonomia, talvolta anche di solitudine perché noi genitori non ce la facciamo a stare dietro a tutto. Relazioni, perché la scuola è anche e forse prima di tutti questo.
Federica è un’altra tutor di TOP. Lei con Nicola si collega niente meno che da Helsinki, in Finlandia, dove è in Erasmus (in foto). Sta preparando la tesi, è di Bologna ma studia Biotecnologie Farmaceutiche alla Statale di Milano. «Mi collego via Skype con Nicola tre volte alla settimana, avevo dato disponibilità per tre ore ma mi sono accorta che ne faccio sempre volentieri qualcuna in più», racconta. Perché l’ha fatto? «Mi è sembrato un bel modo per rendermi utile. Io non sono un’insegnante, non ho nessun attestato pedagogico o didattico, con lui ho puntato molto sul dire che le medie le ho fatte anche io e non un secolo fa. E che studiando ancora, anche io so quali difficoltà si possono incontrare nello studio. Soprattutto gli ho detto di sentirsi libero di dirmi che non ha capito e di farmi qualsiasi domanda, sempre, perché non esistono domande stupide. Abbiamo scelto insieme di concentrarci su matematica e geografia. Si sta creando un bel rapporto, all’inizio lui era più timido, adesso mi chiede di me, di Helsinki, iniziamo sempre con una chiacchierata». La mamma di Nicola si chiama Marica, fa l’infermiera, ha tre figli: «Mi è sembrata subito una bellissima idea. Nicola aveva grosse lacune in matematica e non amando leggere anche lo studio era difficoltoso. Adesso lo vedo molto più motivato allo studio, più impegnato».
Dal punto di vista della scuola, il «valore aggiunto è la possibilità di un rapporto uno a uno con gli studenti che, per motivi più diversi, ne hanno bisogno. Noi docenti, con tutta la buona volontà, facciamo molta fatica ad arrivare a ciascuno in questo momento di emergenza, non sempre ci riusciamo e la didattica a distanza da questo punto di vista comporta delle difficoltà. Un supporto esterno può essere d’aiuto», dice la professoressa Valeria Greggio, che insegna inglese a Vo’ e a Cinto. La scuola infatti i tutor universitari li avrebbe desiderati per una trentina di ragazzini. «A volte basta relativamente poco per aiutare i ragazzi ad avere più consapevolezza, più fiducia in se stessi, più autostima: tutte cose che si riescono a fare quasi solo nel rapporto uno a uno».
Innovazione e inclusione sono le parole che usa il dirigente di Lozzo Atesino, Alfonso D’Ambrosio. «TOP è un progetto di ricerca, aspettiamo i dati, non vogliamo influenzare nulla. Ci fa piacere però raccontare ancora una volta storie di innovazione e sperimentazione, evidenziare come la gran parte dei tutor siano andati oltre le ore previste e siano entrati con i ragazzi in una relazione empatica. Questa esperienza – conclude – ci aiuta a immaginare che il tutoring in collaborazione con le università ma anche con tanti altri soggetti del territorio è qualcosa di fattibile anche a distanza. È un tassello possibile per costruire una scuola inclusiva, i cui bisogni riguarderanno sempre di più il non lasciare nessuno indietro».
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