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Niente deve tornare “come prima”. Perché il modello di prima non ha esitato ad abbandonare i disabili
Il presidente nazionale di Anffas scrive una lettera aperta in vista della Fase 2. Come ripartire? Quali lezioni dobbiamo necessariamente apprendere da questa terribile esperienza? «Mettere realmente al centro le persone non può che diventare il nuovo imperativo»
di Redazione
Anche se l’emergenza non è ancora passata, si è iniziato a parlare di una “fase 2” legata alla ripresa del Paese e delle sue attività. Mai come adesso è necessario prestare massima attenzione affinché le persone con disabilità, le loro famiglie e quanti lavorano con e per loro non siano nuovamente lasciate indietro, così come è accaduto – purtroppo – in questa gravissima pandemia.
«È sotto gli occhi di tutti lo stato di abbandono in cui sono state lasciate le fasce di popolazione più fragili», scrive Roberto Speziale, presidente nazionale di Anffas in una lettera aperta. «Questo non deve ripetersi ma anzi, è proprio da loro, da chi ha più sofferto e più sentito gli effetti catastrofici di questa emergenza, che è necessario ripartire per avere un cambiamento reale e radicato nella nostra società».
«Il virus che ha colpito il mondo intero, costringendoci a rivedere pesantemente tutte le nostre abitudini di vita, sta lasciando in noi, persone con disabilità, famiglie, operatori del settore… pesanti ferite. Ci siamo scontrati con l’indifferenza delle Istituzioni, con la necessità di provvedere, praticamente da soli, a mettere il più possibile al sicuro le persone con disabilità ed i servizi che frequentano ed in cui in molti casi vivono, a supportare la famiglie, nella maggior parte dei casi lasciate completamente sole. A dover ricordare – letteralmente parlando – alle Istituzioni la nostra esistenza. Ci siamo trovati, nostro malgrado, a doverci stringere attorno alle nostre famiglie in lutto per la perdita dei propri figli. Abbiamo assistito ad atti di vero e proprio “eroismo” da parte di operatori, di famiglie…», continua Speziale.
Tra qualche giorno o qualche settimana «saremo chiamati a tornare a svolgere le nostre attività fuori casa, a riaprire i servizi per le persone con disabilità, a trovare delle nuove modalità di “convivenza” con questa mutata situazione. Ed è importante, quindi, provare ad interrogarsi su che cosa cambierà, domani. Da che cosa ripartiremo? Cosa avremo imparato da tutta questa situazione? Quali “lezioni” potremo portare con noi, per rendere migliori le nostre vite e soprattutto per evitare che molte delle cose che ci sono successe si ripetano? A cosa possiamo ancorarci per assicurarci che le nostre vite, domani, siano migliori? Per quanto riguarda il futuro dei servizi non vi è alcun dubbio che questa emergenza stia facendo risaltare tutte le carenze, i ritardi, gli errori del precedente sistema. Per questo sarebbe clamoroso non fare tesoro di questa, pur terribile, esperienza per ri-pensare il tutto o costruire un “nuovo sistema di welfare”. Mettere realmente al centro le persone non può che diventare il nuovo imperativo». Speziale elenca diverse priorità, riassumibili nel «dare concreta attuazione a quanto previsto dal Secondo Programma Biennale di Azione del Governo». Ma bisogna farlo – precisa – «come grande progetto di cambiamento culturale di approccio alla disabilità ed alla non autosufficienza adeguandoci ai paradigmi della Convenzione ONU ed agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile del pianeta e non come ennesimo atto formale o semplicemente estetico. Tutto questo noi lo sapevamo già. Al tempo stesso abbiamo avuto modo di sperimentare proprio in queste settimane quanto ancora sia fragile questo paradigma e quali effetti, nefasti, possa produrre. Abbiamo avuto modo di sperimentare sulla nostra pelle come serpeggi ancora, anche nei livelli istituzionali, un modello pronto a mettere rapidamente da parte dignità, diritti, perfino salute e sicurezza delle persone con disabilità, come se vi fosse alla base la convinzione che le loro vite, nel caso in cui occorre dare delle priorità, abbiano meno valore o siano più facilmente sacrificabili. E non siamo più disposti a permettere che accada. A nessuno. Mai più».
Il testo completo della lettera aperta di Roberto Speziale può essere letto qui.
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