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Decreto Liquidità: cosa devono sapere gli enti del Terzo settore
I temi di interesse per il non profit seguonotre filoni: sospensione dei versamenti fiscali e previdenziali, agevolazioni fiscali per le cessioni gratuite di farmaci e misure di sostegno per i lavoratori. Mancano, invece, specifiche disposizioni finanziarie per agevolare gli enti nell’accesso al credito e alla liquidità. L'analisi di Gabriele Sepio, avvocato esperto di Terzo settore
Le esigenze degli enti non profit alle prese con l’emergenza sanitaria e sollevate proprio da VITA piu volte nel corso delle ultime settimane trovano, in parte, qualche risposta con il decreto legge “liquidità” (23/2020, in allegato). Proviamo a capire quali misure del decreto si applicano agli enti del terzo settore e a quelli non commerciali in senso ampio.
I temi di interesse per il non profit seguono sostanzialmente tre filoni: sospensione dei versamenti fiscali e previdenziali, agevolazioni fiscali per le cessioni gratuite di farmaci e misure di sostegno per i lavoratori. Mancano, invece, specifiche disposizioni finanziarie per agevolare gli enti nell’accesso al credito e alla liquidità, le quali auspicabilmente potrebbero essere oggetto di futuri provvedimenti. A dispetto del titolo utilizzato, ovvero “liquidità”, per una buona parte del terzo settore, infatti, non sono previsti specifici interventi di natura finanziaria. Il decreto, proprio su questo aspetto, si rivolge in forma prevalente, per non dire esclusiva, alle imprese. Lo dimostra non solo la rubrica dello stesso articolo 1 del d.l. 23, “misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese” ma anche il fatto che gli enti non profit potrebbero accedere ai benefici finanziari solo in via indiretta, per il tramite del richiamo alla Raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE che nella definizione di impresa comprende anche gli enti che svolgono attività economica in forma non lucrativa. Attualmente, un’unica misura in questo settore è prevista per il mondo sportivo, che potrà beneficiare della garanzia del proprio Fondo dedicato sui finanziamenti.
Vediamo nel dettaglio quali sono e come sono strutturate le singole misure e cosa cambia rispetto al precedente decreto legge.
- Sospensione dei versamenti per gli enti non profit
Sul piano tributario, l’art. 18 del Decreto amplia la platea di soggetti che possono beneficiare della sospensione dei termini per i versamenti. Quest’ultima riguarda le ritenute sui redditi da lavoro dipendente e assimilati, i contributi previdenziali e i premi per l’assicurazione obbligatoria, ed estende la proroga anche al mese di maggio. Va detto che una misura analoga è contenuta anche negli artt. 61 e 62 del DL Cura Italia, ma con un ambito di applicazione più ristretto sia sotto il profilo soggettivo che temporale. Quest’ultima disposizione, infatti, ha sospeso i versamenti fino al 30 aprile 2020, limitatamente a specifiche tipologie di enti non profit individuati in base alle attività svolte. L’elencazione ricomprende i settori principalmente travolti dall’emergenza, come l’organizzazione di eventi culturali, teatri, cinema, musei, attività sportive, ristorazione, attività di assistenza e di formazione, nonché gli enti dotati delle qualifiche di Onlus, ODV e APS. L’art. 62, invece, riguarda gli enti titolari di partita Iva che svolgono attività in forma di impresa (quali ad esempio cooperative sociali e imprese sociali) e rinvia sia i versamenti citati sia quelli IVA.
Gli enti non profit privi di partita Iva e non rientranti nella casistica dell’art. 61 sono rimasti fuori da questa proroga dei versamenti e proprio per dare un sostegno generalizzato al non profit il DL liquidità è intervenuto nuovamente sulla questione, prevedendo una sospensione dei versamenti per tutti gli enti non commerciali che svolgono attività di interesse generale non in regime di impresa, ivi inclusi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti. La nuova previsione riguarda i versamenti relativi alle ritenute alla fonte per redditi da lavoro dipendente o assimilato, ai contributi previdenziali assistenziali e ai premi per l’assicurazione obbligatoria per i mesi di aprile e maggio, per cui va sostanzialmente ad assorbire la misura dell’art. 61 del decreto Cura Italia. Tali versamenti potranno essere effettuati entro il prossimo 30 giugno, con possibilità di dilazione in massimo 5 rate mensili di pari importo di cui la prima a decorrere dal mese di giugno.
Cambiano anche le regole per gli enti non profit che svolgono attività di impresa, in misura non prevalente. Oltre ai versamenti citati, per questi ultimi sono sospesi anche quelli IVA. Tuttavia, a differenza degli enti non commerciali che svolgono attività non in regime di impresa, per beneficiare della proroga dovranno dimostrare la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 18, commi 1 e 3, ossia:
- per gli enti con ricavi o compensi non superiori a 50 milioni di euro, aver registrato nel mese di marzo 2020 un calo del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% rispetto al mese di marzo dell’anno precedente;
- per gli enti con ricavi o compensi superiori alla soglia di 50 milioni, aver avuto una diminuzione di fatturato nel medesimo periodo di almeno il 50%.
In questo scenario, una menzione particolare meritano gli enti del mondo sportivo, in linea di massima trattasi di federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, associazioni e società sportive dilettantistiche, professionistiche e dilettantistiche nonché soggetti che gestiscono impianti sportivi o palestre. Per questi soggetti va segnalata la possibilità di beneficiare della sospensione IVA prevista dal precedente art. 61 del DL Cura Italia, anche in assenza di un calo di fatturato dimostrabile. Tale disposizione fa slittare, infatti, al 31 maggio i versamenti IVA in scadenza nel mese di marzo, senza alcuna particolare condizione.
- Fornitura di medicinali ad uso compassionevole
Altri due aspetti importanti su cui è intervenuto il decreto riguardano la fornitura di medicinali per l’emergenza e le misure di sostegno per i lavoratori del mondo non profit.
Sul primo fronte, per incentivare la cessione gratuita di farmaci da utilizzare per la cura dei pazienti affetti da Covid-19 sono state introdotte specifiche agevolazioni ai fini dell’IVA e delle imposte dirette per le aziende farmaceutiche. La misura interessa i cd. medicinali “ad uso compassionevole”, ossia farmaci strumentali o autorizzati per specifiche patologie che possono essere utilizzati nel trattamento di pazienti affetti da malattie gravi o rare o che si trovano in pericolo di vita, ogniqualvolta a giudizio del medico non vi siano ulteriori valide alternative terapeutiche. Tale pratica è espressamente regolamentata dal decreto del Ministero della salute del 7 settembre 2017 e in questa fase è di particolare importanza per il Paese data la mancanza di terapie efficaci per contrastare il virus.
Il decreto legge sostiene fiscalmente le aziende farmaceutiche che si renderanno disponibili per questo tipo di iniziative, introducendo un regime analogo a quello già sperimentato per le eccedenze alimentari e gli altri beni oggetto della cd. Legge antisprechi (L. 166/2016). Ai fini IVA, la cessione gratuita dei farmaci viene equiparata alla loro distruzione, per cui non viene applicata l’imposta in uscita ma è riconosciuta la detrazione dell’IVA assolta a monte. Sotto il profilo delle imposte dirette, invece, è previsto che valore dei medicinali non concorre alla formazione dei ricavi dell’ente. Le agevolazioni riguardano solo i medicinali che abbiano i requisiti indicati nel citato decreto del Ministero della salute (ossia quelli non ancora autorizzati in commercio o autorizzati per indicazioni terapeutiche diverse o sottoposti a sperimentazione) e a condizione che sia rispettato l’iter procedurale ivi previsto (che richiede la presentazione di un’apposita domanda per l’utilizzo del medicinale nell’ambito di programmi ad uso terapeutico generalizzati, la quale è sottoposta alla valutazione di un Comitato Etico nazionale istituito presso lo Spallanzani e poi autorizzata dall’AIFA).
- Misure di sostegno per il lavoro
Per quanto riguarda le misure di sostegno al lavoro, il decreto prosegue nell’opera avviata dal DL Cura Italia, che ha introdotto norme speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale (CIGO) e assegno ordinario ed ha esteso la cassa integrazione in deroga quale misura di tutela residuale per i datori di lavoro che hanno sospeso o ridotto l’attività a seguito dell’emergenza epidemiologica. L’art. 41 del decreto legge 23/2020 ha ampliato la platea dei soggetti che potrà accedere alle misure, stabilendo che gli ammortizzatori sociali di cui di cui agli artt. 19 e 22 del DL 18/2020, con causale “emergenza COVID-2019”, potranno applicarsi anche ai lavoratori assunti tra il 24 febbraio e il 17 marzo 2020 (prima, invece, l’accesso era limitato ai contratti stipulati fino al 23 febbraio 2020).
- Misure finanziarie per il sostegno al non profit (che mancano)
Da ultimo, un aspetto da affrontare riguarda le misure finanziarie di sostegno al non profit, che come abbiamo anticipato potrebbero essere oggetto di futuri provvedimenti normativi. Attualmente, una misura prevista dal DL liquidità in quest’ambito riguarda gli enti del mondo sportivo e prevede, per quest’anno, l’estensione del Fondo di garanzia per l’impiantistica sportiva (di cui all’art. 90, comma 12, L. 289/2002) anche ai finanziamenti per liquidità, attualmente esclusi. Per questi ultimi, Federazioni Nazionali, Discipline Sportive Associate, Enti di promozione sportiva e ASD e SSD iscritte al registro CONI, fino al 31 dicembre 2020 potranno contare sulla garanzia del citato Fondo, con una dotazione di 30 milioni di euro relativamente a questa finalità (art. 14, comma 1). In aggiunta, sempre per i finanziamenti a scopo liquidità, i medesimi enti potranno ricevere specifici contributi in conto interessi da parte del Fondo speciale di cui all’art. 5 della L. 1295/1957, per il quale è stata disposta una dotazione di 5 milioni di euro per il 2020.
A parte questa disposizione, gli enti non profit restano esclusi dalle misure relative all’accesso al credito e al sostegno alla liquidità dedicate alle imprese. Tanto si desume dalla formulazione dell’art. 1 del decreto, che si riferisce espressamente alle imprese, richiamando altresì la definizione contenuta nella raccomandazione della Commissione Europea n. 2006/361/CE. Quest’ultima considera “impresa” qualsiasi entità che, a prescindere dalla forma giuridica, svolga un’attività economica. E, secondo la giurisprudenza e la prassi consolidata in ambito europeo, rientrano in tale nozione le attività che consistono nell’offerta di beni o servizi sul mercato (ossia in concorrenza con quella di altri operatori), normalmente dietro remunerazione.
A ben vedere, si tratta di una nozione piuttosto stringente, dalla quale sembrerebbero escluse molte realtà non profit impegnate proprio in questa fase di emergenza in settori nevralgici per il paese e che avrebbero bisogno di sostegno anche dal punto di vista finanziario. È il caso, ad esempio, dei servizi sociali come quelli che in questi giorni sono resi a domicilio ai soggetti più fragili. Tali attività, seppure produttive, non rientrerebbero nel concetto di “attività economica” e, quindi, di impresa, contenuto nel decreto, per cui non potrebbero beneficiare delle misure agevolative ivi previste. Sarebbe auspicabile, quindi, in fase di conversione un ampliamento della definizione contenuta all’art. 1 del DL “liquidità”, includendo anche gli enti non commerciali che svolgono attività di interesse generale non in regime di impresa, analogamente a quanto accaduto per la sospensione dei versamenti prevista dall’art. 18 dello stesso DL. Ma in senso piu ampio, potrebbe essere auspicabile quanto prima un intervento ad hoc per il settore non profit svioncolato dagli attuali decreti emergenziali, volto a favorire l’accesso al credito con misure diverse in funzione della tipologia di ente e delle attività da questi svolte.
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