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“Nessuno salvi i migranti”, anche la Libia si dichiara porto non sicuro

Dopo la chiusura dell'Italia alla nave Alan Kurdi della Ong tedesca Sea-eye che ha soccorso 150 persone, la Libia dichiara che anche i propri porti non possono considerarsi sicuri. Le condizioni meteo-marine non fermano le partenze e a Tripoli continuano le detenzioni arbitrarie e inumane dei migranti in mano ai trafficanti

di Alessandro Puglia

Nessuno li vuole e nessuno vuole salvarli. È l’amaro verdetto che si legge tra le righe dopo la chiusura di Italia e Malta ai migranti soccorsi dalla Ong Sea-eye ormai al quarto giorno di navigazione a bordo della Alan Kurdi con 150 persone soccorse. Dopo il decreto del Governo italiano che in modo del tutto strumentale di fronte alle Convenzioni internazionali ridefinisce in maniera del tutto arbitraria la definizione di “porto sicuro” il paradosso adesso arriva proprio dalla Libia. Da quella cosiddetta guardia costiera libica finanziata e supportata dall’Europa e in particolare dall’Italia.

Come riferisce l’Oim (l’organizzazione internazionale per le migrazioni) 250 migranti intercettati dai guardacoste libici sono rimasti a bordo dell’imbarcazione perché le autorità libiche hanno rifiutato lo sbarco. E questo perché la Libia, secondo le stesse autorità politiche di Tripoli, non può più considerarsi un porto sicuro, quello stesso place of safety indicato nel decreto interministeriale del Governo italiano. Una decisione che come spiega l’Oim è stata annunciata subito dopo che l’Italia ha dichiarato i suoi porti non sicuri a causa della pandemia.

«La situazione è tragica. Centinaia di persone dopo 72 ore in mare hanno trascorso la notte in una barca stracolma di persone in queste precise circostanze», spiega il capo della missione Oim in Libia Federico Soda.

A causa delle condizioni meteo-marine in miglioramento e l’intensificarsi del conflitto in Libia, più di 500 migranti sono partiti questa settimana con la speranza di raggiungere l’Europa. Circa 150 di loro sono stati soccorsi dalla Alan Kurdi e altri 67 sono sbarcati autonomamente a Lampedusa.

L’Oim continua a chiedere agli Stati europei un meccanismo chiaro, sicuro per garantire il meccanismo degli sbarchi nel Mediterraneo centrale. «L’Europa deve agire ora e porre fine al ritorno dei migranti soccorsi in mare in Libia e assicurare loro la salvezza».

Nonostante i ripetuti appelli, i migranti tornano nei campi di detenzione in condizioni inumane. Molti risultano dispersi e altri sono tornati in mano dei trafficanti.

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