Mondo

Lo spettro della povertà estrema per mezzo miliardo di persone

L’allarme di Oxfam. Si stimano 3.400 miliardi di dollari in meno di reddito da lavoro nel 2020. Nel mondo si contano 2 miliardi di lavoratori nel settore informale, mentre solo 1 disoccupato su 5 ha una qualche forma di indennità. In Italia milioni di lavoratori precari sono esclusi dagli aiuti. In vista del G20 Finanze e del Summit della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, appello urgente per un pacchetto straordinario di misure

di Redazione

Mezzo miliardo di persone rischiano di precipitare sotto la soglia della povertà estrema. È questo uno dei risultati dell’impatto del Coronavirus sull’economia globale. A lanciare l’allarme Oxfam che oggi presenta il nuovo rapporto Dignità, non miseria, che denuncia come la contrazione di consumi e redditi causata dallo shock pandemico rischi di ridurre in povertà tra il 6 e l’8% della popolazione mondiale.
Il dossier – a partire dalle analisi del World Institute for Development Economics Research (Wuder) dell’Università delle Nazioni Unite e dei ricercatori del King's College di Londra e della Australian National University – fotografa come di fatto i progressi ottenuti negli ultimi 10 anni nella lotta alla povertà estrema rischiano di essere azzerati: in alcune regioni del globo i livelli di povertà tornerebbero addirittura a quelli di 30 anni fa.

Si paventa quindi un impatto socio-economico devastante, riflesso anche dalle proiezioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo), che prefigurano già oggi una riduzione complessiva del reddito da lavoro – fonte principale di sostentamento individuale – fino a 3.400 miliardi di dollari entro il 2020. Stime che potrebbero peggiorare se il lockdown economico continuasse nel tempo e i livelli occupazionali precipitassero. A questo dato si aggiunge la mancanza di tutele e prospettive per milioni di disoccupati e lavoratori impiegati nel settore informale sia nei Paesi ricchi che poveri. A livello globale solo 1 disoccupato su 5 ha accesso ad una qualsiasi forma di indennità di disoccupazione e che ben 2 miliardi di persone, a livello globale, lavorano nel settore informale. In maggioranza sono nei Paesi poveri in cui il 90% dei posti di lavoro è informale, rispetto al 18% nelle nazioni ricche.

La diffusione del Coronavirus – sottolinea una nota di Oxfam – non conosce confini geografici e non fa distinzioni tra Paesi economicamente avanzati, emergenti o in via di sviluppo: ci sono però estreme disuguaglianze nelle capacità dei diversi paesi del mondo di tutelare la vita e la salute dei propri cittadini e di contrastare le drammatiche conseguenze socio-economiche della crisi. Molte nazioni, tra cui l’Italia, hanno introdotto pacchetti di stimolo economico per sostenere imprese e lavoratori, ma la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo semplicemente non ne ha la forza. Le Nazioni Unite stimano che circa la metà di tutti i posti di lavoro in Africa potrebbe andare persa.


«In un momento storico in cui chiediamo ai nostri partner europei solidarietà finanziaria e invochiamo un fronte comune di risposta alla crisi, non possiamo dimenticarci di chi vive in contesti particolarmente fragili», commenta Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia. «Nessuno è al sicuro se non lo siamo tutti: occorre per questo un rinnovato patto di solidarietà tra nazioni che possa consentire ai Paesi in via di sviluppo di avere i mezzi per curare e proteggere efficacemente i propri cittadini e tutelare i propri lavoratori. Questo in molte regioni con ridotte disponibilità finanziarie e pesante indebitamento non è semplicemente possibile: basti pensare che per 46 dei Paesi più poveri al mondo le spese per debito estero a inizio 2020 superavano, in media, di quattro volte la spesa pubblica per la salute. Il Ghana è un caso emblematico: in questo paese i pagamenti legati all’esposizione debitoria verso l’estero a inizio anno erano superiori di 11 volte alla spesa sanitaria corrente. L’annullamento di tali pagamenti per quest’anno consentirebbe al Governo di dare un sussidio di 20 dollari al mese a ciascuno dei 16 milioni di bambini, disabili e anziani del paese, per un periodo di sei mesi».

In Italia, già prima dell’emergenza Covid, il 25% dei cittadini riteneva di non poter affrontare una spesa imprevista di 800 euro senza indebitarsi, e un terzo delle famiglie non possedeva la liquidità necessaria per vivere più di tre mesi senza cadere in povertà. Con lo shock senza precedenti causato dalla pandemia – continua la nota di Oxfam – , è essenziale che l’importante intervento di supporto al reddito messo in campo con il decreto Cura Italia, sia strutturato in modo da tenere davvero in conto le diverse condizioni economiche e i diversi bisogni dei cittadini italiani, ed ampliato in modo da includere dai collaboratori domestici ai moltissimi stagionali, che non avevano ancora lavorato quest’anno e che, ad esempio, fanno i conti con una stagione turistica mai avviata, fino agli impiegati parasubordinati non occupati e agli autonomi senza partita Iva al 23 febbraio, pensando inoltre ai circa 3 milioni di lavoratori con contratti in nero. Una parte consistente e più fragile della popolazione, che senza aiuti immediati può ritrovarsi senza presente e futuro.

«È davvero essenziale che il Governo garantisca, in questa fase di shock senza precedenti, un reddito di emergenza a quelle categorie ad oggi escluse dalle misure messe in campo e a chi pur in assenza di contribuzione previdenziale e assicurativa riesce a dimostrare di avere lavorato anche saltuariamente nel 2019», dichiara Barbieri. «Oltre a estendere la platea dei beneficiari, è inoltre importante lavorare affinché il sostegno possa essere erogato in tempi rapidi e con procedure amministrative il più snelle possibile».

Inoltre, Oxfam accoglie con favore che, tra le condizioni poste alle aziende per poter accedere alle garanzie pubbliche sui prestiti bancari, figuri l’impossibilità di distribuire dividendi per dodici mesi. L’organizzazione esorta inoltre il Parlamento in fase di conversione del decreto a considerare l’introduzione di altre condizionalità per le imprese beneficiarie di garanzie pubbliche, come il divieto temporaneo di buyback azionari per remunerare gli azionisti o di revisioni al rialzo nelle remunerazioni variabili dei senior manager.

È inoltre importante riconoscere lo sforzo che il Terzo Settore sta compiendo nella risposta alla crisi, prevedendo la possibilità che le misure a favore delle imprese previste dal Dl “Cura Italia” possano essere estese ad associazioni, cooperative e agli altri enti no profit.

Per affrontare l’emergenza Covid-19 a livello globale e in Italia, senza lasciare davvero indietro nessuno Oxfam chiede al G20 e alle istituzioni finanziarie internazionali:

Queste misure, insieme, possono aumentare immediatamente la capacità di spesa dei paesi in via di sviluppo per circa 2.500 miliardi di dollari.

Oxfam inoltre chiede al Governo Italiano di:

  • estendere la platea dei beneficiari degli aiuti previsti nel DL “Cura Italia”, includendo quelle categorie di lavoratori ad oggi escluse fino a quei lavoratori informali che riescano a dimostrare di avere lavorato anche saltuariamente nel 2019;
  • estendere le misure indirette a favore delle imprese previste dal Dl “Cura Italia”, anche agli enti del terzo settore;
  • Non indietreggiare sul rispetto degli impegni nazionali in materia di aiuto pubblico allo sviluppo (APS), programmando un percorso che in tre anni, possa arrivare a destinare almeno lo 0,35% del reddito nazionale lordo (RNL) in APS, con lo 0,1% impiegato nello specifico verso i least developed countries entro i prossimi due anni, per il supporto specifico a programmi di rafforzamento della salute, dell’igiene, dell’istruzione.

In apertura foto di ©Antonio Manidi – Tutte le foto sono da Ufficio stampa Oxfam Italia

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.