Economia
Borgomeo: le fondazioni di origine bancaria continuino a investire sul capitale sociale
La proposta di Boeri e Guiso vorrebbe le fondazioni garanti del credito alle imprese nel sud. Penso esattamente il contrario, soprattutto guardando al nostro Sud: senza investire nelle comunità , senza puntare al rafforzamento – o alla non dispersione – del capitale sociale, le prospettive di sviluppo sarebbero fortemente compromesse
di Redazione
Dopo la efficace e da me ampiamente condivisa nota di Carlo Borzaga e Felice Scalvini, aggiungo qualche riflessione sulla proposta di Boeri e Guiso circa la missione che le Fondazioni di origine bancaria dovrebbero assumere nella crisi ( o in via strutturale?) utilizzando il loro patrimonio a garanzia dei finanziamenti alle imprese.
Incomincerei dalla coda. La nota di Boeri e Guiso si conclude con un’affermazione perentoria: sarebbe impraticabile il sostegno alle comunità in territori con “cimiteri industriali”. Penso esattamente il contrario, soprattutto guardando al nostro Sud: senza investire nelle comunità , senza puntare al rafforzamento – o alla non dispersione – del capitale sociale, le prospettive di sviluppo sarebbero fortemente compromesse. Per questo motivo, oltre che per evidenti ragioni di sostegno alla cultura ed alla prassi della solidarietà, che la crisi attuale conferma, è necessario che le Fondazioni di origine bancaria, continuino ed anzi approfondiscano il loro impegno a favore del Terzo settore. In realtà nella proposta di Guiso e Boeri si fa riferimento al fatto che le garanzie prestate dalle Fondazioni dovrebbero sostenere il mondo produttivo e sociale; ma la questione non è questa. Un soggetto di Terzo settore non può essere sostenuto come un’impresa attraverso finanziamenti, se non in alcuni casi.
È necessario un sostegno a fondo perduto, per consentire l’avvio delle iniziative e dare ad esse il tempo giusto per sperimentare meccanismi di autosostenibilità. Percorsi di inclusione lavorativa per disabili, centri di aggregazione per adolescenti nei quartieri più degradati, interventi per le donne vittime di violenza, contrasto alla povertà minorile, assistenza alle famiglie dei detenuti, valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, accoglienza di migranti, non si fanno con prestiti, ancorchè agevolati, ma, almeno per un periodo di 3 o 4 anni, con contributi a fondo perduto. E, come tutti sappiamo, l’intervento pubblico in materia è largamente insufficiente, per cui togliere dal tavolo le risorse erogate dalle Fondazioni di origine bancaria sarebbe un danno molto grave.
Ma penso che, in queste valutazioni, conti molto il giudizio che si dà sul ruolo del Terzo settore: mondo di persone generose, di esperienze encomiabili, capace di supplire alle carenze del pubblico e di curarsi dei soggetti più fragili evitando che si allarghi la insopportabile forbice delle diseguaglianze o anche mondo in grado di rappresentare una reale forza di cambiamento?
Nella nota si auspica che le Fondazioni trascendano i limiti territoriali e si impegnino di più nel Sud. Auspicio al quale ovviamente mi associo presiedendo la Fondazione Con il Sud, che peraltro nell’articolo che fa riferimento alle 7 Fondazioni bancarie meridionali, viene ignorata. Ma intanto penso sia giusto non dimenticare che le Fondazioni di origine bancaria in dodici anni hanno erogato, tra conferimenti per la costituzione del patrimonio e contributi, quasi mezzo miliardo di euro alla Fondazione con il sud impegnata nel solo ambito della infrastrutturazione sociale e che sono alla vigilia di rinnovare questo impegno per il prossimo quinquennio. Un impegno da rafforzare, ma senza dimenticare che si tratta del più importante esempio di solidarietà territoriale tra privati, nella storia del nostro paese.
Andrebbe poi anche ricordata la circostanza che il Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, alimentato dalle Fondazioni in proporzione al loro patrimonio, ha ovviamente una distribuzione territoriale degli interventi relativamente sbilanciata a favore dei territori meridionali.
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