Economia

Finanziamenti e garanzie contro la crisi: nessun riferimento al Terzo settore

Così come nel Cura Italia, anche nel decreto liquidità annunciato ieri dal Governo non vengono nominati i soggetti del Terzo settore. Come si comporteranno gli istituti di credito? Intervista a Guido Cisternino, responsabile Terzo Settore ed Economia Civile di Ubi Banca: «Occorre porre l'attenzione sulla natura soggettiva di sugli enti non profit e enti ecclesiastici civilmente riconosciuti superando il criterio dello svolgimento dell'attività economica/commerciale»

di Redazione

Dopo un lungo consiglio dei ministri, il presidente del consiglio Giuseppe Conte insieme al ministro dell'Economia Roberto Gualtieri ha tenuto una conferenza stampa in cui, presentando il “decreto liquidità”, ha annunciato un poderoso piano a sostegno del sistema economico italiano. Il decreto-legge, introduce misure urgenti in materia di accesso al credito e rinvio di adempimenti per le imprese. In particolare per le imprese con meno di 5.000 dipendenti in Italia e un fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro è prevista una copertura tra il 90% e il 100% (per soglie dimensionali e/o di importi differenziati) del finanziamento richiesto e per queste è prevista una procedura semplificata per l’accesso alla garanzia. Specificatamente per le PMI (fino a 499 dipendenti) è previsto l’intervento della garanzia rilasciata dal Fondo di Garanzia PMI mentre per soglie di dipendenti superiori quella della SACE (qui il comunicato stampa di palazzo Chigi). Le misure previste da questo nuovo provvedimento si sommano a quelle del Cura Italia, decreto in via di conversione. Detto che il testo del nuovo decreto non è stato ancora divulgato, il Terzo settore (così come gli enti ecclesiastici) non compare in alcun passaggio delle comunicazioni istituzionali. Analogamente a quanto avvenuto nel testo del Cura Italia per la parte economica.

Nella definizione di piccole e medie imprese che rientrano tra i beneficiari delle misure Cura Italia e di sistema bancario sono però sempre compresi gli enti non profit che svolgono attività economica (fondazioni, associazioni, etc) oltre naturalmente alle cooperative e alle imprese sociali che sono imprese a tutti gli effetti. Questo lo si evince dalla definizione di Pmi a cui si rimanda per l’effettiva applicabilità, riportata nella Raccomandazione della Commissione Europea del maggio 2003 all’articolo 1, a cui bisogna fare riferimento. Quanto agli enti ecclesiastici, secondo alcune interpretazioni, come soggetti che svolgono attività commerciale sotto forma di impresa possono beneficiare delle misure di sostegno alle imprese previste dall’art.49 del Cura Italia, relativamente alle operazioni di finanziamento e garanzia inerenti dette attività. Il quadro però non è affatto certo. Insomma, malgrado i ripetuti appelli all’urgenza che anche ai soggetti del Terzo settore (che Conte ha recentemente definito il “cuore pulsante della società”) siano garantiti salvagenti economici e finanziari in grado di assicurarne la continuità operativa e la sopravvivenza, nei provvedimenti d’urgenza ancora una volta manca la necessaria nettezza.

Ma come si comporteranno ora le banche, che sono il braccio operativo dell’erogazione e nella messa a terra delle misure del credito e della liquidità, in questo quadro di incertezza nei confronti del Non Profit? Abbiamo girato la domanda a Guido Cisternino, responsabile Terzo Settore ed Economia Civile di Ubi Banca. Pochi giorni fa proprio Ubi ha avviato “Rilancio Italia”, programma integrato fino a 10 miliardi di euro per finanziare famiglie, imprese e Terzo settore.

Un riferimento esplicito al Terzo settore però manca nei provvedimenti del Governo su finanziamenti e garanzie. Questo limiterà la vostra operatività verso il Terzo settore e gli enti ecclesiastici?
Dal punto di vista letterale/normativo il richiamo alla definizione di PMI lascerebbe pochi margini di manovra ponendo l’accento per i soggetti non profit sullo svolgimento di attività economica Per esempio, per accedere al Fondo di Garanzia Pmi, a cui le misure in questione sono collegate, ad oggi è necessaria l’iscrizione nel registro delle imprese, cosa di fatto preclusa agli Enti Ecclesiastici e Religiosi che possono iscriversi solo nel REA; le organizzazioni non profit invece, come noto, sono iscritte a diversi registri in attesa del registro unico nazionale del terzo settore (RUNT).

Questa fattispecie appunto di fatto esclude gli enti religiosi e gran parte dei soggetti non profit…
Si, si tratta di una forte limitazione che riduce a un numero ristretto di beneficiari questa possibilità, ovvero in sostanza al mondo dell’imprenditoria sociale; sarebbe utile, ad esempio, prevedere una sezione speciale del Fondo di Garanzia riservata a questi soggetti. Il cuore della questione non è però solo questo. Riterrei infatti auspicabile cercare, almeno per le prossime misure straordinarie sulla liquidità e sul credito in fase di emanazione – augurandomi che nel frattempo si intervenga anche nel Cura Italia – di porre l'attenzione sulla natura soggettiva di tali enti (enti non profit e enti ecclesiastici civilmente riconosciuti) superando il criterio dello svolgimento dell'attività economica/ commerciale che ha come conseguenza, appunto, l'esclusione di fatto di un gran numero di tali soggetti dai benefici delle misure in questione. E’ evidente come tali enti siano determinanti in termini di tenuta e coesione sociale del Paese e come gli stessi, al pari delle famiglie e delle imprese, stiano affrontando una grave crisi finanziaria a causa dell'emergenza sanitaria (compreso il crollo delle entrate da raccolta fondi), rischiando di depotenziare la loro azione a sostegno delle persone in condizioni di fragilità e marginalità.

Tanto più che in diversi interventi previsti dal Cura Italia vi è totale "simmetria" tra imprese/non profit; ad esempio l'articolo 22 del Cura Italia in materia di Cassa Integrazione in Deroga include tra i soggetti privati quelli "agricoli, della pesca e del Terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti…
Penso che il terribile momento emergenziale che stiamo vivendo dovrebbe favorire il superamento della mera logica dello svolgimento di attività commerciale/economica nella definizione dei criteri di accesso alle misure straordinarie relative al credito, alla liquidità e alle garanzie dello Stato, consentendo a tutti i soggetti non profit e agli enti ecclesiastici e religiosi di poter beneficiare delle misure di sistema riservate alle imprese, qualora ne sussistano le condizioni (in primis la capacità di dimostrare di aver subito gravi conseguenze dalla pandemia in termini di ricavi o entrate). Inoltre va fatto presente che se, del resto, le banche fino ad ora hanno concesso credito a tali soggetti riconoscendone la valenza sociale e la sostenibilità delle attività, sarebbe opportuno che oggi gli stessi potessero usufruire di tutte le misure a sostegno del credito, incluse appunto le garanzie pubbliche, per far fronte non solo alla situazione di emergenza ma anche per avere le risorse e i sostegni necessari alla ripartenza e alla ricostruzione dei legami con le comunità, sempre naturalmente qualora ne ricorrano le condizioni.

Voi nello specifico come vi comporterete?
Come lei ha ricordato il nostro programma “Rilancio Italia” richiama direttamente gli Enti del Terzo Settore senza limitazioni o specifiche aggiuntive; in sostanza tutti i soggetti non profit e gli enti ecclesiastici e religiosi possono accedere, senza distinzione, alle diverse iniziative messe in campo anche se non esercitano attività economica. Le imponenti misure che abbiamo posto in essere, che prevedono complessivamente interventi fino a 10 miliardi di euro, hanno infatti un’ottica inclusiva, non lasciando indietro nessuno, famiglie, lavoratori, professionisti, imprese e, appunto, soggetti non profit.

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