Welfare

L’hub solidale che sfama i poveri di Baranzate

Nel paese alle porte di Milano un terzo degli abitanti sono immigrati regolari. Le misure di contenimento del virus stanno mettendo in ginocchio tante famiglie. Molti genitori hanno perso il lavoro e non riuscivano ad assicurare il cibo ai figli. A metà marzo però l'associazione La Rotonda, promossa dal parroco don Paolo Steffano, ha deciso di orientare tutti i suoi servizi per trovare risposte all'emergenza cibo. Ecco come è andata

di Sabina Pignataro

Sono le 8 del mattino di mercoledì 11 marzo: due persone che hanno fame suonano alla porta di Don Paolo Steffano, parroco di Baranzate, il comune dell’hinterland milanese con la più alta concentrazione di migranti residenti (33% i regolari, su 11 mila abitanti). Hanno perso il lavoro e non mangiano da alcuni giorni. Don Paolo li accompagna nel magazzino adiacente alla Parrocchia, prende alimenti freschi e secchi e prepara loro un sacchetto. Il giorno dopo, alla porta del don, bussano altre persone, e poi altre e poi altre ancora. In pochi giorni le famiglie in difficoltà diventano 230. «Davanti alla continua richiesta di aiuto ci siamo resi conto che dovevamo pensare ad un modo nuovo di stare vicino alle famiglie», spiega Samantha Lentini, coordinatrice dei progetti de La Rotonda, l’associazione nata nel 2010 su iniziativa di don Paolo per dare una mano alle famiglie del territorio. «Abbiamo pensato che fosse necessario anche per noi, che siamo un’associazione, seguire l’esempio delle aziende che provano a riconvertire le loro produzioni per far fronte alla crisi».

Da alcuni giorni, racconta la coordinatrice, per contenere il contagio da Covid-19 La Rotonda aveva sospeso le attività educative e quelle sportive e i vari servizi attivi in via Gorizia, come il doposcuola per bambini e ragazzi, lo sportello di avviamento lavorativo, la Sartoria sociale “Fiori all’Occhiello”, le sei differenti scuole di italiano, il progetto di socializzazione per anziani. L’unico servizio aperto (anche se solo su appuntamento) era (ed è ancora) quello del dottor Longhi, pediatra del Centro Diagnostico Italiano, che lavora a Baranzate dal 2014 attraverso l’intervento della Fondazione Bracco, che continua a visitare i bambini e le famiglie.

«Ci siamo chiesti allora cosa potessimo fare», spiega ancora Lentini. «Era evidente che la prima emergenza a cui dovessimo rispondere fosse quella alimentare. Così abbiamo chiamato tutti i nostri operatori, educatori e volontari e ci siamo impegnati per recuperare alimenti freschi e secchi, per offrire alle famiglie bisognose una borsa della spesa che contenesse latticini, uova, verdure, carne e pane, e poi latte, pannolini e alimenti per i più piccoli. Ma poi serviva che qualcuno gestisse la raccolta, lo stoccaggio, i turni di distribuzione e che fosse disponibile a portare i sacchetti anche a domicilio, insieme ai farmaci, in caso di grave necessità».

Così il pulmino de La Rotonda, guidato dai volontari e da don Paolo (in foto), ha iniziato a fare avanti e indietro dai supermercati, dalle associazioni e dalle aziende per recuperare alimenti e prodotti da portare in magazzino; e poi dal magazzino alla case degli anziani e dei poveri. Da quando questo periodo è iniziato l’associazione ha potuto contare sull’aiuto di enti non profit e aziende: al Banco Alimentare, già impegnato nel progetto di sostegno alimentare, si sono aggiunte la Fondazione Ronald Mc Donald e Gea Industrie Alimentari (che donano alimenti surgelati), poi la Croce Rossa Italiana (che fornisce quelli freschi), Fondazione NPH Francesca Rava (che fornisce mascherine, camici, guanti) e il Gruppo Prenatal (che offre pannolini e latte per la prima infanzia).

Oggi, a distanza di 20 giorni, il sistema virtuoso costruito da La Rotonda ha trasformato il piccolo magazzino in un Hub di distribuzione a cui accedono anche altre associazioni del sociale e le Caritas che sono impegnate nell’aiutare le persone che risiedono fuori da Baranzate.

Questa «riconversione associativa», come la chiama Lentini, ha anticipato in qualche modo quello che accadrà in maniera più stabile e strutturata, quando (si spera) il prossimo settembre, verrà inaugurato lo spazio “InOltre”.Lì, proprio accanto all’oratorio della Parrocchia di S. Arialdo, nei 1500 mq coperti (e 760 scoperti) acquisti da la Rotonda attraverso la donazione di Diana Bracco, saranno ospitate tutte le iniziative dell’associazione e sorgerà un vero e proprio Emporio della Solidarietà, una sorta di supermercato di prodotti dove le famiglie potranno acquistare con il sistema a punti alimenti e vestiti.

Negli stessi giorni è nata anche una raccolta fondi finalizzata alla costituzione di un fondo solidale per l’emergenza. «Dobbiamo iniziare ad immaginare come aiutare le tante famiglie per le quali le difficoltà economiche non si fermeranno alla ripresa delle attività», spiega don Paolo.

Da anni, quello che succede a Baranzate ha dell’incredibile: c’è una rete che non si ferma, che non disperde le energie, ma le convoglia in strategie efficienti ed efficaci che consentono di rispondere in maniera concreta, quasi istantanea, alle esigenze delle famiglie. A Don Paolo e a La Rotonda va senz’altro riconosciuto il merito di aver attratto, conquistato e coinvolto enti, fondazioni e associazioni di grosso calibro, che hanno finanziato molte della attività presenti. E questo non è poco. Anzi.

Ma forse c’è un aspetto, alla base della riuscita di questo sistema, che merita di essere sottolineato. Ed è la volontà, ma soprattutto la capacità , di alcuni residenti di Baranzate, di accogliere, aiutare e sostenere le persone venute da fuori. Forse questa disponibilità nasce dal fatto che molti degli adulti che oggi vivono in via Gorizia sono stati a loro volta migranti e hanno vissuto sulla propria pelle, in tempi diversi, momenti di difficoltà e di discriminazione. Molti di loro sono arrivati negli anni sessanta dal sud d’Italia, attratti dal fatto che a Baranzate sorgesse uno degli stabilimenti della Compagnia Generale di Elettricità, divisione italiana del gruppo statunitense General Electric, destinato alla produzione delle prime radio per uso domestico e delle prime televisioni. Proprio in quello spazio che ora è occupato da La Rotonda fu costruito il primo televisore a colori di produzione italiana. Venendo a vivere a Baranzate le famiglie cercavano delle occasioni di riscatto, seppur partendo da condizioni di povertà sociale, economica e culturale. Un po’ come accade ancora oggi. In quegli anni la via Gorizia non era un quartiere dormitorio, ma era una via colorata, animata, viva, piena di gente e di bambini che parlavano un italiano molto diverso tra di loro. E poi c’erano un sacco di negozi: c’era una pasticceria a doppia vetrina, il negozio di scarpe all’angolo, una macelleria di qualità, (che è stata fino a due anni fa anche la torre di controllo di tutto quello che succedeva nella via), e poi un bar trattoria aperto 364 giorni l’anno, dall’alba fino a tarda sera, dove si poteva mangiare, giocare a carte, a biliardo, e persino ballare.

Dopo questa prima ondata di migrazioni dal sud, sono arrivati, all’inizio degli anni Novanta, le prime persone dal nordafrica. Amir forse fu il primo: vendeva le sigarette di contrabbando sul marciapiede, le teneva appoggiate su una cassetta della frutta rovesciata. I primi migranti con la pelle di un colore diverso, però, facevano paura, sembravano avere modi, usanze e abiti troppo diversi e parlare una lingua troppo difficile da capire. La convivenza in quegli anni non fu facile, c’era paura e diffidenza. Segregazione. C’era anche tanta delinquenza, spaccio e microcriminalità. Chi poteva, chi aveva messo via qualche soldo, andava via dal via Gorizia. Magari restava a Baranzate, ma si spostava aldilà della piazza del mercato, dove sembrava (e sembra ancora oggi) esserci un mondo diverso. Intanto molti dei negozi esistenti, gestiti dagli italiani, cominciarono a chiudere, lasciando spazio a macellerie Kosher, kebabbari, botteghe che vendevano alimenti con certificazione ḥalāl, cioè preparati secondo le norme della legge islamica.

E’ stato solo grazie al lavoro lento, paziente, incessante, capillare, certosino, pervasivo di don Paolo e de La Rotonda, che la via Gorizia, nell’ultimo decennio, da ghetto è diventata una Comunità. Don Paolo e i progetti de La Rotonda sono riusciti in qualche modo a unire le persone, a metterle in dialogo, creando occasioni di incontro, scambio, arricchimento, aiuto e sostegno. Cattolici, ortodossi, islamici, italiani, asiatici, sudamericani, nordafricani: non importa.

Tuttavia, malgrado gli sforzi immensi, lodevoli, incredibili ed extraordinari, oggi non si può (ancora) dire che gli stranieri si siano perfettamente integrati e siano stati inclusi. Perché chi abita a Baranzate è solidale, dà una mano, è impegnato nei progetti, tiene corsi di italiano, aiuta i bimbi nel doposcuola, ma poi, ad esempio, i propri figli non li manda nelle scuole del territorio: “ci sono troppi bimbi che non parlano l’italiano», dicono.

Quello che si vive in via Gorizia resta un mondo a sé. E rimane in qualche modo confinato li e in quei vicoli che attraversano la via. Basta spostarsi di pochi metri per trovare una realtà completamente diversa. A 290 metri da La Rotonda c’è una delle sedi dell’International School di Milano. Il campus, inaugurato nel 2013, è frequentato da bambini e ragazzi provenienti da famiglie "bene" (ci sono anche figli di calciatori, persone dello spettacolo e della tv). La retta annuale va dai 12mila euro (per bimbi fino a 5 anni), ai 25 mila (per i più grandi). Quando suona la campanella, davanti a scuola è un susseguirsi di guardie del corpo, auto blindate, autisti. Dura poco: escono da scuola e vanno via subito, tornano in centro a Milano. E della via Gorizia nemmeno si accorgono. Poi però, nel pomeriggio, le famiglie di Baranzate possono accedere alla piscina del campus a un costo contenuto.

Contraddizioni? Forse.

Non è l’unica. A un centinaio di metri dalla via Gorizia, nel 2015 si è svolta l’Expo, che ha attirato e conquistato 22 milioni di visitatori. Ora, in quella stessa area, sorgerà MIND- Milano Innovation District, (che ospiterà tra l’altro lo Human Technopole, il nuovo centro di ricerca italiano, e una parte dell’Università degli Studi di Milano). La via Gorizia ne beneficerà in qualche modo? Staremo a vedere.

Una cosa è certa: per ora don Paolo e La Rotonda hanno un gran da fare, chi vive in via Gorizia ha bisogno di tutto: di cibo, di medicine, di sostegno, di lavoro, di alloggio, di istruzione, di cura, di servizi, di cultura.

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