Welfare
I Circoli di BuonAbitare per resistere oggi e preparare il domani
«Ci sono due cose da fare, oggi: occuparci del presente, per contenere i disagi e pensare al futuro, a quando l’emergenza sarà terminata. Per questo i nostri Circoli vogliono attivare il senso di comunità tra vicini, rendere condomini e caseggiati luoghi dove è possibile coltivare il senso del noi, promuovere e sperimentare lo scambio e la condivisione, imparare a prendersi cura delle relazioni», sottolinea lo psicologo di comunità Elvio Raffaello Martini, di BuonAbitare
In questo periodo, da molte parti si parla e si invoca la comunità. Per non sentirsi soli, per farsi coraggio e combattere la paura, per avere comunque la sensazione di condividere, di essere sulla stessa barca. Sembra che il distanziamento sociale, la mancanza di contatti imposta per contenere/contrastare la diffusione del virus, in sostanza l’astinenza dalle relazioni sociali, abbia risvegliato la voglia di comunità. Ci stiamo rendendo conto, se mai l’avessimo dimenticato, che abbiamo bisogno degli altri. Non solo dei familiari stretti, ma anche degli amici, dei conoscenti, dei colleghi di lavoro. E di altri, con in quali in questo momento siamo disponibili ad aprirci e a condividere, come i vicini di casa.
Tutto questo è confermato dal crescente numero di videochiamate, di chat di riunioni che si fanno a distanza con i mezzi che la tecnologia mette oggi a disposizione. Si moltiplicano le community sul web e si trovano modi per condividere, in assenza di prossimità fisica, momenti della vita quotidiana o anche modi per fare cose insieme, pure a distanza.
Questa, del bisogno di rapporti con gli altri, è una riscoperta salutare. Se accompagnata da una riflessione anche più salutare.
Il valore, molto radicato nella nostra cultura, dell’autonomia individuale è messo a dura prova. Ci rendiamo conto che tutti abbiamo bisogno degli altri. Tutti siamo anche vulnerabili, tutti abbiamo delle fragilità, siamo esposti a rischi. Non è una novità questa. La novità è che in tanti, ora, ce ne rendiamo conto.
È una consapevolezza che si era un po’ persa e che ora ritorna, con più forza, accompagnata però da una forte ambivalenza. Gli altri di cui noi abbiamo bisogno e ai quali vorremmo stare vicini sono anche coloro che possono essere fonte di minaccia. Sono coloro dai quali ci dobbiamo proteggere e che, a nostra volta, dobbiamo proteggere.
Questo ci ricorda e oggi ci obbliga a prendere atto, senza possibilità di rimuoverlo, dell’inevitabile rischio che tutte le relazioni interpersonali e sociali contengono in sé. Non è possibile stare in relazione con gli altri, senza correre qualche rischio. E, ovviamente non mi riferisco al rischio rappresentato dal virus.
Anzi, il far coincidere il rischio relazionale con il contagio, attivo o passivo, anche se per un aspetto crea ansia, in un certo senso ci solleva. Ci fa credere che questo sia l’unico rischio, e che si possa evitare con il distanziamento sociale.
Questo potrebbe rinforzare l’idea che possano esistere le relazioni asettiche, prive di rischio e che tutto questo sia possibile se si elimina il contatto fisico. Ma non è e non può essere così.
Le relazioni richiedono cura, impegno, disponibilità e fatica e, se sono autentiche, comportano sempre qualche rischio, come la perdita, il tradimento, la disillusione.
L’esigenza di evitare questa fatica ha spinto molte persone ad allontanarsi dagli altri e a ricercare spesso relazioni on line, svuotando di significato le comunità reali.
Uno dei contesti che ne ha sofferto di più, e che più è stato abbandonato rispetto alle relazioni e all’impegno, è il vicinato. Le reti di vicinato si sono andate via via assottigliando, fino a sfilacciarsi. Le reti e le comunità di vicinato sono state quelle meno coltivate dalle persone.
Ma ora, proprio nel momento in cui viene imposto il distanziamento sociale e la mobilità è obbligatoriamente ridotta, si sta riscoprendo l’importanza della dimensione territoriale della relazione. Perché quello che puoi fare con i vicini di casa non puoi farlo con nessun altro. Si scopre la voglia di fare comunità nel vicinato.
Le persone oggi sono a casa. Sono obbligate a stare a casa. Molti suggeriscono modi per distrarsi e rendere meno pesante la restrizione/reclusione.
Noi siamo convinti, e il proliferare di esperienze di condivisione nel vicinato nate in questo periodo ce lo confermano, che sarebbe bello se un po’ di questo tempo di cui inaspettatamente ci troviamo a disporre, lo utilizzassimo per fare anche qualche riflessione.
Ma la situazione è difficile
Accanto alle esperienze belle di vicinanza e di solidarietà, ci sono le situazioni in cui cresce la rabbia e si manifestano l’odio e la necessità di trovare un nemico contro cui scagliare la propria rabbia.
Scatta la colpevolizzazione. Ce la prendiamo con chi esce, con chi secondo noi non rispetta le regole. Non mancano episodi di intolleranza e l’odio non è scomparso dal web.
La situazione attuale impatta a più livelli: personale, familiare, di vicinato, di comunità, di città, regione, nazione. Cosa succede a ciascuno di questi livelli?
A volte c’è un contrasto forte fra l’esperienza personale diretta e quello che i media ci presentano ogni giorno.
Anche se il virus non fa distinzioni e può colpire tutti, non annulla le disuguaglianze sociali. Dovrebbe essere superfluo dirlo. Non siamo tutti nelle stesse condizioni. Il disagio e la fatica non sono equamente distribuiti. Anche l’isolamento non è uguale per tutti, come non lo sono i rischi e le difficoltà economiche con lo stress e la preoccupazione che ne deriva. C’è chi è in prima linea e si spende per gli altri, come medici, infermieri, personale sanitario, volontari, e chi si gode l’inattività. C’è chi è preoccupato per la salute, sua e dei suoi cari. C’è chi vive in campagna, ha una casa grande e un bel giardino, chi vive in città in un attico con giardino pensile e chi vive in un appartamento di pochi metri quadrati e chi casa non ce l’ha proprio. C’è chi in casa è solo, soprattutto persone anziane, chi deve dividere il poco spazio con altre persone. Insomma se le restrizioni sono uguali per tutti, le loro conseguenze, le difficoltà e lo stress che ne derivano non lo sono. Questo non possiamo dimenticarlo anche di fronte ad un “nemico comune” come il Covid-19.
Oltre che per la salute fisica, quindi, ci sono seri rischi per la salute mentale (che si manifestano ora come stress e ansia e che si manifesteranno poi come disturbi post traumatici) sia di chi è in prima linea e si trova a fronteggiare l’emergenza e a confrontarsi con la paura, il fallimento, la perdita, sia di chi vive l’emergenza a casa da solo o in situazioni di conflitto.
C’è un disagio diffuso, e molte energie sono spese per non soccombere.
La vita sociale è limitata nelle sue esperienze fondamentali. Non ci sono più riti collettivi che funzionano anche da collante sociale: si pensi ai funerali non celebrati, come ai momenti di passaggio non accompagnati da una condivisione comunitaria. Domina la paura e l’angoscia e la chiusura difensiva. C’è un dolore profondo, ci sono ferite, personali, familiari e sociali che sarà difficile rimarginare in tempi brevi.
Questo è certamente un momento difficile, ma può essere anche un momento prezioso, addirittura potrebbe essere un momento fecondo. Però a determinate condizioni: non dobbiamo consumare tutte le nostre risorse nella gestione del presente, per contenere il disagio. Dobbiamo pensare anche al dopo. A seminare o avviare delle cose che possano servire anche per il tempo della ripresa del contatto, dell’incontro, dell’abbraccio. Prendendo spunto da ciò che in modo spontaneo e senza una grande progettazione sta avvenendo.
In questa situazione ci sono coloro che a fatica riescono ogni giorno a tirare a sera e ci sono coloro, assai più fortunati, che non stanno male e riescono a trovare nella situazione motivo di benessere. Avere più tempo a disposizione, non dover correre, potersi dedicare alle cose che piacciono, pur con i limiti imposti, è un privilegio che alcuni stanno sperimentando in questo momento.
Fra i privilegiati ci sono anche coloro che riescono a trovare le energie per riflettere, per pensare al dopo, per farsi delle domande. Come riorganizzeremo la nostra vita ai diversi livelli dopo che avremo superato questa minaccia?
Cosa c’è da fare dunque
Ci sono due cose da fare, oggi. Occuparci del presente, per contenere i disagi e pensare al futuro, a quando l’emergenza sarà terminata. Non sappiamo quando, ma possiamo ragionevolmente credere che finirà.
Questo non è un lusso. È una necessità. Ma non è facile e soprattutto non si può fare da soli.
Non ha senso praticare la strategia della distrazione, per non pensare, in attesa che tutto passi. Ma certamente serve alleggerire la situazione per non soccombere.
Abbiamo bisogno di comunità veramente speciali, capaci di resistere alla minaccia e di offrire ai membri quella rassicurazione che non saranno soli, anche se sono isolati. C’è da capire come prevenire la violenza domestica. Almeno quella che può nascere dalla frustrazione e dal disagio della condivisione forzata di piccoli spazi fra molte persone.
Non tutto è scontato. Il disagio, l’ansia e la paura non ci rendono necessariamente migliori. Le emozioni sono troppo volubili e non bastano. Serve un’idea guida a cui riferirsi per orientarsi in uno scenario molto indefinito.
Se le relazioni tra vicini non sono state più coltivate, è esperienza assai diffusa in questi giorni la scoperta o la riscoperta della loro importanza, della voglia di vicinato.
Però, se dai vicini ci siamo difesi per anni e ci siamo allontanati, perché ora dovrebbe essere diverso? Non possiamo aspettarci che tutto avvenga in modo automatico, trainati dall’entusiasmo del momento, senza una progettualità e senza competenze.
Nello stesso tempo ci dobbiamo interrogare rispetto al dopo. Cosa accadrà dopo questo momento alle relazioni sociali? Questa voglia di comunità ci sarà ancora? O ritorneremo a richiuderci nei nostri bunker, più convinti di prima?
Si tratta di mettere oggi le basi per un possibile cambiamento che non sia un ritorno al passato, ma che rappresenti una crescita individuale e collettiva e un cambiamento del modo di pensarsi e vivere insieme.
Dobbiamo prestare attenzione a ciò che questa situazione ci permette di imparare rispetto a noi stessi, alle relazioni familiari, alla nostra comunità e alla società più in generale. Dobbiamo domandarci cosa possiamo seminare oggi da raccogliere domani, ad emergenza terminata, se quando saremo di nuovo liberi di uscire di casa, di questa ritrovata libertà sapremo farne buon uso e se in seguito a questa esperienza, diventeremo tutti più solidali.
Una nostra proposta: Il circolo BuonAbitare
La nostra proposta riguarda il vicinato e le relazioni di vicinato. Quelle relazioni che abbiamo snobbato per lungo tempo, ma che ora si ripresentano come un presidio contro la solitudine e un’occasione concreta di supporto e condivisione. C’è qualcosa che possiamo fare con i nostri vicini, in questo momento nel quale ci viene chiesto il distanziamento sociale?
Le persone e le comunità sono sole, incapaci di definire strategie e compiere azioni utili a generare un benessere individuale e sociale che sia effettivo e non effimero, perché basato sull’assunzione di responsabilità, non sulla rimozione, l’evasione, la ricerca del colpevole o l’attesa messianica di un salvatore.
Le risposte a questa esigenza non sono a portata di mano. Possono essere il frutto di una ricerca collettiva, paziente e rigorosa, di una costante azione riflessiva sulla nostra esperienza e della disponibilità a metterci in discussione.
In poche parole, c’è bisogno di stringerci e di darci reciproco supporto. E c’è bisogno di passare dalle iniziative spontanee e estemporanee ad una qualche forma organizzata che serva per l’oggi e per il domani.
Obiettivo del Circolo è attivare il senso di comunità tra vicini, rendere condomini e caseggiati luoghi dove è possibile coltivare il senso del noi, promuovere e sperimentare lo scambio e la condivisione, imparare a prendersi cura delle relazioni.
La cornice valoriale
I circoli che noi proponiamo si richiamano ad alcuni valori che possono essere sintetizzati come segue:
- Nessuno può essere felice da solo e, in modo particolare in questo momento, nessuno si salva da solo.
- Oggi più che in altri momenti sono richiesti impegno e partecipazione civica, affermazione dei diritti, responsabilità verso gli altri, lotta ad ogni forma di ingiustizia, di esclusione e di discriminazione.
- La cura delle relazioni fra le persone e le buone pratiche di vicinato, basate sulla cooperazione, la condivisione e le ricerca di modalità creative per stare connessi rispettando il vincolo del distanziamento sociale e per rispondere alle attuali esigenze sono fondamentali per la serenità individuale e collettiva.
- Attenzione alle fragilità, dare voce e cercare una risposta comune ai bisogni delle persone più vulnerabili.
Cos’è il Circolo BuonAbitare
Il circolo BuonAbitare è lo strumento che la nostra rete propone già da tempo, per fornire sostegno all’impegno civico e un’opportunità per farsi carico delle relazioni di vicinato. Il circolo BuonAbitare è un gruppo organizzato, formato anche da poche persone (almeno tre) che condividono questa esigenza di supporto per affrontare le difficoltà del presente e che sono interessate anche a fare qualcosa per il futuro.
Il circolo BuonAbitare si colloca sul continuum che ha ad un estremo la vita condominiale o di vicinato abituale, con le persone che vivono in modo isolato e dove il farsi gli affari propri e non darsi reciprocamente fastidio è considerato un buon risultato. Sul lato opposto c’è la vita condivisa del cohousing, la scelta consapevole e intenzionale di coabitare, nel quale la condivisione è massima.
In ogni caso i circoli sono comunità intenzionali che nascono dalla condivisione dell’esigenza di una relazionalità più ricca e più profonda. Al mutuo aiuto che le persone che compongono il circolo si scambiano si aggiunge l’impegno civico, la cura e la responsabilità per il luogo che si condivide, l’attenzione per il territorio, per i servizi, per gli altri.
Il circolo è un gruppo organizzato per agire. Ma è anche uno spazio di riflessione, di condivisione, di scambio di idee ed esperienze. È una palestra di relazioni, dove la circolarità e l’ascolto permettono di trovare anche soluzioni inedite ai problemi di ogni giorno
Metodologia di lavoro
- Il gruppo lavora con una modalità collaborativa e le decisioni dovrebbero essere prese, possibilmente, con il metodo del consenso. La partecipazione di tutti è valorizzata, così come lo sono l’inclusione, il rispetto e lo scambio dei diversi punti di vista. Le persone sono invitate ad assumersi responsabilità, a decidere insieme, nonché ad affrontare gli inevitabili conflitti, vivendoli come risorsa.
- Azione e riflessione sono due aspetti inseparabili. Il facilitatore, quando è presente, aiuta il gruppo nella gestione del processo, a negoziare le regole, a focalizzare obiettivi e azioni per perseguirli con più efficacia e consapevolezza, promuovendo relazioni positive, di scambio e confronto tra i membri del gruppo.
- La co-progettazione delle azioni che il gruppo intende intraprendere è una regola fondamentale
Da chi e in quali contesti può essere proposto/attivato un circolo BuonAbitare?
Al momento prevediamo tre possibili contesti:
- Il circolo BuonAbitare di condominio.
Vivere letteralmente sotto lo stesso tetto espone ad una sorta di vicinanza forzata che molto spesso più che un bene è considerata un problema. Attraverso il circolo è possibile ridurre i problemi e valorizzare le potenzialità della prossimità fisica. In questo caso il circolo è formato da persone che abitano nello stesso condominio e che condividono il desiderio di promuovere il benessere del posto dove abitano, avere fra loro relazioni più gratificanti, migliorare la loro qualità della vita o affrontare qualche problema specifico. - Il circolo BuonAbitare di vicinato
È possibile che persone che abitano vicine, diciamo ad una distanza che è possibile coprire a piedi, desiderino formare un gruppo. La relativa prossimità spaziale permette loro di potersi facilmente incontrare, fare cose insieme e fornirsi reciproco supporto. La prossimità spaziale è un elemento facilitante, oltre al fatto che vuol dire che le persone sono sullo stesso micro-territorio. - Il circolo BuonAbitare come COHOUSING DIFFUSO
Ci sono sempre più persone interessate a far parte di un progetto di cohousing. Non per tutti, però, questa volontà si traduce in un vero progetto di "vivere insieme”. Per i motivi più diversi, ci sono persone che vogliono/devono poter continuare a vivere a casa propria senza però rinunciare a frequentarsi periodicamente e progettare insieme un modo di vivere collaborativo.Il circolo può essere formato da queste persone che in questo modo rispondono al loro desiderio di uscire dall'isolamento, di incontrarsi con altri, condividere interessi, fare cose insieme.
Perché promuovere circoli BuonAbitare ora?
In questo momento di “distanziamento sociale”, necessario per proteggerci e proteggere gli altri e contrastare la diffusione del virus, che senso ha promuovere circoli di BuonAbitare? Se le persone devono stare a casa loro ed è bene che non si incontrino con altri, non viene a mancare la base per il circolo?
Proprio queste condizioni rendono più opportuno, se non necessario, promuovere il circolo, perché essendo un gruppo organizzato, permette alle persone di non sentirsi sole, di dare continuità alle iniziative estemporanee e agli eventi una tantum e soprattutto può sostenere e coltivare l’impegno.
Il circolo è una risorsa per le persone e uno strumento organizzativo, in questo momento con due funzioni specifiche.
- Serve all’oggi perché permette alle persone di dare/ricevere supporto e quindi affrontare insieme questo momento difficile in modo più sereno o, almeno, con meno ansia.
- È un’occasione per sperimentare un nuovo modo di vivere le relazioni di vicinato che potrà continuare dopo l’emergenza, per seminare dei cambiamenti che potranno migliorare la qualità della vita delle persone e dei loro contesti primari di appartenenza.
Al momento le relazioni all’interno del Circolo sono, ovviamente da gestire a distanza. Saranno usate piattaforme per le videochiamate, pagine facebook nonché il telefono per chi non disponesse di computer e/o collegamenti internet, le finestre e i balconi di casa.
Ci sono quindi tante buone ragioni per fare un circolo di BuonAbitare. Alcune sono più specifiche del momento attuale, altre valgono sempre.
- Creare una rete solidale di persone con cui coltivare l’amicizia e farsi reciprocamente coraggio, combattere insieme l’ansia e la paura e aiutarsi a sostenere la complessità degli eventi senza ricorrere a pericolose semplificazioni e alla ricerca del colpevole.
- Condividere le soluzioni e gli accorgimenti che via via troviamo e sperimentiamo per rendere meno faticose le restrizioni alle quali siamo esposti.
- Occuparsi di se stessi e dei propri interessi, senza perdere di vista l’ambiente nel quale ci si trova e consapevoli che ci sono anche gli altri, che dobbiamo proteggere o dai quali dobbiamo proteggerci, quindi vivere meglio insieme agli altri sentendosi più sicuri e sereni nel posto dove si abita.
- Migliorare la conoscenza fra vicini di casa, coltivare buone relazioni e rendere piacevole la vita del vicinato.
- Aiutarsi reciprocamente, mettere a disposizione competenze, consigli ma anche cose pratiche: attrezzi, utensili, etc.
- Organizzare insieme attività ricreative e culturali, di svago (es: feste, cene, etc.).
- Curare e abbellire insieme l’ambiente comune.
- Essere e sentirsi protagonisti attivi nella e della propria comunità.
- Risparmiare comprando insieme beni e servizi e/o utilizzando servizi in condivisione.
- Realizzare con gli altri ciò che non si ha la possibilità di fare da soli.
- Collaborare con le altre realtà presenti sul territorio alla cura e alla rigenerazione dei beni e degli spazi comuni.
Le possibilità di impegno di un circolo e le sue attività dipenderanno dai contesti, dalle competenze, dalla creatività e dalle passioni dei componenti.
Dal punto di vista formale il circolo può essere:
- un’aggregazione informale, riconosciuta solo dall’associazione BuonAbitare, sulla base di un patto informale fra le persone che fanno parte del circolo e l’associazione stessa. BuonAbitare APS autorizza la formazione del circolo, che rimane un’organizzazione interna dell’associazione e funziona come se fosse un suo gruppo di lavoro anche se molto autonomo dal punto di vista operativo;
- un comitato, ente, previsto dall'ordinamento giuridico italiano, che persegue uno scopo altruistico, generalmente di pubblica utilità, ad opera di una pluralità di persone;
- un’associazione senza fini di lucro(Aps, culturale, di volontariato), regolarmente costituita.
Per costituirsi formalmente come comitato o come associazione serve uno Statuto e un Atto costitutivo. In questo caso il circolo è un soggetto autonomo che funziona come qualsiasi Ente del Terzo Settore, affiliato a BuonAbitare. Se il circolo è un comitato o un’associazione formalmente costituita può chiedere il codice fiscale e partecipare a bandi per finanziare le proprie attività.
Come avviare un circolo
In questo momento il circolo può nascere o essere un’evoluzione di un gruppo WhatsApp o Facebook nato tra persone che abitano nello stesso condominio/caseggiato o nello stesso vicinato. O anche fra persone che si conoscono e che sono interessate al cohousing diffuso, indipendentemente da dove abitano. In questo caso il circolo può dare continuità ad iniziative estemporanee e ad eventi occasionali che in forma spontanea erano già stati intraprese nei diversi contesti.
Chi è interessato a costituire un circolo e far parte della rete BuonAbitare può rivolgersi, attraverso il sito del Progetto (www.buonabitare.com), a un professionista della rete BuonAbitare facendo una richiesta di assistenza che in questa fase verrà fornita gratuitamente on line.
Le persone interessate possono trovare nella rete BuonAbitare il supporto necessario. Una rete di professionisti, psicologi, sociologi e facilitatori di comunità sono disponibili a fornire indicazioni, formazione on line e materiali necessari per l’avvio del circolo e per il suo corretto funzionamento.
Il compito dei professionisti della rete è accompagnare il Circolo nella fase di costituzione, aiutarlo a definire i propri obiettivi, formare le persone coinvolte dando strumenti perché la gestione diventi sempre più autonoma, prevedendo momenti di supervisione, confronto e ridefinizione di nuovi obiettivi.
Per formare il circolo è necessario che ci siano almeno tre persone.
Per le persone che fanno parte del Circolo è previsto un breve percorso di formazione e l’iscrizione all’Associazione BuonAbitare.
L’Associazione è un Ente del Terzo Settore, fornisce un’opportunità di appartenenza e di condivisione sovra-territoriale alle persone e ai circoli, ha il compito di promuovere l’attenzione al buon abitare come fattore di benessere personale, come modalità per rigenerare capitale sociale e per sostenere forme innovative di welfare, attraverso azioni di comunicazione e di sensibilizzazione.
Ai circoli l’Associazione fornisce:
- Il logo
- una guida scritta per la costituzione e la facilitazione
- una bozza di regolamento/statuto del circolo
- formazione/consulenza/supporto/assistenza nelle varie fasi on line
- possibilità di formazione in presenza per un circolo o per più circoli
- supporto/affiancamento nella progettazione e nell’organizzazione di attività, nella ricerca di finanziamenti, nell'avvio del circolo
- costruzione di una rete dei circoli per favorire la connessione fra loro e dare visibilità alle loro attività
Inoltre i circoli BuonAbitare sono registrati sul sito dell’Associazione dove dispongono di un’area riservata e dove hanno la possibilità di pubblicare notizie di loro interesse e condividere la loro esperienza. La registrazione dei circoli sul sito permette all’Associazione di valutare la diffusione degli stessi e di impostare la strategia di supporto in termini di informazioni, documentazione e formazione.
*Elvio Raffaello Martini psicologo di comunità di BuonAbitare
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.