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Coronavirus, se l’emergenza impedisce il soccorso in mare

Nessuna nave per il soccorso in mare nel Mediterraneo dopo che è stata ordinata la quarantena per i due equipaggi di Ocean Viking di Sos Mediterranee e di Sea Watch 3 rispettivamente ferme a largo di Pozzallo e Messina. "Misura discriminatoria" scrivono le due Ong che chiedono di poter riprendere al più presto i soccorsi

di Alessandro Puglia

Nessuna nave di ricerca e soccorso in mare nel Mediterraneo. L’effetto Coronavirus si ripercuote sulle navi delle Ong dopo le misure “cautelative” imposte dal Governo italiano e applicate a seguito dei due sbarchi di migranti avvenuti domenica 23 febbraio a Pozzallo dalla nave Ocean Viking di Sos Mediterranée che aveva soccorso 272 migranti e quello di giovedì 27 febbraio al porto di Messina dalla Sea Watch con 197 persone portate a terra, nonostante le dichiarazioni del Presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci che aveva chiesto al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte di disporre la quarantena a bordo.

Nonostante tra i migranti sbarcati a Pozzallo non c’è stato alcun caso di positività al Coronavirus la quarantena è stata predisposta oltre per i migranti a terra per gli interi equipaggi delle due navi delle Ong al momento presenti nella zona Sar (ricerca e soccorso in mare) per un periodo di 14 giorni. L’equipaggio della Ocean Viking di Sos Mediterranée con a bordo nove persone del team di Medici senza frontiera è in stato di quarantena a largo di Pozzallo da ormai una settimana, per l’equipaggio della Sea Watch la quarantena è stata disposta contemporaneamente sbarco di giovedì.

«All’equipaggio è stato disposto un ordine di quarantena per un periodo di quattordici giorni, ci chiediamo come mai questa misura sia stata adottata solo nei confronti delle navi Ocean Viking e Sea Watch 3 impegnate nel soccorso in mare. Chiediamo inoltre che siano prese in considerazione le posizioni congiunte della Organizzazione mondiale della Sanità e dell’Organizzazione internazionale marittima che chiedono che si faccia di tutto per non ostacolare l’avvicendarsi delle navi nei porti» dichiara Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch.

«Noi ci rendiamo conto che l’emergenza Coronavirus in Italia c’è, è reale e rispettiamo tutte le disposizioni date dalle autorità, facciamo presente però che a fronte di questa emergenza in Italia continuano ad esserci persone che muoiono e che rischiano la vita in mezzo al mare. Noi siamo un’ambulanza del mare e speriamo di poter tornare al più presto a fare quello che è il nostro dovere di soccorritori civili. In questo momento non c’è motivo di ritenere che l’equipaggio della nave sia a rischio di aver contratto il virus, sulla nave ogni giorno vengono rilevate le temperature di tutto l’equipaggio, il team di Medici Senza Frontiere fa i controlli sanitari in accordo con le autorità italiane, la situazione è assolutamente sotto controllo, quindi rinnovo la nostra richiesta di poter tornare il mare e poter fare il nostro lavoro di soccorritori», aggiunge Alessandro Porro, soccorritore e presidente di Sos Mediterranée Italia.

C’è da chiedersi però, come fa notare il giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura, se lo stesso tipo di protocollo imposto alle navi Ong viene eseguito anche per tutte le altre navi commerciali e in particolar modo navi passeggeri che transitano nel Mediterraneo e approdano nei porti italiani.

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