Welfare

Senza (s)campo. L’accoglienza dopo il decreto Salvini

Il report “Senza (s)campo – Lo smantellamento del sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati” rappresenta il terzo lavoro di monitoraggio e analisi dell’osservatorio del Naga. “Il funzionamento del sistema di accoglienza è lo specchio della gestione del fenomeno migratorio nel nostro Paese: un mix tra razzismo istituzionale e normativo, logica emergenziale e violazione di diritti fondamentali”, dice Sabina Alasia presidente Naga

di Anna Spena

L’irrigidimento delle politiche migratorie e la gestione emergenziale dell’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati sono peggiorati inesorabilmente nel 2018 con l’approvazione del cosiddetto decreto Salvini, che costituisce solo l’ultimo atto di deterioramento definitivo del sistema. Un sistema in cui l’accoglienza, da un lato, diventa sempre più sinonimo di detenzione amministrativa e, dall’altro, lascia fuori centinaia di persone che si trovano così a vivere per strada. L’indagine dell’associazione NagaSenza (s)campo – Lo smantellamento del sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati” svolta tra gennaio 2018 e novembre 2019 è stata realizzata attraverso visite , interviste e raccolta dati dai volontari dei Naga. Un rapporto che va in profondità nel sistema di accoglienza e soprattutto della non accoglienza che restituisce una fotografia dell’esistente.

«Dopo il decreto Salvini», dice Emilia Bitossi, volontaria Naga, «l’accoglienza diventa un provvedimento accessorio, invece che parte integrante del diritto d’asilo. È negata ai richiedenti asilo la possibilità di avere la residenza, c’è un taglio netto nei servizi per chi è nei centri: si passa da 35 euro a 18 euro pro capite. Non è più previsto il supporto psicologico. Le espulsioni diventano più frequenti. 18mila persone, perlopiù giovani che lavoravano nel settore dell’accoglienza hanno perso il posto di lavoro».

Una delle conseguenze più evidenti del peggioramento è il numero crescente di persone che si trovano fuori dall’accoglienza. A Milano sarebbero almeno 2608 i senza fissa dimora secondo l’ultimo censimento disponibile risalente alla primavera 2018. I volontari e le volontarie del Naga hanno visitato nel corso della ricerca diverse tipologie di insediamenti informali (strutture coperte abbandonate, spazi all’aperto, palazzine abbandonate e giardini pubblici) per fornire un identikit delle persone fuori dal sistema di accoglienza e restituire una fotografia di queste marginalità. Le persone incontrate hanno provenienze diverse e status giuridici eterogenei: da stranieri in attesa o nell’iter di formalizzazione della richiesta di protezione internazionale, a titolari di protezione, a stranieri con permesso di soggiorno in corso di validità, a cittadini italiani. Il minimo comune denominatore sembra essere l’instabilità abitativa, la precarietà occupazionale e salariale e la quasi totale assenza di tutele.Per quanto riguarda chi si trova al di fuori dell’accoglienza, il report descrive anche le risposte istituzionali, che si concretizzano prevalentemente in interventi numericamente insufficienti a favore dei senza fissa dimora e nella pratica costante degli sgomberi senza soluzioni alternative e giustificati dalla retorica della sicurezza e del decoro.Nella parte finale, è riportata un’analisi delle notizie dei media e di alcuni siti web.

Nello svolgimento della nostra indagine, ci siamo trovati di fronte a uno scenario sempre più difficile con un abbassamento strutturale della tutela di diritti fondamentali e che va a incidere su tre dimensioni fondamentali di qualsiasi percorso di integrazione: la casa, il lavoro, i documenti”, affermano le volontarie e i volontari del Naga, “E’ necessario invertire la rotta e operare una revisione strutturale del diritto dell’immigrazione, trasformando un sistema respingente in Accoglienza vera. In questa direzione vanno le nostre proposte che mirano a incidere su livelli diversi e complementari. Chiediamo che: sia garantito un sistema di accoglienza sin dalla prima presentazione della domanda di protezione internazionale; vengano garantiti all’interno del sistema di accoglienza servizi assistenziali di base; venga uniformata l’accoglienza a un unico sistema; si ponga fine alla pratica di revocare illegittimamente le misure di accoglienza; venga attuata una politica regionale specifica per l’inserimento lavorativo dei richiedenti asilo e rifugiati; venga garantita l’assistenza sanitaria ai richiedenti asilo; vengano aboliti tutti i centri di detenzione amministrativa per migranti (CPR) e qualsiasi luogo di trattenimento forzato (come gli hotspot); i richiedenti asilo vengano iscritti all’anagrafe”, concludono le volontarie e i volontari.

Il funzionamento del sistema di accoglienza è lo specchio della gestione del fenomeno migratorio nel nostro Paese: un mix tra razzismo istituzionale e normativo, logica emergenziale e violazione di diritti fondamentali”, afferma Sabina Alasia presidente Naga, “le conseguenze non possono che essere disastrose: i diritti sono trasformati in concessioni, l’accoglienza è utilizzata come strumento di controllo ed esclusione e la povertà e l’indigenza sono diventate delle colpe”, continua la Presidente, “è quindi necessario ripensare non solo l’intera gestione dell’accoglienza e dell’immigrazione, ma l’idea di società che ci viene proposta, dove la solidarietà non ha più luogo. Nonostante questo, per quanto riguarda la gestione del fenomeno migratorio, individuiamo almeno tre provvedimenti realizzabili che potrebbero essere l’inizio di un cambiamento significativo: l’abolizione della procedura d’ingresso attraverso il decreto flussi; la regolarizzazione ordinaria dei cittadini stranieri già sul territorio che svolgano un’attività lavorativa o che abbiano concreti legami familiari; l’introduzione del permesso di soggiorno europeo. Come Naga continueremo a monitorare la situazione, a denunciare ogni violazione dei diritti fondamentali e a offrire gratuitamente ai cittadini stranieri i nostri servizi di assistenza sanitaria, sociale e legale. Fino a quando ce ne sarà bisogno”, conclude Alasia.

A questo Linkil rapporto completo

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