Non profit
I giovani rivoluzionari sbarcano Bruxelles
Hanno viaggiato per l’Europa e raccolto i desideri di centinaia di coetanei. Sono partiti da Austria, Italia, Polonia e Slovenia per raggiungere il Parlamento Europeo di Bruxelles. Sono i giovani rivoluzionari del progetto #MyRevolution, adolescenti tra i 14 e i 19 anni che chiedono un’Europa più inclusiva
di Redazione
Il racconto di Iustin, originario di Zalau, Romania, che da 7 anni vive a Bologna:
“Qual è la tua rivoluzione oggi? Quali sono le domande importanti che vorresti porre alla Commissione europea? Come credi si debba sostenere il cambiamento sociale? Per cosa vorresti impegnarti in Europa?“ Sono solo alcune delle domande su cui noi giovani rivoluzionari, oltre 300 studentesse e studenti europei tra i 14 e i 19 anni, abbiamo ragionato in questi mesi attraverso workshop, conferenze, incontri di advocacy e tavole rotonde realizzate in collaborazione con i centri giovanili. Abbiamo raccolto le proposte formulate in ogni paese e poi, durante le conferenze transnazionali di Bologna, Cracovia e Vienna, abbiamo scritto insieme il Manifesto dei Giovani dell’Europa Centrale. Lo scorso 4 dicembre, 24 di noi sono stati a Bruxelles per presentare il Manifesto durante una tavola rotonda con rappresentanti della commissione europea europea e gli Europarlamentari Piefrancesco Majorino (IT S&D), Irena Joveva (SL, Renew Europe), Sylwia Spurek (PL, S&D), Bettina Vollath (AT, S&D) e Anna Cavazzini (DE, Greens).
Ho partecipato a quest’iniziativa perché mi ha permesso di viaggiare in paesi che non ho mai visitato e perché mi sembrava molto interessante l’idea di esporre i problemi dei giovani al Parlamento Europeo, ai cosiddetti “grandi”. Con me erano presenti anche compagni e compagne del mio stesso Liceo di Bologna, come Isabella De Gregorio originaria di Santiago del Cile. “Penso che i giovani possano avere voce per ciò che riguarda la politica, l’economia e gli altri temi attuali e questa rappresenta un’occasione per farlo, essere parte del cambiamento” mi racconta Isabella.
Già dai primi incontri siamo partiti dal rispondere alla domanda “cosa vorremmo cambiare di questo mondo” e siamo tutti d’accordo quando diciamo che vorremmo cambiare il modo di pensare della massa, sensibilizzare su argomenti attuali, come ad esempio i flussi migratori e l’emergenza climatica. Specie su questa ultima tematica, ci siamo molto confrontati anche con i nostri coetanei di altri paesi.
Ad esempio Tarik, quattordicenne austriaco mi racconta che “il cambiamento climatico è la sfida più difficile e per questo ho iniziato a fare del mio meglio per avere uno stile di vita sostenibile”. Isabella, invece “vorrebbe cambiare il modo in cui i giovani vengono concepiti dalla classe politica e dagli adulti in generale, e rendere i giovani partecipi delle decisioni della società”. Dopo questo percorso, fatto di tante tappe, ci aspettiamo che l’Unione Europea prenda in considerazione almeno una parte delle nostre richieste, anche se non portasse a termine ciò che abbiamo richiesto, quantomeno aver presente che noi abbiamo espresso il nostro disagio in quanto giovani europei. In particolare, per quanto riguarda la regolamentazione dell’immigrazione e i diritti umani.
A tal proposito, Michelangelo spera che “l’Unione Europea prenda in considerazione di modificare gli Accordi di Dublino, passaggio che rappresenta la chiave per una migliore amministrazione dei flussi migratori. Spero inoltre che l’idea che abbiamo espresso di introdurre l’impossibilità di chiudere i porti per gli stati sia un messaggio forte”. Quello che mi porto a casa da quest’esperienza è un modo diverso di percepire le cose.
Questo grazie soprattutto al confronto con altre persone. Come mi racconta Hala, “non era così scontato, ma nel corso del progetto ho avuto modo di stringere nuovi legami forti, sia con i ragazzi italiani sia con giovani di altre nazionalità, dei quali ho avuto anche modo di capire meglio le prospettive. Da domani, mi piacerebbe che le persone si trattassero con più gentilezza, anche solo un sorriso in più quando giri per strada, perché essere tristi quando si può essere felici” Insomma, abbiamo avuto modo di confrontarci concretamente su tanti temi per costruire un’Europa più inclusiva e, come dice Michelangelo, “sono contento di aver preso parte ad una bella rivoluzione”
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