Welfare
L’educatrice del nido? Dovrà parlare più lingue e conoscere le nuove tecnologie
Il Consorzio Pan immagina nuovi servizi educativi per la prima infanzia, nella cornice del sistema integrato 0/6 anni. «Saranno hub per le famiglie, che diano accesso a servizi non solo educativi e mettano a disposizione anche spazi di socializzazione», dice Claudia Fiaschi. Anche lo staff dovrà avere nuove skills trasversali
Non più asili nido ma hub di servizi per le famiglie, non solo educativi ma anche sociali e di socializzazione. Dove lo staff educativo avrà skills trasversali sulle lingue e sulle nuove tecnologie, per avviare su quei temi quella stessa educazione massiccia che è già stata fatta, grazie agli asili nidi, sui temi ecologici. Il consorzio Pan festeggia i suoi primi 15 anni – nato nel 2004, composto da Gruppo Cgm, Consorzio Con.Opera e Intesa Sanpaolo, oggi ha 3.412 occupati, 14.550 posti nei nidi, 480 servizi all'infanzia, di cui 155 nati con la collabotazione del Consorzio – rilanciandosi nel futuro con una nuova offerta di servizio, da costruire con progetti pilota della durata di almeno 15 mesi. La cornice della nuova progettualità, tutta da costruire all’interno del nuovo sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a 6 anni, è stata presentata nel convegno “Investire sul futuro. Sfide, Opportunità, Pratiche”, a cui ha partecipato anche Elena Bonetti, ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia.
«Mi piace molto che si metta al centro la parola “investire” anziché assistere, perché proietta l’azione di oggi nel futuro», ha detto la ministra Elena Bonetti. «Le politiche per l’infanzia e per la famiglia non possono più essere concepite come politiche di carattere sociale, altrimenti si rischia di rispondere a un bisogno immediato senza desiderio di un miglioramento a cui tendere». In particolare gli asili nido, su cui il Governo ha deciso di mettere risorse, «è una misura che non vuole solo andare incontro alle esigenze di conciliazione delle donne, non è solo sostegno alle famiglie, ma vuole affermare il diritto all’educazione dei bambini, a cui lo Stato deve saper rispondere».
Claudia Fiaschi, vicepresidente del Consorzio Pan, ha ricordato che «a nuova progettualità ci porta la crisi demografica, la multiculturalità, un diverso modo di vivere della famiglia. Tutto ciò richiede un design del servizio accessibile per le famiglie, c’è il tema della transizione ecologica e della rivoluzione tecnologica. Al momento lo chiamiamo “orizzonte famiglia” perché pensiamo che non si debba pensare solo ai bambini 0-6 anni ma a sostenere le famiglie, come un hub per le famiglie che dia accesso a servizi non solo educativi, alle possibilità formali e informali di cura, che metta a disposizione delle famiglie anche spazi di socializzazione». È un’esigenza emersa con forza dalle stesse “famiglie Pan”, indagate da una ricerca del Centro Studi e Ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica di Milano, di cui sono stati rilasciati i primi dati: «Le famiglie vedono il nido come primo luogo di incontro e relazione con altre famiglie, relazioni così difficili e allo stesso tempo così cercate dalle famiglie», ha detto Maria Letizia Bosoni. Certamente servirà immaginare anche «misure finanziarie di accompagnamento per le strutture ma anche per le famiglie, qualcosa di analogo magari al prestito d’onore che abbiamo visto per gli studenti universitari e tanto lavoro di raccolta fondi», ha concluso Fiaschi.
Paolo Maria Grandi, presidente del Consorzio Pan e Chief Governance Officer di Intesa Sanpaolo, aprendo il convegno ha detto che «Intesa Sanpaolo sostiene il Consorzio Pan sin dalle sue origini perché è un interlocutore serio che offre una rete di servizi qualificati e diversificati per aiutare le famiglie nelle difficoltà quotidiane. Il Gruppo, anche grazie all'esperienza di Banca Prossima oggi diventata Direzione Impact di Intesa Sanpaolo, ha ereditato un modo diverso di fare banca, che consiste in numerose iniziative in ambito sociale, capillari sul territorio, e un modo di essere presenti a fronte delle esigenze delle persone. Le iniziative con il Consorzio Pan sono in continuità con questa evoluzione di Intesa Sanpaolo in una banca d’impatto». Marco Morganti, responsabile della Direzione Impact di Intesa Sanpaolo ha ricordato come «una delle belle scoperte di Pan è stato che c’è domanda al Sud, perché un’offerta depressa deprime anche la domanda. Se esiste un diritto – allo studio, alla maternità, all’educazione… – dobbiamo abilitarlo con il credito. Credo che potremo fare la differenza».
Aldo Fortunati, direttore dell’area Infanzia e Adolescenza dell’Istituto degli Innocenti, ha molto sottolineato la necessità di cogliere le sfide del sistema integrato 0/6 anni e non di pensarlo come uno 0/3+3/6. Anche perché, ha ricordato, nella scuola dell’infanzia – che oggi ha una copertura del 98,8%, con una scuola in 6.763 Comuni – avremo presto 120mila posti vuoti. «La scuola dell’infanzia è orientata all’ipertrofia, che in realtà c’è già stata ma minimizzata dal fenomeno sciagurato dell’accesso precoce nella scuola infanzia. Dobbiamo pensare lo 0/6 insieme, non costruire nuovi nidi ma pensarli in modo integrato con le scuole infanzia che stanno prendo utenza». Fortunati si è definito un «nidologo», ma nonostante ciò «non arrivo a dire che il problema della natalità si risolva con nido»: e tuttavia «questo è uno degli elementi, certamente fa la differenza la disponibilità di servizi di educazione e cura nei primissimi anni vita inteso come ricollocamento di una responsabilità sociale attorno al tema educativo, che non sta solo sulle spalle delle famiglie e delle donne ma della comunità. A quel punto però se c’è un diritto all’educazione, i diritti non possono essere a domanda individuale. Come abbiamo fatto per la scuola dell’infanzia, occorre avviare una fase di dialogo nuova per progettare la questione rette». Anche Akvile Motiejunaite, analista della rete Eurydice, nel dare un quadro della situazione su 38 Paesi e 43 sistemi educativi ha evidenziato che il sistema che si sta più affermando è quello che porta lo 0/3 e i 3/6 tutti sotto lo stesso tetto, ovviamente divisi per età, con lo stesso gruppo e gli stessi educatori da 0 a 6 anni.
«Bene il Governo rispetto alla decisione di aumentare le risorse per gli asili nido, ora però occorre dare un ulteriore slancio vero i poli 0/6 con il completamento della riforma e la messa a sistema delle risorse che interessano la fascia d’età per realizzare il potenziamento dei servizi, e superare anche disuguaglianze di accesso oltre che territoriali e sociali», ha detto Giuseppe Bruno, Presidente di Cgm. Gli asili nido gestiti da Cooperative Cgm sono circa 700 e accolgono 28.000 bambini in fascia 0-6 anni. Nelle aree interne, questi nidi hanno fatto da presidio sociale, sono stati il primo servizio utile non solo alla famiglia ma alla comunità. «Per questo riteniamo necessario far uscire i servizi educativi per l’infanzia dalla dimensione individuale per farli entrare pienamente nella sfera educativa e quindi essenziali; per raggiungere questo obiettivo è necessario creare sistemi di welfare che meglio rispondano alle esigenze delle persone, delle famiglie e dei bambini. Attraverso la rete Cgm è stato possibile uno scambio di buone prassi e la condivisione di soluzioni: sulla base dell’esperienza maturata vogliamo essere stimolo perché si giunga al riconoscimento di modelli di successo, ovviamente intesi nella loro declinazione territoriale, e perché si possa favorire l’allocazione di risorse economiche adeguate in obiettivi di sviluppo dei servizi 0-6 anni. È necessario allo stesso tempo che vi sia l’accesso a dati di prima mano rispetto ai territori in cui si opera: vi è infatti una differenza sostanziale tra la realizzazione e il mantenimento di un polo dell’infanzia 0-6 anni in una città metropolitana rispetto a farlo in aree interne spesso caratterizzate da spopolamento e chiusura dei servizi. Di fronte alla decisione presa dall’Esecutivo, ci candidiamo a offrire al Ministro Bonetti il nostro contributo reale e concreto, grazie anche alle nostre organizzazioni datoriali che ben rappresentano le istanze provenienti dal basso. È la sfida, o meglio la fase due, necessaria perché il contributo per asili gratis non resti solo un impegno ed un investimento economico infruttifero per il futuro del nostro Paese», ha concluso Bruno.
Foto Unsplash
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