Sostenibilità
L’economista Bina Agarwal: «Donne e piccoli gruppi per un modello alternativo di agricoltura»
All'Accademia nazionale dei Lincei la conferenza di Bina Agarwal, docente di Economia dello sviluppo e ambiente presso l’Università di Manchester, che nel 2017 è stata insignita del premio Balzan: «Nei Paesi in via di sviluppo lo sviluppo agricolo resta la soluzione principale che può ridurre la povertà nelle campagne»
di Anna Toro
Con i suoi studi ha messo in discussione i fondamenti tradizionali dell'economia e delle scienze sociali attraverso una innovativa prospettiva di genere, ha accresciuto la visibilità e l'empowerment delle donne in ambito rurale nel Sud del mondo, ha aperto nuove vie intellettuali e nuove prospettive politiche nei settori cruciali dello sviluppo dal punto di vista del genere. Sono questi i motivi per cui l’economista indiana Bina Agarwal, docente di Economia dello sviluppo e ambiente presso l’Università di Manchester, nel 2017 è stata insignita del premio Balzan, il prestigioso riconoscimento che la Fondazione internazionale Premio Balzan assegna annualmente a quattro persone che si sono distinte nei campi delle “lettere, scienze morali e arti" e "scienze fisiche, matematiche, naturali e medicina”.
In questi giorni la studiosa si trova per la seconda volta in Italia dove ieri ha tenuto la conferenza intitolata “Beyond Family Farming: Gendering the Collective”, organizzata a Roma dalla Fondazione insieme all’Accademia nazionale dei Lincei.
Un’occasione per raccontare di fronte a una platea composta in gran parte da giovani studenti e studentesse gli ultimi risultati raggiunti, con un anticipo di quella che sarà la prima collezione di testi e studi dell’autrice pubblicata in Italiano, in uscita a febbraio 2020 per la casa editrice Il Mulino. Presenti all’incontro anche numerose autorità, tra cui la ministra delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Teresa Bellanova, particolarmente attenta alle questioni dello sfruttamento in agricoltura e del caporalato.
Bina Agarwal ha infatti analizzato le possibili soluzioni rispetto ai problemi cui sono chiamati a far fronte gli agricoltori nel mondo, soprattutto le donne, nelle zone più povere del pianeta. “Da un lato, i piccoli agricoltori, e specialmente la crescente percentuale di donne agricoltrici, sono poveri che vivono nei Paesi in Via di Sviluppo con risorse decisamente limitate – spiega l’economista – Dall’altro, almeno per il futuro prossimo, lo sviluppo agricolo resta la soluzione principale che può ridurre la povertà nelle campagne ed assorbire la grande quantità di manodopera esistente o in fase d’ingresso sul mercato del lavoro, vista la limitata disponibilità di posti di lavoro in altri settori”. Da qui la necessità di un modello alternativo di agricoltura che coinvolga i piccoli proprietari, al di là del modello agricolo famigliare.
Agarwal lo individua nell’approccio collettivo, ovvero l’agricoltura di gruppo, “laddove piccoli agricoltori (e in particolare le donne) mettono volontariamente in comune la loro terra, forza lavoro, capitali e competenze per creare aziende di medie dimensioni (senza abbandonare i loro diritti sulle terre di proprietà) e coltivare in modo collettivo, dividendo costi e benefici”. Attraverso dati e casi di studio mostra come questi gruppi, in particolare quelli composti da sole donne, riescano ad implementare a determinate condizioni non solo il loro empowerment ma la stessa produzione a livello economico, accrescendo così la loro autonomia nelle decisioni relative al lavoro, e permettendo loro di costruirsi un’identità riconosciuta come lavoratrici agricole. Un percorso che la studiosa invita a sostenere con ogni mezzo, “migliorando sotto ogni aspetto l’accesso delle donne alla terra e alle risorse”.
Come ha sottolineato Teresa Bellanova, ministro dell'Agricoltura intervenuta alla lecture: “Come ci ricorda la FAO, nei paesi in via di sviluppo le donne costituiscono il 45% della forza lavoro agricola, dal 20% dell’America Latina al 60% in alcune zone dell'Africa e dell'Asia. Lavorano 12-13 ore in più a settimana, dovunque hanno meno probabilità di possedere la terra, e sono loro a soffrire di più la fame e la povertà alimentare. Ecco perché gli studi della professoressa Agarwal sono cruciali”.
Ed è proprio questa metodologia multidisciplinare, fatta coniugando la teoria con il lavoro sul campo, ad aver colpito la Fondazione Balzan: non a caso, gli studi di Bina Agarwal hanno avuto effetti pratici positivi per le donne anche a livello politico e normativo. “Abbiamo assegnato il premio Balzan 2017 a Bina Agarwal per gli studi di genere – spiega il presidente della Fondazione, Enrico Decleva, durante l’incontro – ma in realtà sono tre premi in uno, a cui andrebbe aggiunto quello per l’economia allo sviluppo e quello per l’umanità, la pace e la fratellanza fra i popoli”. Un premio, quest’ultimo, aggiunto più di recente, e che la Fondazione assegna ogni 4-5 anni. I quattro premi principali sono invece annuali, le cui discipline variano ogni anno, in modo da privilegiare filoni di studio e di ricerca innovativi. L'ammontare di ciascun premio è di 750 mila franchi svizzeri, corrispondenti a circa 680 mila euro, di cui la metà da destinare a progetti di ricerca, con particolare riguardo a quelli condotti da giovani studiosi e ricercatori.
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