Welfare
Conte bis, che ne sarà del reddito di cittadinanza?
Sui temi della lotta alla povertà Cinque Stelle e Pd non appaiono così distanti e potrebbero quindi lavorare insieme per migliorare la misura che presenta ancora molte criticità, specialmente nella parte di servizi gestisti dai Comuni. Il punto di partenza potrebbero essere agli aspetti positivi Reddito di inclusione, su cui l’Alleanza contro la povertà ha svolto un ampio monitoraggio nell’ultimo anno
Il neonato Governo guidato da Giuseppe Conte sarà l’Esecutivo della “svolta” che finalmente rilancerà l’Italia oppure la litigiosità che ha contraddistinto i gialloverdi si manifesterà anche coi giallorossi? Assisteremo al varo di provvedimenti condivisi utili al Paese o all’approvazione di misure “settarie” e volutamente poco incisive (se non dannose)? Arriveremo a fine legislatura o le elezioni anticipate sono già all’orizzonte?
Sono solo alcune delle domande sollevate dalla nuova compagine governativa che si è completata con la nomina di sottosegretari e viceministri. Per rispondere occorrerà aspettare e vedere se e come PD e M5S riusciranno a smussare le proprie differenze e a colmare le distanze che li separano, convergendo (almeno) su quei temi che apparentemente li accomunano. Certamente su molte questioni ci vorranno tanta pazienza e buona volontà (che peraltro da sole non garantiscono alcun risultato certo) ma su un aspetto pentastellati e democratici non appaiono poi così lontani: la scelta di sostenere e sviluppare misure che contrastino la povertà estrema e siano capaci di diminuire le diseguaglianze. A ricordarlo è stato pochi giorni fa anche il Presidente dell’INPS Salvatore Tridico che ha sostenuto come entrambi i programmi elettorali dei due partiti prevedessero “una misura di contrasto della povertà” e che il “Rei promosso dal PD, pur avendo avuto un impatto economico molto inferiore al Reddito di cittadinanza” nella sostanza “andava nella stessa direzione”.
Dopo 5 mesi il Reddito di Cittadinanza, secondo le rilevazioni di luglio dell’Osservatorio INPS, avrebbe raggiunto più di 2 milioni di persone. La parte “passiva”, monetaria, pare essere andata a regime – nel solo mese di giugno sono state erogate 809mila prestazioni con un importo medio di 477 euro – ma i punti su cui c’è ancora da lavorare, in particolare per quel che riguarda la parte “attiva” della misura, sono numerosi. Sul fronte dell’inserimento lavorativo, ad esempio proprio in questi giorni sta partendo la cosiddetta “fase 2”, che prevede che i Centri per l’impiego contattino gli oltre 700mila beneficiari “occupabili”, che potranno così essere avviati alla ricerca di un lavoro. Le Regioni hanno lavorato anche nel mese di agosto per predisporre tutto il necessario al nuovo step, ma la situazione – come dimostrano anche numerosi interventi pubblici degli assessori regionali al lavoro– appare molto confusa. Al di là dei noti problemi strutturali dei Centri per l’impiego, un grande punto di domanda è rappresentato ad esempio dai navigator, che al momento risultato presenti “a macchia di leopardo” nei CPI di molte regioni, a cui si aggiunge il caso della Regione Campania che ha rifiutato di assumere la propria quota di navigator aprendo uno spinoso contenzioso con ANPAL.
L’altro nodo riguarda quella parte dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza che saranno invece affidati ai Comuni in quanto non soddisfano i criteri per essere inviati ai CPI (disoccupazione da meno di 2 anni, essere beneficiario NASPI, ecc.). Il 23 luglio un atteso decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha finalmente approvato le Linee Guida per la definizione dei Patti per l’inclusione sociale e da alcune settimane è online la Piattaforma Gepi, necessaria ai servizi sociali degli enti locali per la gestione dei Patti e l’attuazione delle attività dedicate a chi non è in grado di intraprendere percorsi di inserimento lavorativo. Le questioni su questo fronte sono molte e riguardano ad esempio la valutazione effettiva del bisogno, che nel caso delle persone fragili deve tener conto di numerose dimensioni, non valutabili mediante meri criteri formali usati finora per smistare le persone tra Centri per l’impiego e Comuni. Le linee guida sono certamente un buon punto di partenza, ma saranno sufficienti a mettere in moto una macchina tanto complessa, che per altro riguarderà la maggioranza dei beneficiari del Reddito?
Su questo fronte ci permettiamo due riflessioni. La prima relativa alle politiche che il nuovo Governo potrebbe adottare, la seconda riguardante le persone chiamate a strutturarle e implementarle.
Per quanto riguarda il primo aspetto, per rafforzare la parte attiva del RdC dedicato alle persone fragili per le quali è difficile nell’immediato trovare un lavoro – a maggior ragione in una fase in cui procedure e percorsi debbono essere ancora definiti – è necessario fare tesoro delle esperienze che i servizi sociali dei Comuni hanno acquisito nel periodo di implementazione del Sostegno per l’Inclusione Attiva prima e del Reddito di Inclusione poi. Molti osservatori ed esperti negli ultimi mesi hanno avuto modo di esprimere giudizi sostanzialmente positivi sulle modalità operative messe in campo da molti Comuni, sia per quel che riguarda gli aspetti di governance sia per la capacità di creare nuove forme di infrastrutturazione sociale (ad esempio tramite nuove sinergie con CPI, INPS e organizzazioni del Terzo settore). Certamente, al di là delle opinioni, servirebbero dati e valutazioni più puntuali, ma il Pubblico al momento non ne dispone. Governo e INPS in merito al REI hanno ad esempio a disposizione quasi esclusivamente dati quantitativi sulle erogazioni monetarie, mentre poco o nulla possono dire dell’impatto della misura sul fronte delle politiche attive. L’INAPP si sta muovendo su questo fronte, ma i tempi per l’avvio dei lavori di analisi e la relativa valutazione non paiono brevi. In questo senso potrebbe quindi tornare molto utile il monitoraggio nazionale che l’Alleanza contro la povertà in Italia ha svolto nell’ultimo anno analizzando, tra le altre cose, platee, caratteristiche dei beneficiari, take-up e azioni messe in atto nel quadro del REI dagli ambiti sociali territoriali (a cui si aggiungono 13 casi studio relativi ad altrettanti ambiti territoriali). Un volume che raccoglie i risultati del monitoraggio sarà presentato nelle prossime settimane, e potrebbe rappresentare un punto di partenza importante per dare al Reddito di Cittadinanza l’accelerata di cui necessita, unendo la grande disponibilità economica dell’attuale misura alle best practice nel campo delle politiche di attivazione messe in campo attraverso i provvedimenti che l’hanno preceduta.
La seconda riflessione riguarda come detto le persone. L’implementazione di interventi che vadano a modificare (e si spera migliorare) il Reddito di Cittadinanza passerà necessariamente (anche) dalla volontà politica di chi guiderà il Ministero per il Lavoro e le Politiche Sociali. Il nuovo Ministro, la pentastellata Nunzia Catalfo, si autodefinisce “ideatrice” del Reddito di Cittadinanza ed è stata la prima firmataria del disegno di legge “originale” sulla misura depositato dai Cinque Stelle nel 2013. Catalfo in un certo senso è la “madrina” del provvedimento e ha certamente giocato un ruolo importante nello sviluppo seguito finora dal RdC, per cui avrà sicuramente massima attenzione anche nei prossimi mesi. Bisognerà capire se e in che misura sarà disposta a correggere le distorsioni e colmare i ritardi sopra accennati e, ovviamente, come eventualmente il PD (verso cui Catalfo ha spesso usato toni sopra le righe) proverà a influenzare le decisioni del Ministro in questo ambito. Certamente la scelta del PD per la casella di sottosegretario al Ministero di via Vittorio non indica al momento una particolare volontà di “pressing”. Il nuovo sottosegretario dem, Francesca Puglisi, nella sua attività politica e legislativa – è stata senatrice nella scorsa Legislatura – si è occupata solo marginalmente di temi legati alle politiche di welfare o del lavoro.
*Percorsi di secondo welfare
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