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I decreti vincolati del Tribunale per i Minorenni di Venezia? Una forma odiosa di discriminazione

Marco Griffini critica duramente la scelta del Tribunale per i Minorenni di Venezia, che nei decreti vincolati ha introdotto la limitazione dell'idoneità all'adozione per minori che non abbiano ancora compiuto 8 anni, «con l'obiettivo di ridurre il rischio di fallimenti adottivi». «Ma chi ha detto che le adozioni di bambini più grandi debbano per forza fallire? E con che diritto togliamo loro la speranza di essere figli?»

di Redazione

Meglio un bambino piccolo, l’adozione sarà più semplice. È una delle convinzioni dell’adozione, che non sempre però è reale. Il Tribunale per i Minorenni di Venezia però nei decreti di idoneità all’adozione emessi a partire dal 2019, ha introdotto la dicitura “adozione di un minore di nazionalità straniera che non abbia compiuto gli anni otto”, da intendersi – secondo chiarimento dato dallo stesso TM alla Commissione Adozioni Internazionali, come un bambino di età non superiore ai «7 anni e 364 giorni» di età. L’idoneità vincolata a bambini che non abbiano ancora compiuto otto anni sarebbe legata proprio all’«obiettivo di ridurre il rischio di fallimenti adottivi».

Aspra la critica di Marco Griffini, presidente di AiBi: «Ma chi ha detto che le adozioni di minori di otto anni di età o più debbano per forza fallire? Eppure, evidentemente, secondo il Tribunale per i Minorenni di Venezia ai bambini più grandi di quell’età, che già hanno dovuto sopportare la terribile ingiustizia dell’abbandono, deve essere tolta anche ogni speranza di trovare una famiglia. Siamo senza parole».

La legge 184/1983 che disciplina l’adozione all’articolo 6 fa riferimento all’età dei bambini, ma rispetto all’età degli adottanti, ossia come differenza di età tra i concreti genitori e il concreto minore adottabile. «Come fa quindi il tribunale a stabilire un criterio generale e astratto, senza riferirlo a precisi richiedenti e limitando le possibilità previste dalla legge? Una vera vergogna – prosegue Griffini – come una vergogna, del resto, è già di per sé quella dei decreti vincolati: in questo modo si tolgono speranze e opportunità a tanti minori che, negli istituti di tutto il mondo, attendono una famiglia e sperano di poter, un giorno, tornare ad essere ‘figli’. Non è forse anche questa una forma di discriminazione, peraltro odiosa perché rivolta contro chi non può difendersi?».

Nel 2018 secondo il report statistico della CAI poco meno del 69% delle coppie adottive aveva un decreto di idoneità generico, un dato lievemente più basso di quanto osservato nelle precedenti annualità. Poco meno di un quarto delle coppie erano in possesso di un decreto mirato – un provvedimento in cui si indica un certo Paese di provenienza, una specifica appartenenza etnica, il genere del minore, lo stato di salute, una particolare età, spesso compresa tra zero e tre anni, o più in generale in età prescolare, o in cui si danno alcune indicazioni più o meno specifiche. Residuale, sebbene in forte crescita nel 2018, sono state le coppie adottive in possesso di un decreto di idoneità nominativo (8%), ovvero un provvedimento nel quale viene fatta menzione a uno specifico bambino.

Foto Unsplash

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