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L’epidemia silenziosa e mortale del Fentanyl, dagli States all’Italia
È tornato alla ribalta dopo l'improvvisa morte del celebre chef Andrea Zamperoni al comando della cucina del ristorante di New York “Cipriani Dolci”. L'oppioide sintetico però non è affatto una novità nel mercato della droga. E secondo Riccardo C. Gatti, esperto di dipendenze, «ci sono alte probabilità che arrivi in modo massiccio anche qui»
È tornato alla ribalta dopo l’improvvisa morte del celebre chef Andrea Zamperoni al comando della cucina del ristorante di New York “Cipriani Dolci”. Il Fentanyl però non è affatto una novità nel mercato della droga. Prodotto sin dagli anni ’60 come anestetico e antidolorifico è presto diventato una sostanza da sballo. Oppioide sintetico potentissimo, tagliato con l’eroina, è diventato celebre in Italia nel 2016 grazie ad un servizio de Le Iene che lo definiva impropiamente “droga dell’est”.
Nel 2018 poi era il protagonista della serie Netflix “Dope” che mostra sotto una molteplice prospettiva il dilagare del terrificante fenomeno dello spaccio e del narcotraffico negli Stati Uniti.
Ne parlano in prima persona nelle interviste, montate in ritmo serrato, i criminali, i poliziotti e coloro che delle sostanze fanno uso. La seconda puntata, decisamente quella che lascia più turbati, racconta Baltimora, nel Maryland. La città è considerata la Ground Zero dell’epidemia di oppiodi sintetici negli Stati Uniti. La città, storicamente nera e povera, era l’epicentro della dipendenza da eroina. L’ingresso sul mercato del fentayl è avventuo attraverso l’eroina, causando un ondata di morti tra i dipendenti storici e inondando in breve tempo le strade per via della dipendenza fulminea che crea. I dati ufficiali parlano di una vera ecatombe da fentanyl in tutti gli States. Il farmaco infatti ha falciato 200mila persone dal 2014 ad oggi.
Ancora più dei numeri, per capire quanto sia pericolosa questa sostanza, basta pensare che nel 2017 la Drug Enforcement Agency ha emanato delle nuove linee guida sulla gestione del Fentanyl destinato alle forze dell’ordine. Si chiama “Fentanyl: A Brief Guide for First Responders”.
Non si tratta di un modo per trattare chi abbia una overdose, per questo ormai da anni gli agenti e il personale sanitario gira con il farmaco salvavita naloxone, l’unico in grado di contrastare questa droga. No, la guida è per la sicurezza personale di chi si trova a dover maneggiare la sostanza. «Non toccare le confezioni o i pacchetti senza i dispositivi di protezione individuale adeguati», si legge. La tenuta adeguata ricorda da vicino quelle usate nelle grandi epidemie infettive. Basta infatti un contatto diretto con il Fentanyl puro o una breve inalazione casuale per rischiare la vita.
Ma in Italia il Fenatlyn c’è? Ne abbiamo parlato con Riccardo C. Gatti, medico, specialista in psichiatria e psicoterapeuta ed esperto di dipendenze.
«In Italia, per quanto riguarda la diffusione di Fentanil e derivati, di produzione clandestina, siamo ancora in una situazione di incertezza», sottolinea il professore, «Il primo caso conosciuto di overdose dovuta a un analogo del Fentanil (Ocfentanyl), risale al 2017 ma è stato segnalato nel 2018 in quanto, sino ad allora, era stato considerato come un decesso collegato all’eroina». Non abbiamo dati a riguardo, spiega Gatti, perché, «i laboratori di analisi difficilmente sono attrezzati per andare oltre la ricerca delle droghe “classiche”. I 18 mesi necessari per scoprire che l’Ocfentanyl, e non l’eroina, aveva provocato un decesso, sono emblematici della situazione ed anche dei problemi tecnici oggettivi, che sono collegati alla determinazione di queste sostanze».
La presenza del Fentanyl sul mercato tuttavia è certa: «non solo perché recentemente, nei primi mesi del 2019, sono stati effettuati due sequestri emblematici: in centro Italia (Lazio) 20 grammi di un prodotto della famiglia del Fentanil da cui, vista la potenza, si sarebbero potute ricavare ventimila dosi; nel nord Italia (Lombardia) 1.3 grammi di Fentanil, bastanti per creare quasi duemila dosi. Il tutto inviato per posta». Di conseguenza per il professore «più che chiedersi se questo fenomeno esiste in Italia e quale sia la sua consistenza, sarebbe utile considerarlo, di fatto, presente».
Il fatto è che questa presenza, sottolinea Gatti che lo ha anche scritto sul suo blog droga.net, è stata certificata direttamente dal Ministero della Salute «che ha diramato una comunicazione di allerta che parla della possibilità di presenza sul territorio italiano di derivati del Fentanil e di eroina ad alta potenza».
La fobia sull’epidemia non è peregrina per il professore: «la scelta di usare fentanil non è, negli States, stata determinata dalla scelta dei consumatori ma da scelte del mercato dello spaccio. Infatti, raramente, il Fentanil è stato venduto (ed, ancor oggi, viene venduto) come tale ma sempre abbinato ad altre droghe e con nomi esotici. È altamente probabile che la stessa cosa avvenga in Italia e che anche qui si debba fare i conti con un epidemia. Le logiche del mercato delle sostanze illecite sono le stesse in tutto il mondo».
Il rischio dell’Italia oggi è la sottovalutazione del rischio. «In questi anni, l’intero “problema droga”, in generale, è stato sottovalutato ed ancora oggi è messo in evidenza solo in occasione di emergenze mediatiche ed alla connessa visibilità di luoghi ed azioni simboliche. È opportuno chiedersi se le risorse attualmente messe a disposizione del Sistema Socio-Sanitario, siano appropriate e correttamente dimensionate per combattere il possibile sviluppo di una “nuova” epidemia da uso di oppioidi e se siamo dotati dei mezzi di analisi e di osservazione adeguati per documentare le overdose da Fentanil ed il suo consumo. A mio parere, attualmente c’è, in Italia, una situazione di oggettiva, pericolosa debolezza in questo ambito». Sarebbe inoltre opportuno per Gatti «che le attività di prevenzione e di prossimità con le situazioni a rischio, già agiscano tenendo conto di questo nuovo pericolo, anche informando i potenziali consumatori della aumentata possibilità potenziale di overdose.
Ed è questo per Gatti il cuore del discorso. «La cosa che più mi preme è che le persone siano preparate. Dove può essere necessario un intervento in caso di overdose, dovrebbero essere a disposizione dosi multiple di Naloxone . Le persone a rischio di overdose da oppioidi, i loro amici ed i famigliari, dovrebbero essere addestrati all’uso del Naloxone. Le persone che usano oppiacei acquistati clandestinamente dovrebbero essere messe nella condizione di sapere che non è opportuno che li assumano in solitudine e senza la presenza di altre persone in possesso di Naloxone, capaci di usarlo in caso di overdose e di chiamare sempre e comunque soccorsi nel più breve tempo possibile. L’accesso ai servizi di cura per il trattamento della dipendenza, eventualmente con farmaci “sostitutivi” e sicuri, sotto controllo medico, dovrebbe essere facilitato al massimo», conclude. Al riguardo il prof. ha anche scritto un decalogo salvavita.
Se si assumono oppiacei di strada o comprati via Internet, presterei attenzione a questi punti:
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MAI DA SOLI (quando arriva l’overdose è difficile che lasci il tempo di chiamare soccorsi)
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MAI CONTEMPORANEAMENTE (se anche si è in compagnia, se la sostanza ha un principio attivo troppo alto, più persone possono andare in overdose contemporaneamente)
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MAI MISCHIANDO PIU’ DROGHE, ALCOLICI O FARMACI (potrebbero avere effetti sinergici aumentando la possibilità di overdose o di altri effetti pericolosi)
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MAI IN UN LUOGO DIFFICILMENTE ACCESSIBILE
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MAI IN UN LUOGO DOVE NON C’E’ UNA LINEA TELEFONICA O IL CELLULARE NON HA CAMPO
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SEMPRE IN PRESENZA DI ALTRE PERSONE CHE POSSIBILMENTE ABBIANO CON SE IL NALOXONE E LO SAPPIANO USARE PRONTAMENTE IN CASO DI OVERDOSE, IN ATTESA DELL’ARRIVO DEI SOCCORSI (esistono formulazioni di questo antidoto per le overdose che si vendono in farmacia, senza ricetta e costano pochissimo – un medico di un Servizio Dipendenze o che lavora in un Pronto Soccorso ne conosce bene l’uso e può insegnare come adoperare l’antidoto)
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SEMPRE CHIAMANDO SUBITO I SOCCORSI (112) IN CASO DI QUALUNQUE MALORE CONSEGUENTE ALL’USO DI OPPIACEI
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SEMPRE RIMANENDO IN ATTESA DEI SOCCORSI (MAI ANDARSENE O RIMANERE SOLI NEL FRATTEMPO) E DI UNA OSSERVAZIONE IN PRONTO SOCCORSO DA PARTE DI PERSONALE DI RIANIMAZIONE ESPERTO (anche se ci si sente meglio o in astinenza, per effetto del Naloxone praticato sul posto, la situazione può essere momentanea. Gli oppiacei già assunti, ancora attivi, possono provocare nuovamente il coma)
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MAI ABBANDONANDO IL PRONTO SOCCORSO PRIMA DEL TEMPO, ANCHE SE CI SI SENTE BENE
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RIFLETTENDO SULL’ACCADUTO (sopravvivere ad una overdose dovrebbe suggerire una riflessione su come evitare di ripetere l’esperienza, anche cercando gli aiuti necessari per cambiare il proprio stile di vita)
Nella foto di copertina attivisti di Bmore Power, una delle tantissime realtà sociali che si occupano del problema, distribuiscono tester per il Fentanyl e naloxone a Baltimore. Nella foto interna gli stessi volontari distribuiscono le istruzioni su come usare i kit di soccorso. Le immagini sono state scattate da Gabriella Demczuk per Vox
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