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Le ong chiedono un’indagine sulle violenze in Libia
La richiesta congiunta di Cairo Institute for Human Rights Studies, ASGI e ARCI è stata recapitata alla Commissione africana sui diritti dell’uomo e contiene anche l'auspicio che si ordini al governo di unità nazionale libico di cessare immediatamente qualsiasi abuso contro rifugiati e migranti detenuti nei centri di detenzione
di Redazione
Cairo Institute for Human Rights Studies, ASGI e ARCI hanno presentato una richiesta congiunta alla Commissione africana sui diritti dell’uomo e dei popoli affinché svolga un’indagine sulle gravi violazioni dei diritti umani che rifugiati e migranti subiscono nei centri di detenzione libici. Le tre ONG hanno anche chiesto alla Commissione, come misura provvisoria in attesa di un’indagine approfondita, di ordinare al governo di unità nazionale libico di cessare immediatamente qualsiasi abuso contro rifugiati e migranti detenuti nei centri di detenzione sparsi in varie città della Libia, tra cui Tajoura, Zawiya e Zintan.
La richiesta è il risultato della stretta collaborazione e dell’unità di intenti nata tra organizzazioni africane ed europee, ed è parte di una campagna più ampia volta a contestare le politiche illegittime di contenimento dei flussi migratori, campagna intrapresa dal Cairo Institute in cooperazione con la Libyan Platform Coalition, da ASGI attraverso il progetto Sciabaca, e da ARCI attraverso il progetto
#externalisationpolicieswatch. Altre azioni giudiziarie, già intentate di fronte a tribunali interni e internazionali, riguardano la responsabilità dell’Unione europea e di singoli Stati, in particolare dell’Italia, per atti quali la delega alla guardia costiera libica dei respingimenti di migranti in mare, e il contributo dato al sistema di campi di detenzione per stranieri in Libia.
Le accuse contenute nella richiesta sono fondate sia su informazioni pubblicamente disponibili sia su dichiarazioni di persone che si trovano attualmente detenute nei centri di Tajoura, Zawiya e Zintan. Le loro testimonianze parlano di torture, carceri che versano in condizioni disumane e dove mancano acqua, cibo, cure mediche e assistenza legale. I tre centri sono ufficialmente gestiti dal Ministero dell’Interno del governo di unità nazionale libico con base a Tripoli e riconosciuto dalla comunità internazionale. In Libia, oltre ad una rete di oltre venti centri ufficiali, vi è un numero imprecisato di luoghi di detenzione controllati direttamente da milizie armate, nei quali i migranti subiscono sistematicamente torture e altri abusi.
Le agghiaccianti violenze commesse contro gli stranieri in Libia sono state ampiamente documentate e condannate da tutte le principali agenzie internazionali, tra cui gli Alti Commissariati delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e per i Diritti Umani (OHCHR), ma anche da organizzazioni non governative del calibro di Amnesty International, Medici Senza Frontiere e Human Rights Watch.
La richiesta evidenzia molteplici violazioni di diritti fondamentali garantiti dalla Carta Africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli, tra cui il divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti (articolo5), diritto alla libertà personale e divieto di arresti arbitrari (articolo 6) e il diritto ad un equo processo (articolo 7). Le tre ONG imputano al governo di unità libico sia le violenze commesse nei centri di detenzione ufficiali, sia la mancata prevenzione o repressione di quelle commesse dalle milizie nei centri non ufficiali.
La Commissione Africana, che in questi giorni è riunita a Banjul, in Gambia, per la sua ventiseiesima sessione straordinaria, potrebbe decidere di aprire formalmente un’indagine ed eventualmente portare la situazione all’attenzione della Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli.
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