Non profit

Jovanotti e WWF, marketing o sostenibilità?

La partnership tra il tour Jova Beach Party e la onlus ha sollevato molte critiche. Alcune domande più di altre sorgono spontanee: è davvero uno modello a basso impatto quello di questi concerti in spiaggia? Per essere sostenibili non bastava fare gli spettacoli in posti dedicati? Questo matrimonio tra associazione e artista è in realtà solo un’operazione pubblicitaria win-win? Lo abbiamo chiesto al direttore generale del WWF Gaetano Benedetto.

di Lorenzo Maria Alvaro

Jova Beach Party, il tour estivo organizzato sulle spiagge italiane è al centro di molte polemiche. Ci sono stati dibattiti sulle sorti dei fratini delle spiagge riminesi, sul ruolo e sull’ipotetico sfruttamento dei volontari e sull’impatto ambientale dell’evento. Polemiche nate perché l’evento è stato costruito con l’obiettivo di rendere più popolare il tema ambientale e delle plastiche e coinvolge un’associazione grande e prestigiosa come il WWF. E forse il nodo più controverso di questa partnership sta proprio nella sua opportunità: ha senso cercare di rendere a basso impatto, grazie alla consulenza della onlus ambientalista, un evento che per sua natura è in realtà ad altissimo impatto? Lo abbiamo chiesto direttamente al direttore generale del WWF, Gaetano Benedetto.


Come è nato l’incontro tra WWF e Jovanotti?
Ci ha contattato lui, dopo essere rimasto colpito da una nostra campagna, mettendosi a disposizione per quella sulle plastiche. In quel frangente ci ha comunicato la sua intenzione di organizzare un tour estivo sulle spiagge e, data la coincidenza dell'impatto della plastica sugli ecosistemi marini, poteva essere l'occasione di divulgazione di un messaggio positivo.

Nasce così la vostra collaborazione?
Sì, ci ha chiesto se il Wwf volesse partecipare a questa serie di eventi. Quindi è bene chiarire che non è il Wwf che sta organizzando il tour, ma lui che ha aderito alla nostra campagna plastica, mettendo questo evento a disposizione sia come spazio, sia in termini di educazione e informazione ambientale, sia mettendo sé stesso come vero e proprio testimone, perché dal palco, attraverso messaggi visivi e vocali, è stato protagonista di una campagna di sensibilizzazione.

Ed è questo lo scopo? Sensibilizzare?
Sì, l’obiettivo è quello di rendere pop, giovane e più pervasivo il nostro messaggio. C'è bisogno di parlare con quelli che ancora non sono “dalla tua parte”, è un problema di linguaggio, di ingaggio, del rendere ancora più popolari la possibilità di soluzione ai temi ambientali: questo tema, infatti, dà un senso di smarrimento, si pensa di non poter fare nulla, non c'è la percezione che il tema ambientale è dato dalla sommatoria dei comportamenti individuali. Dobbiamo parlare con quelli che questo problema lo creano, il che non significa di non indicare le responsabilità delle aziende o dei Governi, ma il tema di responsabilizzazione del cittadino è un tema prioritario. L'ambiente non è solo un diritto, ma anche un dovere, esiste la responsabilità nella tutela dello stesso, quindi in questo momento avere la disponibilità di un divulgatore popolarissimo, differente dalla divulgazione scientifica, direi quasi emotivo, ci è parsa un'occasione importante, un'occasione per analizzare la possibilità di un ambientalismo più popolare, più semplice, basato sulla percezione della soluzione.

Il vostro impegno al fianco del Jova Beach Party in cosa consiste nel concreto?
Come già detto siamo intervenuti quando i contatti con le pubbliche amministrazioni erano state avviate, quindi abbiamo avanzato una serie di richieste e attenzioni per quanto riguarda la gestione del villaggio del concerto. In particolare abbiamo chiesto che non venissero considerate aree protette, utilizzate spiagge attenzionate per la nidificazione di tartarughe o la presenza del fratino. Per il villaggio abbiamo fatto un ragionamento a proposito della raccolta differenziata: un protocollo di gestione riguardo ai rifiuti differenziati che venivano raccolti, la società ha poi preso una serie di attenzioni aggiuntive incaricando una serie di aziende specializzate nella gestione. Per la parte ambientale abbiamo chiesto e ottenuto che anche laddove non strettamente necessario, in alcune aree più delicate come il Lido degli Estensi, venisse comunque fatta una valutazione di incidenza e le valutazioni fatte sono state 7 su 17 tappe, ovvero 7 su 15 località, con risposte positive da parte degli enti.

Attenzioni e impegno che non vi ha messo al riparo da molte polemiche. Per altro molte delle quali vi sono state fatte da chi “sta dalla vostra parte”, da realtà come Lipu e Legambiente…
Sì è così. Io ho grande rispetto per chi la pensa in maniera diversa, le spiagge sono sacre ma personalmente ritengo che dire che Rimini equivalga alla Dune del Circeo, proprio a livello di approccio di linguaggio, non faccia bene né all'una né all'altra cosa: creare un sistema indistinto, in cui tutto è uguale, non ti consente di avere la necessaria forza sulle cose che poi veramente contano. Ci sono questioni di principio e qualcuno le ha sollevate, ad esempio il fatto che la spiaggia, ancorché antropizzata, è comunque un elemento di naturalità che non deve essere trattato laddove ci sono alternative, tipo gli stadi, ma qui il tema è capire cosa stiamo facendo e secondo me la nostra posizione è molto chiara: il Wwf in questo momento sta dicendo che non basta più essere testimoni del nostro tempo, è necessario fare qualcosa, non mi basta più "Io l'avevo detto"

Devo darle ragione. Le polemiche sollevate fino ad oggi sono state evidentemente un po’ strumentali. Ma c’è un’obiezione a questa vostra partnership, più banale, che merita di essere affrontata: che senso ha parlare di ambiente organizzando e sostenendo una proposta che è del tutto anti ambientale?
Si spieghi meglio

Mi sembra evidente che il WWF intervenga per abbattere l’impatto di un tour che altrimenti sarebbe tutto meno che sostenibile. Per comunicare questi temi non è molto sensato andare a fare i concerti in spiaggia piuttosto che in luoghi deputati allo scopo, o sbaglio?
Però parliamo di aree antropizzate e non di aree protette, quindi aree che vedono presenti migliaia di persone in ogni caso. Io non nego che l'impatto ci sia, però è gestito, controllato, misurato e per quanto possibile viene compensato, ad esempio, col consumo energetico e col recupero di materiali. Anche rispetto al fratino devo dire che sia la stagione che la tipologia delle aree ci ha fatto pensare che la gestione fosse possibile o, citando Castel Volturno, abbiamo recuperato una spiaggia abbandonata e inquinata. Il WWF ha preteso la sorveglianza anche fuori dall'area concerto, l'area cuscinetto interdetta al pubblico, in cui si entrava solo col biglietto in mano, un meccanismo di controllo su tutti gli impatti indiretti e un meccanismo di compensazione. Quanti eventi in Italia oggi propongono la differenziata della plastica per tipo di polimero, hanno un progetto che parte dalla fonte, le bottiglie Coop in plastica riciclata, fino al riciclo del prodotto, che è già destinato a dei prodotti.

Sta dicendo che il Jova Beach Party è più sostenibile di un qualunque concerto al Forum di Assago?
No, è un paragone che non si può fare. Sono due situazioni completamente diverse. La delicatezza che pone un qualunque evento fatto al’0interno di un sistema che spazi aperti e prossimità necessità attenzioni che al Forum di Milano non ci sono

Il fatto è che da una associazione come la vostra ci si aspetterebbe una reazione più simile a quella di Reinhold Messner. Un no convinto e basta…
La risposta a Messner sta nel numero di impianti di risalita e nella loro capacità di trasporto persone oraria, nei chilometri di piste da sci e nel numero di attività ricettive che ne fanno un luogo di turismo. È una delle zone più antropizzate delle Alpi. Quando le persone vanno per un week end in montagna sono convinte di essere state in natura. Magari dopo aver sciato su neve artificiale. Non si riesce più ad avere una distinzione tra la natura incontaminata e quella artificializzata che è appunto quella delle spiagge attrezzate e delle montagne con impianti. È evidente che dobbiamo diminuire gli impatti ma è altrettanto evidente che dobbiamo educare le persone per poterlo fare. Noi siamo entrati sul Jova Beach Party intervenendo su un piano gestionale a fronte di una scelta dell’artista e del suo entourage

Quindi WWF non avrebbe organizzato in spiaggia l’evento?
WWF dimostra che sia possibile farlo bene. Ma il nostro obiettivo è sensibilizzarlo sull’uso quotidiano di quegli spazi

Jova Beach Party però comunica l’evento come “ambientale”. Non è un po’ ingannevole?
È un concerto fatto con una serie di attenzioni che mediamente non vengono usate

Anche perché mediamente i concerti non si fano in posti così sensibili…
È un tentativo importante di portare avanti una cultura che ha bisogno di tutti. Si tratta di un solo tour. Io accetto le critiche ma sono convinto della bontà della nostra scelta

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.