Mondo
Attrezzature per uso militare, altre navi cargo saudite in arrivo a Genova
Settimana scorsa la Bahri Yanbu è ripartita dal porto di Genova senza aver caricato i materiali militari italiani destinati ai sauditi. Il materiale bloccato però è ancora lì e altre navi cargo saudite sono in arrivo. Le associazioni della società civile: «Necessario mantenere alta l'attenzione. Chiediamo al governo italiano di sospendere l’invio di ogni tipo di materiali d’armamento alla coalizione miliare capeggiata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti che da più di quattro anni è intervenuta nel conflitto in Yemen utilizzando anche bombe aeree di fabbricazione italiana per effettuare bombardamenti indiscriminati»
di Redazione
La nave cargo Bahri Yanbu è partita martedì scorso dal porto di Genova senza aver caricato i materiali militari italiani destinati ai sauditi. Una vittoria dovuta alla appassionata mobilitazione dei lavoratori portuali. Ora però altre navi simili della stessa compagnia sono in arrivo: «occorre mantenere alta l’attenzione nei porti liguri e anzi estenderla a tutti i porti e aeroporti, soprattutto a Cagliari dove da anni vengono caricate le bombe della RWM Italia destinate alla coalizione guidata dall'Arabia Saudita», affermano Amnesty International Italia, Comitato per la riconversione RWM e il lavoro sostenibile, Movimento dei Focolari Italia, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo, Save the Children Italia.
Il materiale bloccato settimana scorsa a Genova è ancora nel porto ligure. Si tratta – fanno sapere le citate associazioni della società civile – «di un’ampia serie di generatori elettrici: l’azienda Teknel di Roma nel 2018 ha ricevuto, per la prima volta, l’autorizzazione a esportare all’Arabia Saudita 18 gruppi elettrogeni TK 13046 del valore quasi 8 milioni di euro utilizzati per alimentare shelter di comunicazione, comando e controllo in grado di gestire anche droni, comunicazioni e centri di comando aereo e terrestre. Dalle foto di cui l’Osservatorio OPAL Brescia è in possesso, sulle placche identificative dei generatori Teknel rimasti a terra a Genova è ben visibile il destinatario finale: “Ministry of National Guard Saudi Arabia”, Project name: “SMTS” che sta per Space Missile and Tracking System. Si tratta pertanto di materiale ad uso militare e questo confuta ogni dubito rispetto all’utilizzo finale di queste attrezzature, che non è quindi per uso civile. Ad ulteriore conferma di ciò, l’autorizzazione all’esportazione verso l’Arabia Saudita risulta anche nella relazione annuale del Governo al Parlamento sull’export di materiali ad uso militare nel 2018».
La flotta della monarchia saudita è composta da sei navi-cargo che percorrono la medesima rotta dai porti canadesi e statunitensi a quelli britannici e nel Mediterraneo, più o meno ogni due settimane. A Genova sono prossimamente previsti gli arrivi della Bahri Tabuk (dopo il 28 maggio), Bahri Jazan (21 giugno), Bahri Jeddah (13 luglio), Bahri Abha (3 agosto) e Bahri Hofuf (23 agosto). «Come nel caso della Bahri Yabu, prima di Genova, tutte toccheranno i grandi terminal militari degli Stati Uniti e del Canada dove imbarcheranno sistemi militari e armamenti. In numerose occasioni nel 2018 e nel febbraio 2019 nelle stive delle navi Bahri sono stati individuati armamenti pesanti tra cui numerosi esemplari di “Gurkha” (Armoured rapid patrol vehicle prodotto da Terradyne Inc., Florida), “MaxxPro” (veicoli blindati prodotte da Navistar, Illinois, uno dei maggiori contractors del Pentagono), LAV-25 (Light armoured vehicles, cioè blindati gommati 8×8 prodotti da General Dynamics Land System Canada), carri armati leggeri, trailer con antenne satellitari, ecc. Per questo riteniamo indispensabile continuare a monitorare questi cargo insieme alle altre associazioni della società civile europea e intensificare i preziosi rapporti con i lavoratori portuali degli scali liguri e con i loro sindacati di rappresentanza affinché non vengano caricati su queste navi sistemi militari e armamenti che possono venire utilizzati dalle forze armate saudite o emiratine nel conflitto in Yemen».
Queste le richieste della società civile:
- Chiediamo al governo italiano di sospendere l’invio di ogni tipo di materiali d’armamento alla coalizione miliare capeggiata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti che da più di quattro anni è intervenuta nel conflitto in Yemen utilizzando anche bombe aeree di fabbricazione italiana per effettuare bombardamenti indiscriminati che gli esperti delle Nazioni Unite hanno definito come «crimini di guerra». Queste esportazioni sono in totale contrasto con la legge 185/1990 e col Trattato internazionale sul commercio delle armi (ATT) ratificato dal nostro Paese.
- Chiediamo al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di dare prontamente attuazione alla sua dichiarazione del 28 dicembre scorso in cui – davanti alla stampa nazionale e internazionale – ha affermato che «il governo italiano è contrario alla vendita di armi all’Arabia Saudita per il ruolo che sta svolgendo nella guerra in Yemen. Adesso si tratta solamente di formalizzare questa posizione e di trarne delle conseguenze». Di farsi pertanto promotore, presso i paesi dell’Unione europea, di un’istanza di embargo o almeno di sospensione di forniture di armamenti e sistemi militari nei confronti dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti così come richiesto da numerose risoluzioni votate ad ampia maggioranza nel parlamento europeo.
- Chiediamo al Parlamento di farsi carico del problema delle forniture di armi italiane nelle zone di conflitto, in particolare per quanto riguarda la guerra in corso in Yemen. In questo senso chiediamo che sia finalmente calendarizzato e affrontato il dibattito in Commissione Esteri alla Camera fermo ormai da troppi mesi pur in presenza di alcuni testi di Risoluzione già formalmente presentati.
- Ai lavoratori portuali e aereoportuali chiediamo di mantenere alta l’attenzione su tutti i materiali di tipo militare destinati a Paesi esteri che possono essere utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto umanitario e delle convenzioni internazionali sancite dall’Italia. Di rifiutarsi di offrire il proprio lavoro per effettuare trasbordi di questi materiali militari, in particolare di quelli destinati alle forze armate dei Paesi impegnati nel conflitto in Yemen.
- Chiediamo ai loro sindacati di predisporre le misure necessarie affinché i lavoratori che non intendono offrire il loro lavoro, siano pienamente tutelati.
- A tutte le associazioni della società civile chiediamo di manifestare la propria adesione a queste richieste e di coordinarsi con le nostre associazioni che hanno ripetutamente chiesto ai precedenti Governi e all’attuale Governo Conte di sospendere l’invio di sistemi militari all’Arabia Saudita.
Il presente comunicato è a firma di Amnesty International Italia, Comitato per la riconversione RWM e il lavoro sostenibile, Movimento dei Focolari Italia, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo, Save the Children Italia.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.