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Cassazione su utero in affitto: nessuna trascrizione in Italia per il “secondo papà”

Torino, Roma, Catania, Napoli... diversi i Comuni che nei mesi scorsi hanno trascritto certificati di nascita rilasciati da un Paese estero, riconoscendo così genitori di bimbi nati con la maternità surrogata anche la persona della coppia che non ha legame biologico con il bambino. Ora la sentenza della Corte di Cassazione dice stop

di Redazione

La Corte di Cassazione ha deciso che “non può essere trascritto nei registri dello stato civile italiano il provvedimento di un giudice straniero con cui è stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all'estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed un soggetto che non abbia con lo stesso alcun rapporto biologico». Nessun riconoscimento quindi per i “genitore d'intenzione” che vanno all’estero per ricorrere al cosiddetto “utero in affitto”, vietato in Italia.

«Accogliamo con favore la notizia. La pratica dell’utero in affitto di fatto permette la compravendita di bambini nonostante i milioni di minori abbandonati che, in tutto il mondo, attendono di essere adottati da una mamma e da un papà», commenta il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini. Poiché «sembra che i sindaci che hanno precorso i tempi dovranno rispondere», continua Griffini, «ritengo che dovrebbero essere chiamati a risarcire anche quei conduttori televisivi che hanno invitato con gran squilli di tromba quei politici che si sono vantati di aver fatto uso di utero in affitto». Consistente l'elenco di città che nei mesi scorsi avevano deciso favorevoleme te per la trascrizione: Torino, Roma, Catania, Napoli, Gabicce Mare (Pesaro), Crema (Cremona)… mentre a Milano è stata polemica accesa.

A completamento di questa «importante vittoria di civiltà», prosegue Griffini, bisogna ora «assolutamente rilanciare il concetto di adozione, in modo particolare quello di adozione internazionale, che dopo gli anni tremendi della presidenza della Commissione Adozioni Internazionali di Silvia Della Monica sta vivendo il momento peggiore della sua storia. Occorre una urgente riforma, imperniata in particolare sul passaggio dalla cultura della selezione delle coppie, che culmina nel mantenimento della idoneità in capo ai tribunali dei minori, a quella dell’accompagnamento nel percorso dell’adozione».

La Cassazione ha fondato la decisione sulla «tutela di valori fondamentali, quali la dignità umana della gestante e l'istituto dell'adozione […] non irragionevolmente ritenuti prevalenti sull'interesse del minore, nell'ambito di un bilanciamento effettuato direttamente dal legislatore, al quale il giudice non può sostituire la propria valutazione». Tale tutela però, precisa la Cassazione «non esclude la possibilità di conferire rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l'adozione in casi particolari, prevista dall'art. 44, comma primo, lett. d), della legge n. 184 del 1983». Articolo 44, comma primo lettera d) a cui pertanto potranno evidentemente fare riferimento anche le coppie dello stesso sesso. A questo link, il testo completo della sentenza 12193 dell'8 maggio 2019.

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