Welfare
Decreto sicurezza: c’è un giudice a Bologna
Residenza a migranti, il Tribunale di Bologna obbliga il Comune a concedere la residenza a due richiedenti asilo, non iscritti all'anagrafe in virtù del cosiddetto decreto Salvini. E lui: "Sentenza vergognosa, se qualche giudice vuole fare politica e cambiare le leggi per aiutare gli immigrati, lasci il Tribunale e si candidi con la sinistra”.
di Redazione
La sezione civile del Tribunale di Bologna ha imposto al Comune di iscrivere nella propria anagrafe due richiedenti asilo che avevano fatto ricorso – uno presentato da Avvocati di Strada, l’altro dall’Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) – contro il diniego stabilito sulla base del cosiddetto ‘decreto Salvini‘. A dare la notizia è stato lo stesso sindaco Virginio Merola (Pd) con un post sul suo profilo Facebook: “Saluto questa sentenza con soddisfazione, il Comune la applicherà senza opporsi. "La norma sull'iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo è illegittima e la magistratura è indipendente. Un ministro fa ricorso ma non minaccia i giudici di essere di parte. Io rispetto la legge e applicherò la sentenza. Faccia bene i suoi provvedimenti invece di fare propaganda"”
"Sentenza vergognosa, se qualche giudice vuole fare politica e cambiare le leggi per aiutare gli immigrati, lasci il Tribunale e si candidi con la sinistra. Ovviamente faremo ricorso contro questa sentenza, intanto invito tutti i Sindaci a rispettare (come ovvio) la Legge". Lo dice il ministro dell'Interno Matteo Salvini , commentando la sentenza.
"Questa interpretazione – scrive la giudice Matilde Betti nella sentenza – offre una lettura della norma coerente col quadro normativo costituzionale e comunitario, altrimenti di dubbia tenuta". Ma non solo. Negare la residenza, rileva ancora la giudice, rende "ingiustificatamente più gravoso" l’esercizio di tutta una serie di diritti da parte dei richiedenti asilo. Senza un documento di identità – per esempio – è difficile non solo avere un medico di base, ma anche prendere la patente, iscriversi a un corso professionale o, banalmente, aprire un conto in banca e quindi lavorare, dal momento che lo stipendio viene versato su conto corrente.
In sintesi, la giudice non concede il permesso di soggiorno ma sostiene che in attesa di una decisione su questo fronte, il richiedente asilo soggiorni un tempo sufficiente perché gli sia concessa l'iscrizione all'anagrafe necessaria a ottenere i suoi diritti costituzionali.
"L'art.2 della Costituzione – si legge nell'ordinanza – riconosce i diritti inviolabili della persona e l'art.2 T.U. 286/98 prevede che allo straniero presente nel territorio sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme del diritto interno, dalle convenzioni internazionali e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti. (…) La legittimazione al soggiorno data dal permesso per richiesta asilo non è episodica né di breve durata. Il requisito dell'abitualità della dimora necessaria per ottenere la iscrizione nei registri di residenza ne parametra la durata ad almeno un trimestre nel centro di accoglienza. La permanenza sul territorio per il tempo necessario alla decisione sulla richiesta asilo è ben più lunga. (…) Durante questo periodo non breve, in cui lo straniero è regolarmente soggiornante, il suo diritto alla iscrizione anagrafica a parità di condizioni col cittadino corrisponde direttamente all'interesse dei privati ad ottenere le certificazioni anagrafiche ad essi necessarie per l'esercizio dei diritti civili e politici (Cass.SS:UU 449/00). Nel rispetto degli arti.2 e 10 Costituzione, non può quindi prevedersi una discriminazione nei confronti dei richiedenti asilo regolarmente soggiornanti che limiti il diritto alla iscrizione anagrafica"
La giudice ha accolto i ricorsi di due migranti, difesi dagli avvocati Nazzarena Zorzella e Antonio Mumolo. "In un momento di estremo imbarbarimento – esulta Mumolo – in cui si vuole dividere in cittadini di serie A e di serie B, ecco una sentenza che dà certezza ai valori garantiti dalla nostra costituzione. Indipendentemente da quanto scritto dal ministro dell’Interno". Mumolo ne è certo: "Ci saranno centinaia di iscrizioni, se i sindaci la rifiutano i richiedenti saranno costretti a fare ricorso, ma ormai in materia c'è una giurisprudenza consolidata". E l'avvocato di strada è pronto: "Abbiamo dato mandato a tutti i 54 sportelli presenti in Italia ad accompagnare di persona i richiedenti asilo negli uffici dell'anagrafe e a far partire il ricorso nel caso di rifiuto".
Per Salvini il permesso di soggiorno non costituisce un titolo valido per ottenere la residenza? Secondo l’interpretazione del tribunale di Bologna, spiega Zorzella, "per ottenere la residenza è sufficiente dimostrare la regolarità del proprio soggiorno" . In altre parole, ad essere cancellato dall’articolo 13 del decreto Salvini è solo l’automatismo previsto dalla legislazione precedente, che permetteva al responsabile dei centri di accoglienza di richiedere l’iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo.
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