Welfare

Welfare&impresa: sulle note di un Paese che riparte

Un carotaggio di quattro anni alla ricerca dei territori operosi che stanno ricucendo il tessuto sociale ed economico del nostro Paese. Ripercorriamo le tappe del Grande Viaggio Insieme promosso da Conad. Da Modica a Trieste passando per Lecce, Gubbio e Brescia. Sono 22 le tappe degli ultimi 18 mesi del Grande Viaggio Insieme che hanno messo in scena i veri motori dello sviluppo locale

di Redazione


Sono 1.565,8 i chilometri che separano Modica da Trieste. Per coprirli Conad ha impiegato circa un anno e mezzo, dalla primavera 2017 a dicembre 2018. E lo ha fatto in 22 tappe nelle ultime due edizioni del Grande Viaggio Insieme, l’iniziativa che dal 2015 porta lo storico consorzio cooperativo della grande distribuzione in giro per lo Stivale.

Siracusa, Modica, Palermo, Lecce, Sassari, Cagliari, Frosinone, Civitavecchia, Gubbio, Spoleto, San Benedetto del Tronto, Porto San Giorgio, Fano, Cesena, Carpi, Piacenza, Sanremo, Vigevano, Brescia, Biella e appunto Trieste: queste dunque le tappe dell’ultimo anno e mezzo on the road, a cui si aggiunge Tirana, in Albania. Obiettivo: sondare i territori e connettersi alle comunità. Dal patrimonio di relazioni e conoscenze è nato un saggio originale che ha il merito di alzare il sipario su meccanismi di sviluppo locale che generalmente rimangono estranei al dibattito pubblico. E che invece meritano di essere conosciuti ed analizzati per non finire nel vicolo cieco di un’Italia perennemente in affanno di fronte alle crisi e alla globalizzazione.

A firmare “Tessiture sociali” sono il sociologo “territorialista” fondatore di Aaster Aldo Bonomi e l’amministratore delegato di Conad, Francesco Pugliese. Scrivono i due autori: «La ricostruzione del senso dell’evoluzione dei luoghi è stata effettuata sulla base del racconto offerto da un set di attori locali rappresentativo della scena economica, sociale, culturale e istituzionale. Sono quindi gli attori locali ad avere fornito la materia prima di questo lavoro, attraverso interviste in profondità che hanno permesso di ricostruire le vicende particolari che hanno dato sostanza al paradigma interpretativo flussi-luoghi. La grande disponibilità di tali attori e la qualità del loro racconto rappresentano due tra gli ingredienti fondamentali dell’impasto dal quale è scaturito questo libro, ma soprattutto hanno rappresentato un momento di animazione funzionale alla mise en scène della comunità locale in momenti pubblici di auto-rappresentazione, di auto-riflessione e di coscientizzazione collettiva». Cosa ne emerso? Per averne un assaggio e a titolo meramente esemplificativo e necessariamente sintetico in questa sede riannodiamo i fili di tre delle tappe di Tessi- ture Sociali, una al sud (Lecce), una al centro (Gubbio) e una al nord (Brescia).

La polvere del Salento

Oggi per il Salento la “diffusione territoriale” di alcune fenomenologie e caratteristiche deve intendersi quale elemento distintivo. Lecce infatti non può considerar- si un polo metropolitano per la sua limitata dimensione (poco più di 95mila abitanti); 97 sono i Comuni-polvere presenti nel tacco d’Italia e questo fa sì che centrale continui a rimanere la dimensione comunitaria del paese e dello spazio territoriale inteso in senso più ampio. Sono tre gli elementi chiave del modello salentino che sta emergendo dal dissolvimento del distretto del Tac (tessile-abbigliamento-calzaturiero) e del piccolo commercio diffuso. Il primo è la riscoperta delle tradizioni lo- cali e del patrimonio culturale nell’ottica di un turismo cool dal punto di vista del coinvolgimento emotivo ed esperienziale grazie all’operazione Grande Salento, alla Notte della Taranta e al progetto Urban a Lecce città. Il territorio jonico salentino, malgrado la “macchia” del caporalato infatti non può poi non definirsi terra dell’accoglienza per l’atteggiamento inclusivo orientato alla cura dei migranti. A ciò ha contribuito sicuramente una politica di governo dei flussi focalizzata prevalentemente sui piccoli gruppi distribuiti nei vari Comuni-polvere. Il terzo fenomeno chiave è quello del ritorno alla terra (spesso in forma cooperativistica dei giovani) alla ricerca di un altro modo possibile di produrre, vendere e consumare, centrato sulla prossimità e sulla simultaneità.

Gubbio, nel cuore dell’Italia di mezzo


Gubbio è sul confine tra Marche e Umbria, e la sua storia sembra riflettere una sorta di isolamento – oggi in larga parte risolto – dato anche da una viabilità e una mancanza di infrastrutture che ne hanno rafforzato e consolidato tracciati sociali, culturali, economici. L’immenso patrimonio tangibile e intangibile di icone laiche e religiose, tradizioni, culture e conoscenze fa di Gubbio una città unica nel panorama italiano, con un excursus negli immaginari dentro un’estensione di 525 chilometri quadrati che la rende il Comune più grande dell’Umbria, il settimo più grande d’Italia. È questo l’oro di Gubbio, così come lo definisce il sindaco, che ha permesso alla città di superare e il terremoto e la crisi dei cementifici. Le attuali trasformazioni mostrano la ricca infrastruttura di relazioni che rimanda all’associazionismo – culturale, sportivo, sociale –, alla rete del volontariato, al Terzo settore, e che costituisce l’architrave della comunità, un sistema capillare di prossimità che incrocia la tradizione dei ceri e rappresenta una certezza di inclusione e appartenenza alla comunità eugubina.

La presenza della Chiesa nelle sue varie espressioni di vicinanza e un’economia che considera il welfare aziendale parte della responsabilità sociale d’impresa completano l’offerta dentro un territorio segnato dall’inevitabile invecchiamento e da una congiuntura economica che ha mandato in crisi le certezze di generazioni, in primis la città/fabbrica del fabrianese riferita al distretto del bianco e all’esperienza del Gruppo Merloni.

Il ritorno di Brescia

A cavallo dei due millenni hanno cambiato il volto della città: oggi Brescia e il suo territorio si interrogano se l’eredità di una comunità di civismo operoso basti per reggere le grandi trasformazioni del mondo globale e sia in grado di germinare nuovi sentieri di sviluppo inclusivo. A detta di un autorevole commentatore, protagonista della vita della città per lungo tempo e intervistato per il Grande Viaggio Insieme, Brescia è in grado di uscire dall’appannamento proprio facendo leva su questo capitale, ma aprendosi e differenziando le strade dello sviluppo: per usare le sue parole, oggi «Brescia ritorna». Quali sono dunque i nuovi percorsi evolutivi lungo i quali la città può attualizzare e rilanciare questa sua capacità storica di risposta e adattamento alle sfide? La ripartenza scatta dal Dna manifatturiero della grande impresa e delle valli dei tondini, dei rubinetti e degli acciai speciali con 400-500 medie imprese ristrutturate e innovative che competono nell’internazionalizzazione. E poi? E poi da un agroalimentare di eccellenza (dal Grana Padano ai tanti prodotti tipici e tradizionali della Franciacorta), da un turismo di lago (quello di Garda) dai grandi numeri (7 milioni di presenze) e da un’economia della cultura fatta di mostre (a Santa Giulia o sul lago d’Iseo con l’installazione artistica di Christo che ha portato 1,2 milioni di visitatori). E infine da un modello di welfare di comunità pubblico-privato che, seppur con qualche problema, tiene e lavora per l’integrazione di quel 20% di abitanti nati all’estero.


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