Politica
Torna la tassa sulle rimesse
Dal primo di gennaio 2019 saranno tassati con un’aliquota dell’1,5%, per ogni singola operazione, tutti i trasferimenti di denaro verso i paesi extra Ue, a partire da importi minimi superiori a 10 euro. Il rischio è l'aumento delle transazioni informali e quindi illegali. Intanto però nessuno parla più della Tassa sulle Transazioni Finanziarie
Non c’è dubbio, questa faccenda di mettere la tassa alle rimesse di denaro dei migranti resta un pallino della Lega.
Già nel 2011 l’allora Lega Nord pensò bene di imporre una tassa sui trasferimenti di denaro all’estero, in quel caso fu del 2% e riguardava gli stranieri privi di codice fiscale e di matricola Inps.
Evidentemente, all’epoca, si era convinti che i migranti irregolari (perché coloro che non possiedono questi due elementi sono tali) si trasformavano in regolari per spedire i soldi ai familiari rimasti nel paese di origine extra Ue e, quindi, si recavano tranquillamente dal money transfer.
Peccato che con il pacchetto sicurezza del 2009, l’operatore dell’agenzia di money transfer aveva l’obbligo, tra l’altro, di acquisire e conservare una copia del permesso di soggiorno del migrante che predisponeva il trasferimento di denaro. Ergo, chi era irregolare rimaneva tale.
Il balzello durò qualche mese e non risollevò le finanze italiane. Dopodiché il governo Monti lo abrogò anche perché l’Italia aveva assunto, a partire dal G8 dell’Aquila del luglio 2009, degli impegni sul fronte della riduzione del costo delle rimesse e quindi, aggravarlo con una tassa, non era certo il massimo della coerenza.
Questo il trascorso. Adesso con il via libera della Commissione Finanze del Senato al decreto legge fiscale ecco di nuovo la tassa sulle rimesse.
Dal primo di gennaio 2019 saranno tassati con un’aliquota dell’1,5%, per ogni singola operazione, tutti i trasferimenti di denaro verso i paesi extra Ue, a partire da un importi minimo superiore a 10 euro.
Le modalità di riscossione e versamento dell’imposta saranno definite dal Ministero dell’Economia, d’intesa con l’agenzia delle Entrate e sentita la Banca d’Italia.
Dalle notizie diffuse viene precisato che le transazioni commerciali sono escluse dal procedimento, in realtà una transazione commerciale difficilmente viene regolata per mezzo di un money transfer, mentre sembra che anche le rimesse fatte tramite correspondent banking, cioè quelle su conti correnti bancari e postali siano soggette all’aliquota.
Dall’analisi fatta sui dati di Banca d’Italia, secondo la quale le rimesse tramite money transfer verso i paesi extra Ue ammontano mediamente a 4,2 miliardi di euro all’anno, il valore derivante dalla nuova imposta si aggirerebbe sui 63 milioni di euro a partire dal 2019.
Sarà così? O forse aumenteranno le rimesse illegali, cioè quelle effettuate per i canali informali che sfuggono a qualsiasi controllo?
Un fatto certo però c'è: si tratta dell'enesima tassa che va a colpire l'economia reale. Mentre in qualche cassetto a Roma giace ancora una proposta di Tassazione sulle Transazioni Finanziarie che invece non ha mai visto la luce.
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