Politica
Decreto Sicurezza, beni confiscati: il Parlamento faccia un passo indietro
«La vendita ai privati è un errore grave», sottolinea Davide Pati, membro della presidenza Nazionale di Libera, «bisogna correggere la legge, il rischio è che i mafiosi riacquistino i propri beni». L’intervista
Oggi Libera insieme ad Arci, Acli, Legambiente, Cigl, Cisl, Uil e Anpi, ha dato vita ad un presidio a Roma, in piazza Santi Apostoli, per contestare il testo del Decreto Sicurezza. In particolare per le associazioni è molto grave l’introduzione della vendita dei beni confiscati, anche alla mafia, contenuta nel testo che si appresta ad essere approvato domani con la fiducia. L’intervista a Davide Pati, membro della presidenza Nazionale di Libera.
Perché siete contrari a questo Decreto in particolare sulla questione dei beni confiscati?
Perché introduce per la prima volta in Italia dall’approvazione della legge Rognoni-La Torre del 1992 la vendita dei beni immobili confiscati ai privati, anche ai mafiosi. Una novità su cui noi abbiamo espresso forti preoccupazioni
Perché è preoccupante la vendita ai privati?
Per due ordini di ragioni. La prima è che si dà un messaggio culturale che va in direzione opposta a quella che è stata l’esperienza italiana fin qui, con il riutilizzo per finalità pubbliche dei beni che ha prodotto importanti risultati al netto delle difficoltà. In secondo luogo c’è il concreto rischio che, senza cautele e vincoli stringenti, questi beni possano tornare nelle mani dei mafiosi
Cautele e vincoli che non sono previsti?
Si prevede un generico riferimento all’informativa antimafia che i magistrati della Procura Nazionale Antimafia hanno chiarito non essere bastevole per escludere il rischio.
È però vero che in diversi casi la destinazione di questi beni ha vissuto grandi criticità…
È vero. Ma queste difficoltà non sono tali da non permettere di usare quei beni per finalità sociali. L’esperienza ci ha insegnato che quando si è lavorato insieme istituzioni, enti locali e società civile le criticità sono sempre state superate. Che si tratti di problematiche strutturali, procedurali o di coinvolgimento della comunità locale non si possono usare come scusa.
Cosa avete chiesto con il presidio di oggi?
Che i parlamentari si fermino. Non votino questa legge. Anche alla luce del fatto che il Governo ha deciso di approvare con la fiducia questo decreto avendo interrotto il dibattito parlamentare e il confronto con la società civile. Bisogna correggere le criticità.
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