Politica

Analisi del nuovo capitolato per la gestione dei Centri di accoglienza. Regalo al business e al malaffare

Analisi, voce per voce e cifra per cifra, del nuovo schema di Capitolato per la gestione dei centri di accoglienza presentato ieri dal Ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Un provvedimento che di nuovo porta soltanto tagli pesanti a tutti i servizi alla persona, a partire da quelli per l’integrazione che letteralmente spariscono

di Redazione

Dopo aver studiato nel dettaglio i bandi di gara pubblicati da tutte le Prefetture italiane per l’apertura e la gestione dei Centri di Accoglienza Straordinaria, In Migrazione analizza nel dettaglio il nuovo schema di Capitolato per la gestione dei centri di accoglienza presentato ieri dal Ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Un provvedimento che di nuovo porta soltanto tagli pesanti a tutti i servizi alla persona, a partire da quelli per l’integrazione che letteralmente spariscono. Una forte diminuzione delle prestazioni richieste al privato che si candiderà a gestire i Centri di Accoglienza anche sul supporto ai più vulnerabili (soprattutto casi psichiatrici e con problematiche psicologiche), al controllo e l’assistenza sanitaria e al presidio delle strutture. “Un provvedimento – spiega Simone Andreotti, presidente In Migrazioneche appare esclusivamente e ossessivamente incentrato sul tagliare i famosi 35 Euro, abdicando alla necessità di riformare il malandato sistema di prima accoglienza Italiano. Voci di costo tagliate che comportano un complessivo peggioramento della situazione, con possibili effetti gravi, tanto sui richiedenti asilo accolti, quanto sulla comunità ospitante”.

I tagli previsti dalle nuove linee guida riguardano infatti esclusivamente costi legati all’erogazione di servizi (integrazione, vulnerabilità, presidio della struttura, sanità) garantiti con l’impiego di risorse umane, ovvero di figure professionali specializzate. Un’occupazione principalmente giovanile che dal Sud al Nord del Paese era stimata in oltre 36.000 posti di lavoro qualificati. Con le nuove linee guida del Ministero dell’Interno e il taglio ai servizi e alle dotazioni minime di personale richieste, si arriva al rischio di perdere la metà di questi posti di lavoro, ovvero di generare almeno 18.000 nuovi disoccupati. “Il presunto risparmio (usato come copertura per la discussa Legge finanziaria – dichiara Simone Andreotti – viene di fatto semplicemente spostato dal Ministero dell’Interno al Ministero del Lavoro, che dovrà spendere fondi per le misure di sostegno al reddito e per la disoccupazione di coloro che perderanno il lavoro”.
Ma alto sarà anche il prezzo per le Amministrazioni Comunali, che vedranno impennarsi i costi di servizi sociali e sicurezza per persone accolte nei C.A.S. senza alcun servizio per l’integrazione.

In presenza di nuovi bandi pubblici con pro die pro capite tagliati (con una forbice compresa tra i 19 e i 26 Euro a persona accolta al giorno) molti gestori privati che lavorano sulla qualità e su centri con piccoli numeri potrebbero non poter partecipare e chiudere. Tagli di queste dimensioni sono sostenibili solo per chi, in virtù delle economie di scala garantite dai grandi numeri, propone Centri di Accoglienza di grandi dimensioni. “Le vicende giudiziarie degli ultimi anni hanno dimostrato come sull’accoglienza il malaffare ha tratto profitti più sulle forniture di vitto e alloggio che sui servizi per l’integrazione – spiega Andreotti – i costi di personale impegnato vanno rendicontati con le buste paga ed è difficile lucrare su questa voce, che per i malintenzionati diventa soltanto una fatica in più, essendo soldi che entrano e subito escono. Tagliando questi costi si rischia di fare un favore al malaffare – conclude Andreotti – che può concentrarsi su servizi più redditizi, come il vitto e le forniture dei beni”.

Un sistema di accoglienza che quindi torna a declinarsi più al Business e alla speculazione che alla professionalità, alla specializzazione e alla qualità. Inoltre i soggetti privati in grado (e con la volontà di creare) strutture da 150, 300 o 600 utenti, non riusciranno a coprire il numero di posti necessari, obbligando quindi le Prefetture a procedere con proroghe tecniche delle vecchie convenzioni (a 35 Euro). Si creerà così di fatto una mancata diminuzione dei costi per lo Stato e, quindi, una mancata copertura attraverso questi “risparmi” (forse con troppa fretta pubblicizzati), alla Legge finanziaria.

I numeri dimostrano infatti come nel 2017 le Associazioni e le Cooperative che hanno partecipato a bandi per l’apertura di CAS con numeri fino a 50 posti (anche distribuiti in più piccoli Centri di accoglienza) sono 1.048 (il 57% del totale). Soggetti che, con i tagli previsti, probabilmente non parteciperanno ai prossimi bandi, determinando una carenza di posti rispetto alla necessità. Elemento che potrebbe far saltare i conti affrettati del Ministero dell’Interno e riaprire, ancora una volta, le porte ad un’emergenza profughi.

Si è ancora una volta, come già avvenuto nel 2017 con lo schema dei bandi fatto dal Ministro Minniti, persa la grande occasione per archiviare definitivamente il binomio Accoglienza = Business – spiega Andreotti – per sostituirlo con Accoglienza = Mestiere, nel senso più nobile e specialistico del termine. Eppure sarebbe bastato guardare al territorio per trovare una soluzione efficace, a partire dalle Prefetture che già fanno bandi per la gestione dei CAS assolutamente virtuosi ed efficaci”.
L’analisi si è concentrata sugli effetti dei nuovi schemi di capitolati per i bandi dei Centri di Accoglienza Straordinaria attivati dalle Prefetture, che rappresentano quantitativamente oltre il 90% dell’accoglienza che l’Italia garantisce ai richiedenti di protezione internazionale. Nel dettaglio ecco i passaggi più negativi e pericolosi del nuovo schema di Capitolato presentato dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini.

L’INTEGRAZIONE STRALCIATA

Spariscono definitivamente tutti i servizi per l’integrazione dei richiedenti asilo. Il privato che deciderà di partecipare ai nuovi bandi indetti dalle Prefetture per gestire i Centri di accoglienza Straordinaria non dovrà più preoccuparsi di garantire l’insegnamento della lingua italiana, il supporto alla preparazione per l’audizione in Commissione Territoriale per la propria richiesta di asilo, la formazione professionale, la positiva gestione del tempo libero (attività di volontariato, di socializzazione con la comunità ospitante, attività sportive).

Agli ospiti dei Centri di Accoglienza Straordinaria sarà quindi proposto di non fare nulla, di passare i giorni ad aspettare i lunghi tempi della burocrazia della valutazione della domanda di asilo (che può superare i 12 mesi) bighellonando, arrangiandosi alla meglio in una relazione autorganizzata con l’Italia, senza alcuna mediazione culturale e senza strumenti di conoscenza e di orientamento per entrare in contatto con la parte più sana della società, capace di sviluppare percorsi positivi e all’insegna della legalità.

Indicazioni che arrivano direttamente dal Viminale e che mortificano tutte quelle Prefetture virtuose che avevano costruito bandi di assoluta qualità per l’apertura dei Centri di Accoglienza Straordinaria nei loro territori. In questo modo, invece di trarre spunto dalle buone pratiche esistenti, si stralciano e si mortificano, ad esempio, le realtà:

  • di Rieti, nel cui bando in futuro non ci sarà più la richiesta perentoria ai gestori di “garantire a tutti gli utenti la partecipazione a corsi di lingua italiana L2 (alfabetizzazione e base) per un minimo di 10 ore/pro capite continuative settimanali da registrare con apposito foglio firma giornaliero. Tali corsi dovranno essere formati con gruppi classe composti da massimo 30 discenti ognuno e tenuto da personale specializzato nell'insegnamento dell’italiano L2. Si richiede inoltre all'interno di ogni corso un modulo formativo di almeno 4 ore sulla fruizione del SSN da inserire nella programmazione dell'insegnamento della lingua italiana L2. Si richiede inoltre di garantire l'inserimento scolastico dei minori”.
  • di Roma che richiede ai gestori “orientamento ed assistenza alla formalizzazione della richiesta di protezione internazionale, informazione ed assistenza nei rapporti con la Questura di Roma per l'inserimento nel sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, invio degli elenchi aggiornati degli ospiti alla Prefettura, con l'indicazione delle eventuali vulnerabilità riscontrate. Orientamento e supporto alla preparazione e alla raccolta della memoria degli utenti per l'audizione della Commissione territoriale compreso il supporto alla eventuale necessità di specifiche certificazioni psicologiche, sanitarie e medico-legali oltre all'eventuale traduzione di documenti utili all'audizione stessa. Tale servizio deve essere garantito da operatori qualificati attraverso un minimo di due colloqui individuali per ogni utente in setting protetto da realizzarsi con l'ausilio della mediazione culturale”.
  • di Ravenna che imponeva la “Formazione e riqualificazione professionale: servizi rivolti a favorire percorsi di autonomia ed integrazione attraverso l’organizzazione di ulteriori corsi di apprendimento e/o approfondimento della lingua italiana e laboratori professionali. Orientamento all’inserimento lavorativo: informazione sulla normativa italiana in materia di lavoro ed orientamento ai servizi per l’impiego presenti sul territorio; attivazione dove possibile di laboratori professionali, stage, borse lavoro, corsi di formazione e tirocini formativi. Orientamento all’inserimento abitativo: informazione sulla normativa italiana in materia; accompagnamento a forme di abitare sociale. Orientamento e l’accompagnamento all’inserimento sociale mediante la copertura delle seguenti prestazioni: promozione e realizzazione di attività di sensibilizzazione e di informazione al fine di facilitare il dialogo tra i beneficiari e la comunità cittadina; promozione e realizzazione di attività di animazione socio-culturale mediante la partecipazione dei beneficiari ad attività di volontariato e di cittadinanza attiva (eventi di carattere culturale, sportivo, sociale, ecc.)”.

Un vuoto di servizi fondamentali che non potrà che accrescere il rischio di arruolamento da parte della malavita (italiana e di connazionali stranieri) nello sfruttamento più bieco nelle campagne (caporalato), nell’accattonaggio e nella micro delinquenza.

Un approccio assistenzialista all’accoglienza che torna così ad essere tutta incentrata sul vitto, l’alloggio e la fornitura dei beni. Un passo indietro grave che frustra le tante buone pratiche che in questi anni molte Prefetture hanno messo in piedi.

LE VULNERABILITA’ ABBANDONATE

Anche sotto il profilo dell’assistenza generica alla persona, in particolare connessa al sostegno delle vulnerabilità di chi, scappando da guerre e persecuzioni, ha dovuto affrontare un viaggio drammatico per arrivare in un porto sicuro, si getta di fatto la spugna.
Nelle dotazioni minime di personale, che sono parte integrante dei bandi e che definiscono il personale che, chi si propone di gestire un CAS, deve garantire, sparisce lo psicologo e diminuiscono pesantemente le ore minime settimanali dell’assistenza sociale.

In Centri di accoglienza che ospitano sino a 50 persone viene chiesta la presenza dell’assistente sociale per sole 6 ore a settimana. Senza contare il tempo da dedicare allo scrivere relazioni e al lavoro di segreteria, ogni ospite potrà quindi incontrare per eccesso l’assistente sociale in media per 28,8 minuti al mese (prima la media era di 86,4 minuti al mese). Più grande sarà il CAS e minore sarà la possibilità di vedere l’assistente sociale. In strutture sino a 150 ospiti la media scende a 12,8 minuti al mese.

Sulla mediazione culturale (attività fondamentale anche a supporto di tutte le altre figure professionali) le cose non andranno meglio. Nei centri più piccoli (sino a 50 persone) ogni ospite in media potrà contare sulla mediazione per 48 minuti al mese (prima la media era di 2 ore e 52,8 minuti al mese). In strutture più grandi (150 e 300 ospiti) la media mensile di mediazione per utente scende ad appena 19,2 minuti.

Appare quindi evidente come questi servizi fondamentali diventino inesistenti (nel caso dello psicologo) o esistenti di fatto solo sulla carta (assistente sociale e mediatore culturale). Eppure il non sostenere adeguatamente fragilità sociali e psicologiche può portare a concreti rischi (anche per la sicurezza e l’incolumità) delle persone accolte e, anche, per la comunità ospitante.

Una realtà antitetica, ad esempio, alla buona pratica della Prefettura di Siena che nei suoi bandi invece chiedeva “l’obbligo di garantire l'attivazione del sostegno psico-sociale in base alle specifiche esigenze dei singoli soggetti assistiti; garantire l'orientamento, l'informazione e l'accompagnamento in materia di protezione sociale e previdenza; nel caso di soggetti assistiti con esigenze specifiche di presa in carico, garantire l'attivazione dei necessari interventi psico-socio-sanitari con servizi mirati ed effettivi che attuino le misure di assistenza e supporto; costruire e consolidare la collaborazione con gli attori che, a diverso titolo, possono partecipare ai percorsi di supporto, riabilitazione e cura dei soggetti assistiti portatori di specifiche esigenze socio-sanitarie; costruire e consolidare la collaborazione con gli attori, pubblici e privati, che a diverso titolo possono partecipare alla gestione di eventuali situazioni emergenziali; nel caso di beneficiari con disagio mentale o psicologico, le attività dei progetti di accoglienza vanno a integrare e completare l'attività di valutazione dei bisogni e di definizione del programma terapeutico – riabilitativo individuale attivato dai servizi per la salute mentale del territorio; laddove la situazione clinica lo richieda, programmare la presa in carico diretta da parte dei dipartimenti di salute mentale presso le proprie strutture residenziali. Nel caso di beneficiari disabili e/o con necessità di assistenza sanitaria, sociale e domiciliare specialistica e/o prolungata, collaborare ai programmi di supporto, cura e riabilitazione concordati con la struttura sanitaria preposta”.

I RISCHI SANITARI

Sui servizi di assistenza sanitaria si assiste ad un vero crollo delle prestazioni minime richieste a chi gestirà Centri di Accoglienza Straordinaria. In Centri di accoglienza che ospitano sino a 50 persone viene chiesta la presenza del medico per assicurare una media di 4 (quattro) ore per ogni ospite all’anno, senza più l’obbligo di avere in struttura la presenza di un infermiere. Per i centri più grandi la media di presenza settimanale del medico per ospite scende a 19,2 minuti.

Presenze evidentemente esigue per una costante attenzione sullo stato di salute degli ospiti dei Centri di Accoglienza Straordinaria con, di fatto, il rischio di negare il diritto fondamentale alla salute e, contestualmente, rischi sanitari non rilevati potenzialmente pericolosi per tutti (richiedenti asilo e comunità ospitante). Nei centri di grandi dimensioni sparisce quindi il presidio medico interno alla struttura.

STRUTTURE AUTOGESTITE

Con le nuove linee guida del Ministero dell’Interno, i prossimi bandi pubblici per l’apertura dei Centri di Accoglienza Straordinaria richiederanno ai gestori privati, una presenza di coordinatori ed operatori che non garantirà neanche la banale funzione di controllo e presenza, determinando il rischio di trasformare questi centri in vere e proprie occupazioni e in luoghi di degrado.

Il Direttore (precedentemente presente con un tempo pieno) presidierà strutture fino a 50 ospiti per appena 18 ore a settimana (tre giorni per sei ore al giorno) e gli operatori richiesti (in rapporto 1 ogni 50 ospiti) non garantiranno neanche la copertura delle 24 ore (la notte i centri saranno autogestiti dagli ospiti). Nei centri più grandi la notte sarà “coperta” H 24, ma con un rapporto operatori/ospiti di appena 1 a 150.

Dotazioni di personale che non garantiscono la sicurezza degli ospiti accolti, rischiando di restare in balia di connazionali senza scrupoli, e che non possono garantire il necessario presidio a tutela della positiva convivenza con il territorio.

Ma Salvini è cosciente?!

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