Welfare
Multidimensionale, cronicizzata, colpisce i giovani: la povertà nel rapporto Caritas 2018
Un povero su due ha meno di 34 anni. Sei su dieci sono stranieri. Più di 4 su dieci non hanno problemi occupazionali. È la fotografia della povertà post-crisi scattata da Caritas Italiana: nel 2017 le persone in povertà assoluta hanno sfondato i 5 milioni. «Sentiamo la responsabilità non di dovere chiedere di più per la povertà, ma di fare le scelte più adeguate e ragionevoli. Oggi vanno evitati errori che rischiano di compromettere l’idea stessa di lotta alla povertà», ha detto don Soddu. Rei o reddito di cittadinanza? «Cambiare si può, ma preferibilmente in meglio»
Sei su dieci sono stranieri. Più di 4 su dieci non ha problemi occupazionali e solo l’8% ha un unico problema, di tipo occupazionale. Più di sei su dieci hanno figli. Due su dieci sono senza dimora. Gli over65 sono appena l’8%, mentre le tre classi di età 18-34, 35-44 e 45-54 compongono insieme, in maniera equamente distribuita, il 75% della platea. Un povero su due in Italia ha meno di 34 anni, equivalenti a circa 2 milioni 320mila persone. Aumentano fra il 2016 e il 2017 i giovani fra i 18 e i 34 anni in povertà. I nuovi utenti sono il 42% ma un buon 22% è in carico da oltre cinque anni. Crescono le storie connotate da un minor capitale relazionale. Oltre 26mila persone vivono con figli minori e la situazione dei bambini risulta particolarmente preoccupante alla luce del fatto che tali deprivazioni materiali penalizzeranno irrimediabilmente il loro futuro, sul piano economico e socio-educativo. Quattro persone su dieci manifestano problematiche afferenti a tre o più ambiti di bisogno fra povertà economica, occupazione, casa, salute, problemi familiari, handicap, problemi di istruzione, dipendenze, problemi legati all’immigrazione, detenzione e giustizia. È questo l’identikit delle 197.332 persone incontrate nei centri di ascolto da Caritas Italiana. I centri di Ascolto raccontano storie di povertà sempre più complesse, croniche e multidimensionali, con un aumento della quota (il 22%) di chi vive situazioni di fragilità da 5 anni e più.
Il rapporto "Povertà in attesa" è stata presentato oggi a Roma da Caritas Italiana. Per la prima volta Caritas ha integrato in un unico testo il 17° "Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia" e il 5° "Rapporto sulle politiche contro la povertà in Italia", per «offrire uno strumento aggiornato di studio ed approfondimento, nonché per stimolare l’azione delle istituzioni civili».
Sentiamo la responsabilità non di dovere chiedere di più per la povertà, ma di fare le scelte più adeguate e ragionevoli per affrontare ancora la sfida della lotta alla povertà. Oggi vanno evitati errori che rischiano non solo di utilizzare in maniera non efficace le risorse, ma di compromettere l’idea stessa di lotta alla povertà, riconsegnando il tema alla sfiducia, all’incredulità e alla diffidenza
don Francesco Soddu, direttore Caritas Italiana
L'appello alla politica
Come Caritas Italiana, ha affermato don Francesco Soddu, Direttore di Caritas Italiana, «sentiamo la responsabilità non di dovere chiedere di più per la povertà, ma di fare le scelte più adeguate e ragionevoli per affrontare ancora la sfida della lotta alla povertà. Oggi vanno evitati errori che rischiano non solo di utilizzare in maniera non efficace le risorse, ma di compromettere l’idea stessa di lotta alla povertà, riconsegnando il tema alla sfiducia, all’incredulità e alla diffidenza. Nel nostro Paese c’è un processo in atto di rafforzamento del welfare territoriale – introdotto dal Reddito di inclusione – che a nostro modo di vedere non va interrotto, perché le nostre comunità locali hanno bisogno anche di servizi sociali territoriali in grado di ascoltare e in grado di accompagnare le famiglie in difficoltà fuori dal tunnel della povertà. Accanto a questo, c’è la necessità di servizi per l’impiego efficienti, tali da accompagnare ulteriormente le persone nella ricerca di un lavoro e di una definitiva uscita dal disagio. Ma la povertà non è solo mancanza di reddito o lavoro: è isolamento, fragilità, paura del futuro. Dare una risposta unidimensionale a un problema multidimensionale, sarebbe una semplificazione che rischierebbe di vanificare un impegno finanziario mai visto su questo tema».
La povertà non è solo mancanza di reddito o lavoro: è isolamento, fragilità, paura del futuro. Dare una risposta unidimensionale a un problema multidimensionale, sarebbe una semplificazione che rischierebbe di vanificare un impegno finanziario mai visto su questo tema
don Francesco Soddu, direttore Caritas Italiana
Tutto questo – continua don Soddu – «non vuol dire che non si possa cambiare. Cambiare si può, ma preferibilmente in meglio. Cambiare si può mettendo al centro la persona e i suoi bisogni, la sua storia, le sue speranze. Cambiare si può, facendo evolvere, piuttosto che cancellando l’esistente. Cambiare si può, ma partendo dalla realtà e dalle condizioni dei sistemi territoriali. Cambiare si può, ma insieme, mettendo da parte, tutti, presunzioni e precomprensioni». Anche Cristiano Gori, ideatore e coordinatore scientifico dell’Alleanza contro la povertà, ha sottolineato la necessità di una continuità «che non è immobilismo» e chiamato i sistemi di welfare locale «a produrre una “discontinuità positiva” rispetto al passato affinché gli ambiziosi obiettivi del Rei diventino realtà».
Gianmario Gazzi invece, presidente del Consiglio Nazionale degli Assistenti sociali ha evidenziato come la povertà «sia una situazione multifattoriale e complessa che non si può, ma soprattutto non si deve, affrontare con il solo intervento economico. Serve costruire e mettere a regime una efficace rete di servizi sul territorio – dai servizi sociali ai Centri per l’impiego – in grado di aiutare le persone a superare questa condizione. Questa lunga fase di transizione e di incertezza tra le diverse possibili forme per combattere la povertà non aiuta certamente a mettere in moto quel complesso meccanismo di interventi necessari per provare a sconfiggerla. L’invito che gli assistenti sociali formulano è di investire di più, mettendo in campo il massimo impegno per costruire le condizioni perché nelle comunità locali si possano creare le opportunità per chi è in difficoltà. Solo così sarà possibile individuare per tutte le diverse situazioni le modalità più idonee per uscire dalla condizione di povertà».
Tutto questo non vuol dire che non si possa cambiare. Cambiare si può, ma preferibilmente in meglio. Cambiare si può mettendo al centro la persona e i suoi bisogni. Cambiare si può, facendo evolvere, piuttosto che cancellando l’esistente. Cambiare si può, ma partendo dalla realtà e dalle condizioni dei sistemi territoriali. Cambiare si può, ma insieme, mettendo da parte, tutti, presunzioni e precomprensioni
don Francesco Soddu, direttore Caritas Italiana
La fotografia
In Italia il numero dei poveri assoluti continua ad aumentare, passando da 4 milioni 700mila del 2016 a 5 milioni 58mila del 2017, nonostante i timidi segnali di ripresa sul fronte economico e occupazionale. Dagli anni pre-crisi ad oggi il numero di poveri è aumentato del 182%, un dato che dà il senso dello stravolgimento avvenuto per effetto della recessione economica. La specificità di questi anni di post-crisi riguarda i giovani: negli ultimi cinque anni la povertà tende ad aumentare al diminuire dell’età, con minori e giovani che oggi sono le categorie più svantaggiate (nel 2007 il trend era esattamente l’opposto). Tra gli individui in povertà assoluta i minorenni sono 1 milione 208mila (il 12,1% del totale) e i giovani nella fascia 18-34 anni 1 milione 112mila (il 10,4%): oggi quasi un povero su due è minore o giovane.
Oggi più di ieri l’istruzione influisce sulla condizione di povertà: se il 10,7% delle famiglie in cui la persona di riferimento ha conseguito al massimo la licenza elementare sono in povertà, nei nuclei dove il “capofamiglia” ha almeno un titolo di scuola superiore si registrano valori di incidenza della povertà molto più contenuti (3,6%). Rispetto alla cittadinanza, tra i nuclei composti di soli italiani risulta povera una famiglia su venti, tra gli stranieri quasi una su tre. Un’indagine sperimentale realizzata in Germania, Grecia, Italia e Portogallo – tre Paesi che condividono una comune classificazione dei livelli scolastici – ha indagato il tema della povertà educativa degli adulti, rivelando una situazione di forte debolezza scolastica degli utenti Caritas: in media, l’11,4% è analfabeta o non possiede nessun titolo scolastico. Solo il 10,2% del campione è in possesso di un titolo di scuola media superiore, che nei Paesi occidentali è ormai il livello formativo minimo richiesto per poter trovare un lavoro ed evitare fenomeni di esclusione sociale. Il titolo di studi più diffuso in tutti i Paesi esaminati è la licenza media inferiore (38,1%). L’analisi comparativa realizzata mostra una forte correlazione tra l’assenza di titoli di studio e situazione reddituale della famiglia: se nel campione complessivo quasi la metà delle persone (il 43,4%) risulta privo di una fonte stabile di entrate economiche, tra le persone con un capitale formativo molto basso quelle senza alcuna entrata economica sfiorano l’80%. Si tratta di una popolazione di elevata marginalità sociale, in quanto all’assenza di lavoro si somma la quasi totale insufficienza del capitale formativo: per loro è necessario un duplice intervento, per favorire la ricerca di un lavoro e il raggiungimento di un livello formativo idoneo. E ancora, c’è un “esercito di poveri” in attesa che non sembra trovare risposte e le cui storie si connotano per una cronicizzazione e multidimensionalità dei bisogni davvero pericolose (vedi in allegato l'infografica di Caritas).
L’attuazione del REI. A che punto siamo
Dal 1 dicembre 2017 al giugno 2018 ha ricevuto il REI il 60% degli aventi diritto (poco più di 1 milione su 1,7 milioni totali). Dal 1 giugno 2018, venuti meno i criteri familiari come requisito d’accesso, la platea degli aventi diritto si è allargata fino a raggiungere la quota di circa 2,5 milioni d’individui, cioè la metà di quei 5 milioni in povertà assoluta oggi presenti in Italia. L’importo medio del REI risulta oggi pari a 206 euro mensili, una somma ancora lontana dal permettere di uscire dalla povertà assoluta, coprendo la distanza tra il reddito disponibile delle famiglie e la soglia di povertà assoluta. Tradotto in cifre, si tratta di salire in media dagli attuali 206 euro mensili a 396; ciò significa, ad esempio, per una famiglia di una persona passare da 150 a 316 euro e per un nucleo di quattro da 263 a 454. Per quanto riguarda l’infrastruttura dei servizi necessaria a supportare la novità di una misura nazionale per il welfare locale, sinora mancata, il rapporto fa notare che l’effettiva realizzazione dell’azione di infrastrutturazione ha mostrato sinora alcune criticità evidenti: è partita in ritardo, non è ancora chiaro quale sarà l’impegno del Governo nel monitoraggio, mentre c’è stato un investimento rilevante per l’infrastrutturazione dei servizi sociali dei Comuni, lo stesso non si può dire per i Centri per l’impiego. Dal campo, secondo Caritas, emerge «la necessità di continuità nelle politiche nazionali, e il mantenimento dell’impianto strutturale e delle linee di sviluppo già insite nel REI, da ampliare e migliorare in tanti aspetti ma non smontare allo scopo di dar vita ad una nuova misura con un profilo radicalmente differente. Una scelta simile assesterebbe infatti un colpo fatale alla possibilità di dar vita ad incisive politiche contro la povertà nel nostro Paese». Il Reddito di Cittadinanza «è destinato a portare con sé novità di rilievo che ci si augura tengano conto dell’esperienza maturata nell’attuazione del REI di cui si parla nel rapporto. Questa esperienza sia nei suoi punti di forza così come nelle sue criticità rappresenta un prezioso patrimonio di sapere concreto, che merita di essere valorizzato».
Emerge la necessità di continuità nelle politiche nazionali, e il mantenimento dell’impianto strutturale e delle linee di sviluppo già insite nel REI, da ampliare e migliorare in tanti aspetti ma non smontare allo scopo di dar vita ad una nuova misura con un profilo radicalmente differente. Una scelta simile assesterebbe infatti un colpo fatale alla possibilità di dar vita ad incisive politiche contro la povertà nel nostro Paese
Rapporto “Povertà in attesa”, Caritas Italiana 2018
«I dati di oggi della Caritas mi confermano ancora una volta che abbiamo fatto bene a inserire nella Manovra del Popolo delle misure per dare una mano a tutti i cittadini che sono in difficoltà. Non parliamo di noccioline, parliamo di decine di miliardi di euro investiti per l'economia reale, per far respirare le persone, per politche del lavoro, per garantire una pensione decente. La Caritas parla letteralmente di un esercito di poveri, oltre 5 milioni di persone, e uno su due è giovane o minorenne. Per me contano molto più loro con le loro necessità mai prese in considerazione, di tutti i vari Jucker, Moscovici, Bankitalia, FMI, Pd, FI e tutta quella gente che finora ha dettato le politiche economiche al Paese», ha scritto il vicepremier Luigi Di Maio su Facebook (alla presentazione del Rapporto Caritas è intervenuto anche il professor Pasquale Tridico, il teorico del reddito di cittadinanza pentastellato).
«Il Reddito di Cittadinanza e la Pensione di Cittadinanza sono i primi due grandi passi per sconfiggere questa piaga. Come giustamente rileva la Caritas, il problema non sono solo i soldi. Ci sono anche il basso livello di istruzione, la carenza di alloggi, la rottura dei legami familiari. Un intreccio di drammi sociali e personali su cui a volte per lo Stato è difficile intervenire ed è per questo che la funzione di realtà come la Caritas non verrà mai meno e lo Stato deve facilitarne il compito il più possibile. Posso però dire che finalmente consideriamo le persone in difficoltà non solo come persone da aiutare economicamente: le vogliamo anche formare e inserire nel mondo del lavoro, come non si era mai visto prima. I soldi per farlo c'erano e ci sono sempre stati. E' bastato togliere un po' di privilegi per metterli come copertura dei diritti dei cittadini. Noi guardiamo tutti i cittadini, soprattutto quelli che nessuno ha mai considerato. E non vediamo solo le loro difficoltà, ma anche le loro potenzialità».
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo messaggio in occasione della Giornata delle Nazioni Unite dedicata alla lotta alla povertà che si celebra oggi, ha ricordato come «in Italia sia i casi di povertà assoluta, sia i casi di povertà relativa sono aumentati. Per questo è indispensabile, a tutti i livelli, continuare con politiche di sostegno a quanti vivono in povertà o vi sono fortemente esposti. Gli interventi devono avere la capacità di tradursi in un investimento sulle persone, sulle loro abilità e la loro formazione, al fine di promuovere un percorso di crescita individuale e di evitare che la povertà si traduca in crescente marginalità sociale».
Foto Pexels
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