Non profit

#DecretoDignità: le Associazioni no slot, l’articolo 8 non si tocca

Nell'aprile 2015 le principali associazioni no slot in rappresentanza di oltre 5000 organizzazioni della società civile firmarono un Manifesto comune con quattro priorità per gli interventi legislativi. Al primo punto il divieto di pubblicità “in qualunque forma e in qualunque luogo”. Un invito recepito dal Decreto Dignità che ora entro 60 giorni dovrà essere convertito in legge. Sessanta giorni decisivi

di Riccardo Bonacina

Nell'aprile 2015 le principali associazioni no slot in rappresentanza di oltre 5000 organizzazioni della società civile firmarono un Manifesto comune con quattro priorità per gli interventi legislativi. Al primo punto il divieto di pubblicità in qualunche forma e in qualunque luogo. Ecco cosa recitava il testo del Manifesto (qui il testo completo): “Occorre stabilire un divieto di pubblicità in qualunque forma e luogo (carta stampata, radio, televisione, internet, cartellonistica, sponsorizzazioni su tutti i mezzi pubblici) e il rilancio di notizie legate a “grandi vincite” sulle televisioni pubbliche. Tale divieto deve risultare totale, analogamente a quanto avviene per tabacco e superalcolici. Non ci si può limitare a stabilire “fasce” o “aree” protette perché tutti sono toccati, persone giovani (e anche giovanissime) e anziani più di ogni altro. Non si può neanche parlare di “gioco responsabile” se i cittadini sono continuamente e fortemente sollecitati all’azzardo ogni volta che leggono il giornale, accendono il televisore o navigano su internet. La Repubblica italiana ha il diritto-dovere, di introdurre questo divieto e di impegnarsi per estenderlo a tutta la Unione Europea.

Dopo un primo, parziale, recepimento di quell'invito con il decreto dell'8 agosto 2016 che dava seguito a ciò che era contenuto nella Legge di stabilità 2016, ovvero la previsione che gli spot sull'azzardo legale fossero vietati nella fascia oraria dalle 7 alle 22, sui canali generalisti della Rai (Raiuno, Raidue e Raitre), su quelli di Mediaset (Canale 5, Italia 1 e Retequattro), su La7, Tv8, la Nove oltre ai canali tematici indirizzati in via esclusiva o prevalente ai minori, la richiesta dell'associazionismo, vecchia ormai di tre anni, è stata pienamente recepita dall'art. 8 Decreto Dignità che ora entro 60 giorni dovrà essere convertito in legge.

Sessanta giorni in cui le lobby dell'azzardo abituate a influenzare la politica, quando non a controllarla grazie a copiosi finanziamenti alle Fondazioni politiche (qui un esempio) ed a indirizzare i comportamenti dell'alta burocrazia statale, si scateneranno per cambiare l'art. 8 del Decreto Dignità. La torta dell'azzardo legale è grandissima, 96 miliardi nel 2017, e tantissimi quelli che lucrano sulle debolezze dei cittadini, dalle grandi concessionarie ai piccoli sitallatori di slot. Un sistema economico improduttivo che ha impoverito luoghi e comunità scatendndo una vera e propria rabbia sociale contro lo Stato biscazziere.

Due gli argomenti la lobby sta usando già in queste ore. La prima: il divieto di pubblicità all'azzardo legale incrementerà il ricorso al gioco illegale. Un argomento davvero bizzarro poichè, come è ovvio, la pubblicità dei giochi con vincita in denaro influenza e induce i comportamenti a rischio dipendenza, e lo fa, come tutti possono constatare in maniera compulsiva invadendo trasmissioni televisive, dirette sportive, sino a raggiungere le nostre caselle mail o i nostri browser con promesse di bonus e inviti vari al gioco. Vietare tutto questo significa incidere sull'illusorio armamentario di induzione al gioco con vincita in denaro, sia esso legale che illegale. Come ha ben spiegato Marco Dotti su questo sito (qui l'articolo): “la pubblicità dell’azzardo non è sussidiaria al prodotto. È parte del prodotto stesso. E il prodotto… sono i giocatori. Che vanno sedotti e, letteralmente, “costruiti” come tali. La pubblicità dell’azzardo di massa non si limita, infatti, a orientare i consumi. Costruisce vere forme – non meri stili – di vita trasformando, a piccole dosi e a bassa intensità, i consumi in desideri. E i desideri, goccia dopo goccia, diventano bisogni. Addictions, in gergo tecnico”. Così si è fatto per la vendita di altri prodotti come alcolici e fumo che possono indurre comportamenti a rischio e dannosi. Tutto qui e senza oneri per lo Stato.

La seconda argomentazione dice che il divieto di pubblicità metterà a rischio importanti comparti dell'economia, come quella dello sport professionisto e agonistico. Significativa e allucinante la presa di posizione del presidente della Lega Serie A, Gaetano Miccichè che così ha commentato il Decreto legge Dignità: «Sono preoccupato per la tenuta occupazionale e lo sviluppo del calcio italiano e del suo indotto. L’industria del calcio è tra le prime dieci in Italia e occupa, direttamente e indirettamente circa 130.000 persone». Sempre tornando all'esempio delle industrie di tabacco e sigarette, il fatto che a loro sia stata vietata la pubblicità non ha comportato nessun danno ai comparti. Giustamente l'economista Leonardo Becchetti ha commentato questa presa di posizione con questo tweet


Non solo, è allucinante che lo sport professionistico e agonistico non sia in grado di rivolgersi ad economie meno parassitarie e predatorie. È pensabile uno sport, che dovrebbe veicolare messaggi positivi, libero dall'industria dell'azzardo? Questa è la domanda. Giustamente, il presidente del Centro sportivo italiano, Vittorio Bosio (qui la sua posizione) e Damiano Tommasi, presidente dell'Associazione italiana calciatori (qui la sua posizione), hanno detto che sì, non solo è possibile, ma è doveroso liberare lo sport dall'azzardo.

Consigliamo a Micciché di leggere quanto capitò al suo predecessore Tavecchio che dopo aver firmato un contratto con Intralot (del gruppo Gamenet concessionario di Stato per scommesse, slot, vlt ect.) fu costretto a disdirlo. Qui la vicenda istruttiva.

Saranno sessanta giorni decisivi, dalle associazioni no slot un avvertimento #articolo8nonsitocca. Ogni modifica sarebbe un tradimento a un patto civico che parla forte e chiaro da ormai 3 anni.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.