Non profit
Csi: «Non vietare la pubblicità all’azzardo sarebbe svendere la dignità delle persone»
Il presidente del Centro Sportivo Italiano, Vittorio Bosio, è molto positivo sul Decreto Dignità del ministro Di Maio. «Sono sempre stato contrario alle scommesse quindi non posso che essere a favore. Media e Serie A sono contrarie? Mi sembra chiaro visto quello che ci guadagnano. Ma la loro è una visione miope. A lungo andare tutto questo gli si ritorcerà contro»
Calcio in fermento, ma anche il mondo dei media. Tutti guardano con timore al divieto di pubblicità per i giochi d'azzardo contenuto nel Decreto Dignità. Al momento in realtà una forma di limitazione c'è già. Il divieto dalle 7 alle 22 di ogni giorno nelle trasmissioni televisive sui canali generalisti, vale a dire sui canali da 1 a 9 del telecomando. Ma l'orario limitato non si applica ai programmi di Mediaset Premium e Sky. Esclusi anche i canali tematici a pagamento, le tv locali, le radio nazionali e locali. Ecco spioegati i malumeri dei media. Le levate di scudi del mondo del calcio invece rispondo ad un'altra evidenza: in Serie A sono ben 11 le squadre che hanno un partner commerciale legato al mondo delle scommesse. E sono infatti 120 milioni all'anno che vengono utilizzati per fare pubblicità attraverso lo sport. E lo sport dilettantistico che ne pensa? Lo abbiamo chiesto a Vittorio Bosio, presidente del Centro Sportivo Italiano.
Cosa pensa del Decreto Dignità e dello stop alla pubblicità dell’azzardo?
Sono sempre stato contrario a priori rispetto alle scommesse. Quindi la mia prima reazione è cher sono d’accordo. Poi così com’è impostato l’azzardo oggi crea grandissimi problemi, forme di dipendenza che distruggono famiglie. Il divieto può essere una soluzione. Un modo per arginare un fenomeno eticamente scorretto.
Eppure sia il calcio professionistico che i media sono contrati…
Bé per forza. Gli interessi che girano intorno ad una partita come questa sono grandi. Bisogna vedere se il giorno che abbiamo calpestato la dignità dell’uomo, delle persone, qualcuno avrà veramente dei vantaggi. Ho letto qualche cifra. È chiaro che se gli introiti sono quelli dichiarati è facile capire perché Serie A e media si schierino contro. Ma dovrebbero stare molto attenti…
Perché?
Se si guarda con prospettiva l’idea di crescere i giovani in questo humus, accettando l’idea che potrebbero finire dipendenti è un grave autogoal. Che prospettiva possono avere le società calcistiche con un pubblico di domani conciato così? I giovani dovrebbero essere un patrimonio da preservare anche e soprattutto per loro. Sono il loro futuro sia come pubblico che come atleti. A lungo andare è qualcosa che gli si ritorcerà contro. E poi è così evidentemente una truffa…
In che senso?
Ho letto da qualche parte che chi gioca ha la possibilità, puntando 100 euro, di vincerne 80. Non si può cioè vincere in reltà. È un tavolo truccato.
Ma tutti i soldi che si perderebbero con una misura come questa non metterebbero in difficoltà il sistema calcio e i media?
Chi fuma può prendere il cancro e infatti non si fa pubblicità col fumo. Non mi pare sia successo nulla di grave né al comparto dei tabacchi né a mondi sportivi molto legati agli intoriti pubblicitari delle case che producono sigarette. Ho visto il Gran Premio questo week end e la Formula Uno mi è parsa viva e vegeta e tutt’altro che in crisi. Insomma anche dal punto del business non mi pare nulla di drammatico. Mancheranno degli introiti. Li troveranno in altri modi. Anche lo Stato perderà qualcosa. Ma magari spenderà meno in prevenzione. Mi sembra una scelta obbligata fermare tutto questo.
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