Politica
Le 7 cose che Salvini non sa, o non vuol sapere
Al netto del suo linguaggio da bullo, il Ministro dell'Interno dice di voler stroncare il business dell'immigrazione. Bene, ma allora smetta di pensare a 5 Ong e a 7 barchette nel Mediterraneo e convochi i Prefetti. Sette consigli non richiesti ma dovuti
Nelle sparate quotidiane a cui Matteo Salvini ci ha, ahimé, abituato, non solo come leader di una parte politica, ma purtroppo anche come rappresentante di una rilevantissima carica istituzionale, Ministro dell’Interno, vengono veicolate non solo villanerie che in genere caratterizzano i bulli (e che non voglio neppure citare), ma vere e proprie falsità e fake news utili solo a distorcere la percezione dei cittadini, o come notava Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord “ad agitare il popolo per poi servirsene”. Su queste proviamo a fare il punto.
Cos’è una Ong?
Salvini in compagnia del ministro Toninelli, e com’è noto due mezzi somari non ne fanno uno intero, ha recentemente dimostrato di non sapere cosa siano esattamente le Ong (Ngo, nel linguaggio internazionale). Lo hanno dimostrato quando hanno chiesto al governo olandese di richiamare le navi Lifeline e Seefuchs con bandiera olandese. Dall’Olanda è stato risposto che Ong significa appunto Organizzazione non governativa e che perciò le due navi non sono proprietà del Governo ma di associazione private con finalità altruistica e che in ogni caso l’ong che ha in affitto i due peschereggi è tedesca (Sea-Eye). Non solo ma è stato fatto notare che le due navi si muovono sotto il coordinamento della nostra Guardia Costiera.
Le Ong, in Italia e nel mondo, operano seguendo i principi dell'azione umanitaria riassunti nel Codice di Condotta per il Movimento Internazionale della Croce Rossa, della Mezzaluna Rossa e delle Ong nella risposta ai disastri. Un codice che rappresenta il pilastro delle azioni umanitarie, che ha permesso ad organizzazioni e operatori di portare aiuti nei peggiori contesti di guerra, carestia e calamità naturali, che ha permesso nei decenni di coordinare e regolare le nostre azioni in base a criteri tesi a salvare il maggior numero possibile di vite umane, garantendo neutralità, imparzialità, indipendenza. Insomma uno spazio umanitario indipendente che mira a soccorrere e a salvare le persone, di qualsiasi parte politica, religione, etnia. Il codice sopra citato è peraltro richiamato in molti documenti del governo italiano come base fondante del fare cooperazione del nostro Stato. Se Salvini e altri ministri volessero fare un ripassino o ancor prima istruirsi minimamente li rimandiamo a questo link con qualche informazione in più su ciò che sono le Ong e di come siano riconosciute e controllate a livello internazionale
Perché le Ong sono nel Mediterraneo con delle navi?
Le Ong hanno iniziato ad intervenire solo mesi dopo i terribili naufragi di maggio e ottobre 2013 che hanno visto le acque al largo di Lampedusa trasformarsi in uno spazio di morte. Di fronte, all’appello del Papa a Lampedusa (“Quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte. Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza. E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta”), e alle carenze dell’intervento pubblico italiano ed europeo a seguito della chiusura dell’operazione Mare Nostrum nell’ottobre 2014, di fronte al ritiro delle Istituzioni e alle scelte securitarie e di corto respiro dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri, le Ong hanno voluto fare la propria parte per salvare vite umane. Per esse è stato ed è un imperativo, con l’obiettivo di soccorrere persone in fuga da guerre e dai lager libici e contribuire a fermare una carneficina insopportabile e inaccettabile. “Se ora il Governo si propone di rafforzare la presenza delle navi della Guardia Costiera per le operazioni di ricerca e soccorso nell’ampia area SAR di competenza italiana, come vincolato dagli obblighi internazionali assunti; di dotare di mezzi e accompagnare la Guardia Costiera libica, con la necessaria formazione, anche sui diritti umani e il rispetto e la protezione delle persone soccorse; di contribuire alla chiusura dei centri di detenzione, abuso e tortura in Libia e di favorire quelli di assistenza e protezione dell’OIM, dell’UNHCR e delle Organizzazioni umanitarie, le Ong potranno sentirsi sollevate dalla doverosa azione di supplenza”, hanno scritto ieri al presidente del Consiglio e ai ministri competenti le Ong riunite nel coordinamente Link 2007. Forza Salvini, faccia qualcosa di concreto. Aspettiamo.
Quante Ong sono presenti oggi nel Mediterraneo?
Dal dicembre 2016, dopo la pubblicazione del Financial Times di un passaggio di un report di Frontex (Risk Analysis for 2017), secondo cui le operazioni umanitarie nelle acque internazionali a largo della Libia avrebbero costituito il cosiddetto “pull factor”, ovvero “fattore di attrazione” le Ong sono state fatte oggetto di una scandalosa campagna diffamatoria che ha avuto tra i protagonisti proprio i due principali azionisti della maggioranza di governo, Luigi Di Maio (suo il copyright “Taxi del mare”) e Salvini (qui un dibattito avuto con lui a Matrix). La tesi, in realtà, non è mai stata provata. Analizzando i dati degli sbarchi, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) ha invece notato come non ci sia nessuna correlazione tra l’aumento degli arrivi e le operazioni umanitarie delle Ong nel Mediterraneo. Un’analisi condivisa anche dai ricercatori della University of London, che nella ricerca “Blaming the Rescuers”, sottolineano come «le organizzazioni non governative non sono stati la ragione principale dell’aumento degli arrivi nel 2016». I numeri, secondo lo studio dell’università britannica, sarebbero invece in linea con le partenze del periodo 2014-2015, dunque precedente alla presenza delle imbarcazioni umanitarie. Ma le forti polemiche e il Codice di condotta promosso dal ministro Minniti ha ridotto la presenza sia di ong che di navi. Erano 9 Ong con 13 barche, oggi sono presenti 5 ong con 7 barche, di cui 2 pescherecci! Una presenza da sempre risibile, oggi ancor di più. Di che parliamo quindi? Salvini sa che nell’ultimo anno i salvataggi in capo alle ong sono meno del 20%? (Qui l’elenco delle Ong attualmente presenti con barche nel Mediterraneo)
Come operano oggi le ong?
Nell’aprile del 2015, due naufragi sulla rotta dei migranti avevano causato più di mille morti, spingendo le autorità europee a rafforzare la missione navale Triton e a estendere verso sud l’area di pattugliamento delle navi di Frontex.
A seminare ancor più dubbi sull’operato delle Ong ci si è messo nel marzo 2017 il procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro che è ben presto diventato presto il beniamino del duo Salvini-Di Maio che sul tema vanno d’accordo ben prima della sigla del Contratto di Governo. Ecco alcune considerazioni di Zuccaro: “A partire dal settembre-ottobre del 2016 abbiamo registrato un improvviso proliferare di unità navali delle ong che fanno il lavoro che prima gli organizzatori [del traffico di migranti] svolgevano: accompagnare fino al nostro territorio i barconi dei migranti. Abbiamo registrato la presenza, nei momenti di maggior picco, di tredici assetti navali. Ci siamo voluti interrogare sulle evoluzioni del fenomeno e perché ci sia stato un proliferare così intenso di queste unità navali e come si potessero affrontare costi così elevati senza disporre di un ritorno in termini di profitto economico”. Ma dopo ma dopo oltre 16 mesi da quell’avvio di indagine, malgrado Zuccaro continui a parlare, non si registra nessun atto giudiziario nonostante il dispendio di energie, di soldi pubblici e di chiacchiere.
Anzi, proprio ieri Procura Palermo ha stabilito che non esiste nessun legame con i trafficanti libici di esseri umani né favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo che ha archiviato l’indagine a carico delle ong Open Arms e Sea Watch, accogliendo la richiesta della Distrettuale antimafia del capoluogo siciliano. Per il procuratore aggiunto Marzia Sabella, i sostituti Geri Ferrara, Claudio Camilleri e Renza Cescon, "non deve stupire" che la Ong "abbia preferito effettuare lo sbarco verso le coste italiane: ciò rappresenta, anzi, una conseguenza logica e una corretta gestione delle operazioni di salvataggio". Il provvedimento riguardava i natanti Golfo azzurro e Iuventa: "Secondo la convenzione Sar siglata ad Amburgo nel 1979 – sostengono i magistrati – le operazioni Sar di soccorso non si esauriscono nel mero recupero in mare ma devono completarsi e concludersi con lo sbarco in luogo sicuro. Questa nozione comprende necessariamente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone soccorse. Argomenti decisivi e assorbenti al fine della confutazione risultano essere da un lato l'effettività del soccorso e, dall'altro, l'assoluta mancanza di cooperazione dello Stato di Malta nella gestione dei predetti eventi Sar".
Cosa s’intende per “operazioni SAR” nel Mediterraneo?
L’acronimo SAR corrisponde all’inglese “search and rescue” ovvero “ricerca e soccorso” (ma anche “ricerca e salvataggio”). Con questa sigla si indicano tutte le operazioni che hanno come obiettivo quello di salvare persone in difficoltà in vari ambienti (montagna, mare, dopo un terremoto ecc.) effettuate con mezzi navali o aerei.
In particolare negli ultimi anni – con l’aumento del flusso di migranti in arrivo verso l’Europa – questo genere di operazioni hanno messo in salvo decine di migliaia di persone durante la pericolosa traversata del Mar Mediterraneo spesso tentata su imbarcazioni e gommoni fatiscenti. Alle operazioni SAR partecipano vari attori – non solo militari – coordinati dal Maritime rescue coordination centre (MRCC), rappresentato dal Comando generale della Guardia costiera con base a Roma. Le operazioni di soccorso si svolgono su aree di responsabilità SAR (e non solo su quelle territoriali). L’area di responsabilità italiana coincide con circa un quinto dell’intero Mediterraneo, ovvero 500mila km quadrati.
Come spiega con chiarezza la Guardia costiera: «I servizi di ricerca e soccorso fanno affidamento su qualsiasi nave per qualsiasi ragione presente nell’area interessata (navi governative, incluse quelle militari, quelle mercantili, ivi compresi i pescherecci, il naviglio da diporto e le navi adibite a servizi speciali – quali sono ad esempio quelle battenti bandiera italiana utilizzate da alcune ong per le loro finalità SAR). In altre parole, su ogni nave che possa utilmente intervenire per il salvataggio delle vite umane in mare». Chiunque sia in grado di intervenire ha l’obbligo giuridico di farlo e in caso contrario si configurerebbe come omissione di soccorso (secondo gli articoli 1113 e 1158 del codice della navigazione), con le eventuali aggravanti dovute a conseguenze drammatiche, in primo luogo naufragio e omicidio colposi.
Perché le navi possono intervenire fuori dalle acque territoriali?
«Il primo MRCC che riceva notizia di una possibile situazione di emergenza SAR ha la responsabilità di adottare le prime immediate azioni per gestire tale situazione, anche qualora l’evento risulti al di fuori della propria specifica area di responsabilità», che non coincide con le acque territoriali, anzi di norma è ben più ampia. Così ha spiegato il Contrammiraglio Nicola Carlone capo del reparto piani e operazioni della Guardia costiera nell’audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione dell’accordo di Schengen. Oltre a questo, è importante sottolineare come le autorità libiche (già ma quali?) non abbiano ancora definito il loro spazio Sar. Salvini quando incontrerà i libici?
Il business dell’immigrazione, vediamoci chiaro
Stroncare il business dell’immigrazione, è persino scritto nel Contratto di Governo. Già, ma dove sta il business. Bisogna che Salvini e gli altri si mettano ben in testa una cosa. Il business dell’immigrazione non sta nella traversata del Mediterraneo, avviene tutto prima, e semmai dopo, una volta sbarcati. Le Ong che vivono di donazioni private e non godono (giustamente) di nessuna sovvenzione) non c’entrano nulla col business sulla pelle dei disperati in fuga. Gli affari avvengono prima dell’imbarco, i trafficanti incassano prima e più volte per imbarcare uomini, donne e bambini in fuga, una volta incassati i soldi questi sono vuoti a perdere. Mentre lo schiavismo del secolo XIX prevedeva di incassare il denaro una volta consegnati gli schiavi, oggi uomini, donne e bambini sono mandati allo sbaraglio, per i trafficanti la loro vita non vale più nulla. Anche per questo si muore!
C’è poi il business della mala accoglienza in Italia che inizia una volta sbarcati. Esiste la mala accoglienza e il malaffare? Certo che sì, ogni profugo vale 35 euro al giorno, se minore 45 euro, di cui al richiedente protezione internazionale spetta il solo pocket money, ovvero 2,50 euro al giorno fino al un massimo di 7,50 euro a nucleo familiare, e una singola ricarica telefonica di 15 euro solo all’arrivo. Figuriamoci se intorno a questo non è fiorito il malaffare. Ma allora Salvini convochi i prefetti, visto che le prefetture offrono la cifra massima di 35 euro a persona al giorno, riservandosi di aggiudicare i bandi col criterio del massimo ribasso (a parità del servizio, vince chi spende meno). E considerato che i Cas, Centri di accoglienza straordinaria, la cui gestione è in mano alla Prefetture affidano a un ente gestore privato che partecipa a un bando oppure – spesso – via assegnazione diretta. Oggi sono 8920 (triplicati in due anni, nel 2015 erano 3050!) e “gestiscono” oltre 150mila richiedenti protezione. (Qui il report sul sistema di accoglienza in Italia). Si veda il caso del cosidetto “re dei rifugiati”, un business organizzato con l'appoggio di funzionari della Prefettura di Benevento.
Salvini svegliati, se davvero vuoi combattere il business dell’immigrazione fiorito sulle terre italiche, smettila di guardare alle Ong, chiama i Prefetti, che sono alle tue dipendenze, e fai qualcosa.
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