Politica

Ilva, tra bozze di Contratto di Governo e tribunali a Taranto si continua a morire

Nel giorno in cui dal contratto Lega-5S emerge l’idea di chiudere la fabbrica un giovane di 28 anni perde la vita nell’acciaieria. «L’Ilva uccide ancora dentro e fuori la fabbrica. La proprietà è lo Stato, ma pensa più alle banche che a cittadini e lavoratori», spiega Simona Fersini dell’associazione “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti”

di Lorenzo Maria Alvaro

A riportare sulle pirme pagine l'Ilva di Taranto ci pensa il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda su Twitter.

Un tweet che commento e posta una pagina del Contratto di Governo di Lega e Movimento 5 Stelle. Nel testo si legge: «Con riferimento all’ILVA, ci impegniamo, dopo più di trent’anni, a concretizzare i criteri di salvaguardia ambientale secondo i migliori standard mondiali a tutela della salute dei cittadini del comprensorio di Taranto, proteggendo i livelli occupazionali e promovendo lo sviluppo industriale del Sud, attraverso un programma di riconversione economica basato sulla chiusura delle fonti inquinanti, per le quali è necessario provvedere alla bonifica, sullo sviluppo della green economy e delle energie rinnovabili e sull’ economia circolare. Anche al fine di prevenire misure sanzionatorie da parte dell’Unione Europea prevediamo misure volte all’adeguamento degli standard di contrasto all’inquinamento atmosferico secondo le norme in vigore».
Poche ore dopo arriva anche la tragica notizia di un giovane operaio di 28 anni, Angelo Fuggiano, che è morto proprio all'Ilva travolto da un cavo mentre lavorava con una gru nell’area portuale dello stabilimento. Ne abbiamo parlato con Simona Fersini dell’associazione “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti” che proprio di Ilva e Taranto si occupa.


Oggi è morto un operaio, un ragazzo di 28 anni…
È l’ottavo incidente mortale dal 2012. Cioè da quando Ilva è sotto sequestro.

Cosa intende dire?
L’Ilva continua a uccidere dentro e fuori la fabbrica. Non è cambiato nulla ed è evidente. Gli impianti cadono a pezzi. E in queste condizioni il morto ci scappa sempre. I soldi che stanno spendendo per il salvataggio sono buttati perché servono solo per tenere a galla il mostro e non far perdere denaro alle banche

In che senso?
La certificazione della Centrale grandi Rischi di Bankitalia aggiornata al settembre del 2014, ci parla di un debito consolidato nei confronti delle sole banche pari a 1,364 miliardi di euro: 801,9 milioni di euro a scadenza, 351 autoliquidanti ed il resto in firme commerciali e finanziarie. Nell’autunno del 2012, i debiti finanziari complessivi dell’Ilva spa erano prossimi ai 3 miliardi di euro, pari a 1,3 volte il capitale netto. Dal 2014 la situazione è ulteriormente peggiorata con un altro prestito da 250 milioni di euro erogato ad Ilva dalle tre principali banche creditrici del siderurgico, che sono Banca Intesa, Unicredit e Banco Popolare. Il prestito ha fatto salire a 1,45 i miliardi di esposizione di Ilva. E questi non sono neanche i veri costi dell'Ilva…

Di che costi parla?
Le voci di spesa sono diverse e tutte enormi. Abbiamo dei veri e propri prestiti di Stato per 425 milioni, tutt’oggi oggetto di indagini da parte dell’Unione Europea per “aiuti di Stato”. Di questi, 300 milioni non si possono più neppure configurare come prestiti, poiché con il Decreto Legge n. 10 l’onere del rimborso è stato spostato a carico dell’Amministrazione straordinaria, cioè dello Stato stesso. Poi ci sono gli ammortizzatori sociali: l’ultimo accordo avutosi a inizio del 2017 fra sindacati e Amministrazione straordinaria presso il Ministero dello Sviluppo Economico, saranno 3.240 i lavoratori posti in cassa integrazione fino al completamento delle operazioni di vendita. Stiamo parlando di 24 milioni di euro negli ultimi due anni. Diventano 130 se calcoliamo le cassa integrazoni atttivate dal 2009, da quando ciè la crisi ha rfatto colare a picco la domanda di acciaio. Ci sono poi i costi sanitari che secondo l’Agenzia europea dell’ambiente qui a Taranto pesano per 463 milioni di euro. E questo senza contare l’impatto sull’intero sistema di welfare e sulla vita dei cittadini, con costi diretti sanitari e quelli di natura previdenziale e assistenziale. E ancora costi per sicurezza sul lavoro, disoccupazione, tasse eluse, danni a immobili e beni comuni della città, mancati risarcimenti, comparti e filiere messe in ginocchio dall'inquinamento.


La stima dei costi diretti


La stima dei costi indiretti


L’associazione “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti” ha sempre portato avanti una proposta alternativa sul futuro Ilva. In cosa consiste?

Abbiamo sempre pensato che la prima cosa debba essere la bonifica della struttura. Bonifiche che darebbero lavoro a 30mila persone, quindi il doppio degli attuali 15mila occupati. Lo studio lo ha fatto Confindustria Taranto, non noi. Non è possibile immaginare che sia uno studio di parte. Mentre si bonifica l’Ilva, e ci vorranno anni, si converte l’economia di Taranto.

In qualche modo un programma che ricorda quello che c’è scritto nella bozza di Contratto di Governo resa nota ieri…
Non voglio espormi. Si tratta solo di brevi frasi d’intento che dicono poco o nulla. È un testo troppo vago ancora. Vorremmo prima vedere un cronoprogramma. Detto questo rispetto alla linea Calenda c’è un’apertura positiva ad altre strade.

Sento del rumore. Dove si trova?
In questo momento sono sotto la direzione dell’Ilva. È stato dichiarato uno sciopero per via dell’incidente.

Cosa chiedete?
Oggi il proprietario di questa fabbrica è la Stato. Per questo l’amministrazione straordinaria gode dell’immunità parlamentare. Il Pm, per il caso della pioggia di diossina caduta tra il 2014 e il 2015, ha dovuto chiedere l’archiviazione proprio per questo scudo. Una cosa inaccettabile. Quello che chiediamo, per prima cosa, è di ritirare l’immunità penale. E a ruota anche il Piano ambientale. Un piano che è stato presentato con il Piano industriale ed è legato all’andamento della fabbrica. In sostanza se l’Ilva guadagna si fa il Piano ambientale altrimenti niente. Vorremmo che lo Stato oltre a pensare all’esposizione miliardaria delle banche comincia a pensare anche a noi lavoratori e cittadini.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.