Welfare

Agenda 2030: le priorità per lo sviluppo

Quattro giorni di lavoro all’ONU sull’attuazione del Piano di azione di Addis Abeba sul Finanziamento dello Sviluppo finalizzato agli obiettivi dell’Agenda 2030. Terminato il forum multilaterale ad alto livello svoltosi dal 23 al 26 aprile al Palazzo di Vetro. Le priorità e le osservazioni delle ONG

di Nino Sergi

Alle Nazioni Unite, a New York, si sono conclusi i quattro giorni del terzo Forum ad alto livello promosso da ECOSOC per verificare e sostenere con specifiche raccomandazioni l’applicazione del Piano di azione di Addis Abeba (2015) sul finanziamento dello sviluppo finalizzato agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 (OSS). Le discussioni hanno coinvolto FMI, BM, WTO, UNCTAD, ministri e rappresentanti di governi, istituzioni pubbliche e private, organizzazioni della società civile (OSC). Il Piano di Addis Abeba indica in particolare tre percorsi: maggiore e migliore utilizzo delle risorse interne dei paesi, a partire da un’equa e corretta fiscalità e dal buongoverno della cosa pubblica, parallelamente ad un impegno internazionale contro l’evasione fiscale e i flussi finanziari illeciti; investimenti, con la creazione di condizioni che favoriscano l’iniziativa del settore privato e gli investimenti finanziari privati; finanziamenti pubblici internazionali finalizzati al raggiungimento degli OSS e impegno costante e regolare nell’aiuto allo sviluppo dei paesi più poveri, fragili e in situazioni di emergenza.

L’ampio rapporto elaborato della Task Force inter-agenzie “Progressi e Prospettive 2018” ha fornito analisi e spunti che occorrerà esaminare e valutare con attenzione.

Molte le sessioni plenarie, i workshop, gli eventi collaterali di approfondimento che hanno permesso confronti tra paesi, istituzioni internazionali finanziarie e di sviluppo, organizzazioni operanti nei settori commercio, tecnologia, sviluppo sostenibile, rappresentanti della società civile, dell’imprenditoria, dei sindacati. Per l’Italia è intervenuto il diplomatico Luigi De Chiara del ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Alcune Ong italiane con lo status consultivo in ECOSOC (in particolare Actionaid, che è anche membro del coordinamento del Civil Society Group sul tema, e Intersos-Link2007) hanno partecipato alle plenarie ed agli eventi di approfondimento.

L’obiettivo della comunità internazionale, sotto la spinta dell’ONU, continua ad essere quello di eliminare la povertà e la fame e di realizzare uno sviluppo sostenibile e duraturo nella sue molteplici dimensioni: crescita economica per tutti, superando le disuguaglianze all’interno dei paesi e tra un paese e l’altro; inclusione e tutela sociale, promozione dei diritti umani fondamentali e dell’uguaglianza di genere; tutela dell’ambiente, della terra e delle sue risorse in uno spirito di solidarietà e di partenariato a livello planetario; riposta ai bisogni e alle difficoltà dei paesi meno avanzati, in particolare fragilità istituzionale o usciti da un conflitto, facendo sì che nessuna realtà sia dimenticata e lasciata sola. Gli OSS dell’Agenda 2030 sono per tutti il punto di riferimento e di misurazione di questo cammino. Per percorrerlo, si afferma, occorre trovare nuove risorse finanziarie, innanzitutto all’interno dei paesi in sviluppo, coinvolgere il settore privato e promuovere investimenti privati, garantire gli aiuti internazionali ai paesi più in difficoltà, assicurare la coerenza delle politiche con lo sviluppo sostenibile, a tutti i livelli.

Se gli obiettivi di sviluppo sostenibile sono chiari, codificati e universalmente condivisi, non altrettanto lo sono le ricette suggerite dalle istituzioni finanziarie internazionali, che possono essere, in estrema sintesi, così riassunte: i) per realizzare gli OSS occorrono più fondi; ii) gli Stati puntino a metodi di tassazione efficaci, lotta alla corruzione e ai flussi finanziari illeciti, rigorosa attenzione al debito pubblico, spesso fuori controllo; iii) si dia spazio al settore privato e agli investimenti privati incoraggiandone e facilitandone l’iniziativa e creando contesti ad essi favorevoli; iv) si continui a sostenere i paesi fragili con l’aiuto pubblico allo sviluppo e gli aiuti umanitari.

Le OSC riunite nel Civil Society FfD Group hanno, dal canto loro, evidenziato le contraddizioni esistenti. Molte sono ancora le barriere strutturali che impediscono le trasformazioni socio-economiche dei paesi in sviluppo e la necessità di riforme sistemiche dell’economia globale per renderla coerente con l’imperativo dei diritti umani, sociali e economici, della giustizia di genere, della dignità della persona e con l’attenzione primaria al bene collettivo e allo sviluppo sostenibile. Troppe sono le popolazioni e comunità che rimarranno emarginate da un’economia mondiale sempre più digitalizzata e immateriale di cui beneficiano ancora pochi, in un crescente divario tra un manipolo di super-ricchi e molti poveri, simbolizzato da quell'1% più ricco della popolazione mondiale che continua a possedere quanto il restante 99%, con miliardi di persone in situazioni di estrema precarietà e carenza di lavoro e cibo.

Tre soprattutto, per le OSC, le dissonanze nelle discussioni e conclusioni del Forum, pur apprezzando e incoraggiando gli sforzi delle Nazioni Unite per ampliare il consenso e gli impegni degli stati e delle istituzioni. La discordanza tra l’urgenza posta dalle molteplici sfide mondiali e le troppo timide ambizioni in termini di politiche pubbliche e di investimenti. L’insistenza sugli investimenti privati, assicurando vantaggi e coperture dei rischi, anche in presenza di alti livelli di debito, come se non fossero due facce della stessa medaglia. L’incoerenza tra l’impegno a mettere al centro le persone ed il pianeta e la non volontà di ridefinire le regole economiche, finanziarie e monetarie e di mettere fine ad investimenti insostenibili e a pratiche predatorie e lesive dei diritti umani.

Negli interventi è emersa la determinazione di alcuni Stati in sviluppo a muoversi decisamente nella direzione di un più efficace prelievo fiscale e una migliore valorizzazione e gestione delle risorse interne. Come il Burkina Faso che sta da tempo adottando programmi di lotta alla corruzione, trasparenza, digitalizzazione amministrativa, giustizia nei criteri di tassazione, accompagnati dall’informazione sull’uso dei fondi pubblici, i risultati ottenuti, le programmazioni dei ministeri, i criteri di selezione degli investimenti internazionali. Più in generale, il problema del crescente indebitamento preoccupa, sia per le crisi che può provocare che per l’impossibilità di operare nella direzione degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Il Forum 2018 ha esaminato in particolare quanto è stato fatto e le sfide da affrontare per gli OSS, con particolare attenzione a quelli relativi ad acqua pulita e servizi igienici, energia rinnovabile e accessibile, città e comunità sostenibili e inclusive, modelli di consumo e produzione sostenibili, utilizzo sostenibile dell’ecosistema terrestre, evidenziando la necessità di infrastrutture e sollecitando l’interesse del settore privato ad investimenti di lungo periodo nei paesi in sviluppo in coerenza con gli OSS. Ammodernare e digitalizzare la pubblica amministrazione e i servizi fiscali, puntando anche sulla cooperazione internazionale in materia fiscale e su regole condivise e vincolanti, può permettere la mobilitazione di nuove risorse finanziarie pubbliche, anche al fine di una maggiore redistribuzione.

L’aiuto internazionale per lo sviluppo rimane essenziale in particolare per i paesi più deboli e a rischio e per quelli colpiti da calamità naturali e conflitti e dai cambiamenti climatici, per i quali sono necessarie misure di prevenzione e un’accresciuta resilienza. Un’occasione di approfondimento sarà la prossima conferenza ad alto livello sul partenariato globale per un’efficace cooperazione allo sviluppo.

Altre importanti raccomandazioni del Civil Society Group vanno evidenziate per la loro importanza.

La finanza privata non può e non deve sostituire gli impegni pubblici per lo sviluppo sostenibile e gli investimenti necessari. Al ‘private finance first’, che sta influenzando le istituzioni finanziarie internazionali, occorre opporre la centralità delle politiche e degli investimenti pubblici con al centro l’interesse generale.

L’obiettivo dello 0,7% del Pil dei paesi più ricchi da destinare alla cooperazione per lo sviluppo sostenibile dovrà trovare una decisa accelerazione, prestando attenzione che tali risorse non siano utilizzate ad altri fini o a meccanismi di blending con dubbio impatto sullo sviluppo. L’affermazione “Non dobbiamo lasciare indietro nessuno” non deve rimanere lettera morta, rendendo poco credibili le istituzioni internazionali.

Occorre rinegoziare il debito dei paesi poveri che pesa su ogni processo di sviluppo, anche attraverso l’istituzione da parte delle Nazioni Unite di un meccanismo multilaterale che definisca un nuovo quadro giuridico per la ristrutturazione del debito sovrano dei paesi a rischio crisi.

I governi e le imprese private dovranno attuare e implementare, in ogni investimento, le convenzioni OIL sul lavoro, i principi guida ONU sulle imprese e i diritti umani e le linee guida OCSE per le imprese sovranazionali. In merito, si dovranno definire impegni vincolanti, dato che il carattere volontario di tali norme e principi ha dato pochi risultati.

L'autore è presidente emerito di Intersos

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