Cultura
Francesco e la lezione di don Tonino Bello: «La pace si costruisce nelle case, con pazienza artigiana»
Il Papa ha ricordato la figura e l'opera di don Tonino Bello, che sapeva agire «localmente per seminare pace globalmente: se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra». La pace, perciò, ha spiegato il Papa in visita pastorale in terra di Puglia, «si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione»
di Marco Dotti
«Amate Gesù Cristo, amate i poveri, siate costruttori di pace». A 25 anni dalla sua scomparsa, le parole di Tonino Bello, vescono di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi continuano a interrogare. Don Tonino, ha spiegato il postulatore della sua causa di beatificazione, monsignor Luigi Michele De Palma, «ha testimoniato la fede nella carità sia nella prassi della quotidianità sia nelle situazioni più difficili e scomode, spesso dimenticando sé stesso e la propria salute”. “Egli riusciva a infondere fiducia e speranza – conclude – perché scorgeva in chiunque, specialmente nei più sofferenti, il desiderio e la nostalgia di Dio. Sapeva tradurre il Vangelo con un linguaggio concreto e immediato».
Parlando ai fedeli ad Assano, in provincia di Lecce, Papa Francesco ha ricordato la missione e la vocazione profonda di don Tonino. «Se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra», ha detto papa Francesco. «La pace, perciò, si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione». E proprio a questa virtù artigiana, che plasma attraverso la carezza, don Tonino aveva dedicato uno dei suoi pensieri più toccanti (lo riascoltiamo nel video qui sotto).
non temeva la mancanza di denaro, ma si preoccupava per l'incertezza del lavoro. La pace si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione
Papa Francesco
Don Tonino, ha ricordato il Papa, nel corso della sua visita pastorale, «non temeva la mancanza di denaro, ma si preoccupava per l'incertezza del lavoro, problema oggi ancora tanto attuale». Francescano, don Tonino sapeva capire. E «capire i poveri», ha detto il Papa, «era per lui vera ricchezza. Aveva ragione, perché i poveri sono realmente ricchezza della Chiesa. Ricordacelo ancora, don Tonino, di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda».
Per don Tonino, la vicinanza ai poveri non andava teorizzata, ma praticata «seguendo l’esempio di Gesù, fino a spossessarsi di sé». Rischiando.
«Non lo disturbavano le richieste, lo feriva l’indifferenza. Non temeva la mancanza di denaro, ma si preoccupava per l’incertezza del lavoro, problema oggi ancora tanto attuale. Non perdeva occasione per affermare che al primo posto sta il lavoratore con la sua dignità, non il profitto con la sua avidità».
Allergico a titoli e onori, il Vescovo di Molfetta sapeva agire «localmente per seminare pace globalmente, nella convinzione che il miglior modo per prevenire la violenza e ogni genere di guerre è prendersi cura dei bisognosi e promuovere la giustizia. Infatti, se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra. La pace, perciò, si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione».
Per questo, don Tonino sapeva tenere i piedi bene per terra, ma gli occhi erano costantemente rivolti al cielo. Non a destra, né a sinistra ma in alto – insegnava d'altronde don Primo Mazzolari, altra figura esemplare a cui Francesco ha reso visita nei mesi scorsi.
Tonino Bello aveva «un cuore che collegava Cielo e terra» eha coniato per i cristiani, ricorda il Pontefice, una parola originale che indica «una grande missione».
Gli piaceva dire che noi cristiani «dobbiamo essere dei contemplattivi, con due, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell’azione», della gente che non separa mai preghiera e azione.
Di fronte agli «immobilismi e alle nostre continue giustificazioni», il Papa ha pregato perché don Tonino ci ridesti per essere sempre più «una Chiesa contemplattiva, innamorata di Dio e appassionata dell’uomo». Egli, “dono e profezia per i nostri tempi”, è l’auspicio finale del Papa, aiuti «noi come Chiesa» a non farci «imbrigliare da nostalgie passate e neanche da chiacchiere oziose del presente o da paure per il futuro», ma a vivere il Vangelo «senza sconti».
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