Volontariato

Piccola guida per nonni adottivi

I nonni finora non sono stati molto coinvolti nei percorsi dell'adozione, ma sono fondamentali. Per un bambino adottato sentirsi dire che “ti piacciono gli spinaci, anche il papà li amava da piccolo” è un modo per trovare similitudini con i genitori e sentirsi figlio in modo più profondo. Francesca Mineo ha scritto un libro per i nonni adottivi, che narrando la storia di famiglia mettono i nipotini dentro un albero genealogico

di Sara De Carli

«Cari nonni, adottiamo!». Comunicare ai propri genitori che diventeranno nonni è un momento emozionante, ma cosa succede quando sono a dare “la notizia” sono genitori adottivi? Non dovrebbe cambiare nulla, sempre genitori e sempre nonni si è, ma nella realtà cambia molto. Francesca Mineo, giornalista e mamma di un bambino nato in Cina, sulla base della propria esperienza e raccogliendo le riflessioni di tanti esperti di adozioni, ha scritto così “Adozione. Una famiglia che nasce”, una guida pratica per i nonni che va dal “prima” al “dopo” l’adozione, dalle frasi da non dire ai figli in attesa fino alle frasi che non sarebbero da dire ma che i nonni, mentre giocheranno ai giardinetti insieme ai nipoti arrivati da un’altra parte del mondo, si sentiranno purtroppo dire. Un diario di viaggio serio e scherzoso insieme, una guida per prepararsi, un aiuto a gestire il grande bagaglio emotivo e le domande che nonni e bambini portano dentro. Il volume esce oggi, per le edizioni San Paolo.

Francesca, perché hai pensato a un libro per i nonni adottivi?
È un argomento di cui si parla sempre più spesso nelle associazioni famigliari e negli enti autorizzati, perché ci si è resi conto di quanto conti il post adozione e di come nel post adozione venga coinvolta la famiglia allargata, in particolare i nonni. I nonni quindi cominciano anche ad essere coinvolti nei percorsi di preparazione all’adozione, con la proposta di alcuni incontri leggeri, per dare loro gli elementi principali: i nonni dovranno essere un po’ pronti, perché nel momento in cui la relazione con i nipoti diventa più forte e i bambini cominceranno a confidarsi, a parlare del loro passato, è necessario che i nonni sappiano come comportarsi e sappiano inquadrare anche le reazioni che i bambini potranno avere nel loro percorso di ambientamento. La preparazione dei genitori ormai è molto buona, loro hanno avuto tempo, sono pronti, i nonni invece fino ad oggi forse hanno sottovalutato le specificità dell’adozione, hanno dalla loro parte l'esperienza di genitori e magari anche di essere nonni di altri nipoti: “Ma, sì, alla fine sono bambini come tutti gli altri!”, tendono a dire. È vero, ma poi nella realtà ti rendi conto che questi bambini hanno bisogno di attenzioni specifiche, perché il trauma dell’abbandono pesa. Poi ci sono temi particolari, il vissuto specifico di ciascun bambino, per questo il consiglio degli esperti è che i nonni siano messi al corrente della storia del bambino, fin da prima che lui arrivi, perché è necessario avere le antenne ben dritte. Ecco allora il libro per i nonni. Io non sono un’esperta, ma faccio parlare gli esperti, per dare spunti.

Qual è secondo te il ruolo principale dei nonni? Durante l'attesa dell'arrivo del bambino e dopo, insieme a lui?
Nell’attesa consiglierei di prepararsi, di leggere. Quando il bambino è qui, i nonni hanno un ruolo fondamentale di accoglienza. Ci sono differenze tra i Paesi, ma in generale i bambini hanno un’attesa sui nonni, è una figura che piace, se la aspettano. Il ruolo dei nonni adottivi è lo stesso di tutti i nonni: essere confidenti, compagni di gioco, complici, per chiedere consiglio e per condividere piccoli segreti. Nel caso dei nonni adottivi è preziosissimo il loro ruolo di custodi della storia di famiglia. I bambini adottati hanno bisogno di ricostruirsi una storia o di scriversela, non hanno ricordo del loro passato in famiglia o ne hanno ricordi dolorosi: i nonni che raccontano sono un collante, riescono a legare i bambini ai genitori, costruiscono un albero genealogico. Per esempio sottolineare che “ti piacciono gli spinaci, anche il papà amava gli spinaci quando era piccolo”, fa dire al bambino “vedi, sono come il papà”. Mio figlio chiedeva spesso a noi e ai nonni di come eravamo da piccoli, se eravamo bravi a scuola o se chiacchieravamo, di quando facevano i dispetti ai fratelli… è un modo per trovare similitudini con mamma e papà e sentirsi figli in modo più profondo. L’essere figli si crea attraverso i racconti e la narrazione. Ecco, sì, i nonni devono essere molto bravi a raccontare la storia della famiglia. Certo ci vogliono alcune accortezze: ad esempio può non essere una buona idea portare al bambino la bambola con cui la mamma giocava da piccola, oppure non è il caso, all’inizio, di mostrare l’album di famiglia dove magari ci sono foto di neonati o di sorelle in gravidanza… tutto questo apre finestre emotive che potrebbero, nei primi tempi, creare un disagio. Consiglierei di chiedere sempre prima ai genitori, che hanno avuto formazione approfondita, così come quando arriva una domanda a cui un nonno non sa rispondere, sarebbe meglio dire “ne parliamo questa sera con la mamma e il papà”: questi bambini hanno bisogno di avere risposte univoche, la stessa versione, non risposte diverse. A volte chiedono ai nonni proprio per avere la conferma che ciò che i genitori hanno detto sia vero, per paura che non sia vero: quindi è molto importante essere tutti coerenti.

C’è un errore "tipico" che i nonni fanno?
Non so… magari la festa di accoglienza in aeroporto, con tutto il comitato, applausi, palloncini e trombette. Un giusto e sbagliato in assoluto non c’è, capisco la buona volontà e il desiderio di manifestare la propria gioia, ma se penso al nostro arrivo, con un bambino che per la paura non aveva chiuso occhio per tutto il viaggio, mostrando la volontà di controllare tutto ciò che stava accadendo… Entrato in cameretta, nostro figlio si guardò per un attimo intorno, si mise a saltare sul letto gridando: «Che bello, che bello!» e dopo un minuto crollò sul materasso in un sonno profondissimo. È vero che questi bambini hanno vissuto talmente tante esperienze che non sarà una festa di accoglienza un po’ troppo affollata a fargli male, però credo che una tranquillità in più faccia bene. Sono comunque bambini impauriti: spesso nei primi giorni sono perfetti, mangiano, dormono, sembra si siano ambientati istantaneamente senza problemi. Spesso però sono reazioni eccessive dovute a paura. Mio figlio arrivato che aveva quasi sei anni, ci ha messo un anno abbondante per inserirsi bene, anzi forse l’ho visto completamente sereno solo in terza elementare, dopo un paio d’anni dal suo arrivo. Ci vuole tempo.

Non taci neanche su una difficoltà che i nonni potrebbero incontrare: assistere al rifiuto dei propri figli da parte di bambini.
È doloroso, ma va messo in conto, più per la mamma che per il papà, che solitamente viene accolto come un cavaliere vittorioso. La mamma invece è un po’ più problematica. Ti mettono alla prova, per vedere se davvero tu ci sarai per sempre come dici. Tu devi resistere ai rifiuti ed esserci sempre nei fatti. Se i nonni vedono che ti tiene a distanza, ti respinge, che non vuole essere toccato da te, oppure che rifiuta di fare ciò che dice la mamma… loro devono confermare il ruolo della mamma e del papà e la mamma deve sopportare, fare buon viso a cattivo gioco… il primo anno è una fatica pazzesca. Poi tuo figlio vedrà che sei sempre lì e capisce che davvero sei la mamma per sempre. L’adozione è un amore che si costruisce e si sceglie di giorno in giorno, poi quando è cementato è un amore molto forte, più che viscerale.

Alla fine del libro raccogli tante frasi e domande superficiali o indiscrete che i genitori e i nonni adottivi si potrebbero sentir fare. L'adozione è vista ancora oggi come una cosa così "strana"?

È singolare perché da un lato ci sono quelli che ti vedono come un eroe coraggiosissimo, “oh come siete stati bravi”, dall’altro lato però vedo che c’è del razzismo latente. C’è sempre una ambivalenza. Però noi famiglie adottive siamo davvero testimoni di una inclusione possibile, facile, naturale, bella, è una esperienza che ti apre il mondo, ti mette in una diversa disposizione d’animo, ben al di là del fatto che impari a cucinare qualche piatto cinese.

Ci puoi raccontare un piccolo momento speciale di tuo figlio con i nonni?
Lin Yong è legatissimo ai nonni. Mio papà torna bambino in tre minuti, si fa fare di tutto da lui, quando loto tre sono in casa me la ribaltano, si scatenano, tanto che esco io. Con gli altri nonni fa più giochi di società, le carte, ma si diverte con entrambi. Quando arrivano i nonni è sempre una gioia. Anche il pane nella foto che ti ho mandato l’ha fatto insieme ai nonni.

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