Volontariato

Poveri, stranieri e disabili ostacolano le lezioni: i pregiudizi diventano valori

Moltissime le reazioni critiche dinanzi alle scuole che nel Rapporto di autovalutazione hanno evidenziato come opportunità l'estrazione sociale medio-alta degli alunni, senza disabili, stranieri, nomadi e DSA. Falabella (Fish): «episodi che riportano indietro le lancette di decenni, un insulto per milioni di persone con disabilità»

di Sara De Carli

«Riteniamo gravissimo che proprio quei luoghi che dovrebbero rappresentare il luogo primario di promozione dell’inclusione e di rigetto della discriminazione siano invece i veicoli del pregiudizio e dello stigma»: così Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap commenta le annotazioni classiste e discriminatorie che alcune scuole hanno evidenziato nei loro Rapporti di Autovalutazione, come portato alla luce ieri da un articolo di “la Repubblica”. Diciamo che non sono proprio le “pubblicità” delle scuole, come la Repubblica dice, ma certamente il rapporto di autovalutazione è anche una presentazione che la scuola fa di se stessa, uno strumento utile per le famiglie per scegliere la scuola a cui iscrivere i propri figli e soprattutto una rilettura critica dei propri punti di forza e di debolezza, preliminare alla stesura del piano di miglioramento della scuola stessa. Proprio per questo sono più gravi ancora, per il fatto che queste annotazioni – «le famiglie che scelgono il liceo sono di estrazione medio-alto borghese», «tutti gli studenti, tranne un paio, sono di nazionalità italiana e nessuno è diversamente abile», «la spiccata omogeneità socio-economica e territoriale dell’utenza facilita l’interazione sociale», «data la prevalenza quasi esclusiva di studenti provenienti da famiglie benestanti, la presenza seppur minima di alunni provenienti da famiglie di portieri o di custodi comporta difficoltà di convivenza dati gli stili di vita molto diversi», «l’assenza di gruppi di studenti con caratteristiche particolari dal punto di vista della provenienza culturale (ad esempio, nomadi o studenti di zone particolarmente svantaggiate) costituiscono un background favorevole alla collaborazione e al dialogo tra scuola e famiglia» – sono state scritte dalle scuole nelle caselle “opportunità” e “vincoli” (qui la replica della dirigente del Liceo Ennio Quirino Visconti).

Per Falabella si tratta di «episodi che riportano indietro le lancette di decenni, che provocano repulsione non solo per l’ignoranza che non dovrebbe albergare nella scuola, ma anche l’insulto a milioni di persone con disabilità e loro familiari. Sì, molta strada è stata percorsa, ma di fronte a questi rigurgiti discriminatori comprendiamo che ce n’è ancora molta davanti a noi. Il retropensiero, subdolo e strisciante, che i bambini con disabilità siano un ostacolo è emerso in modo esplicito. E questo è gravissimo. Bene ha fatto il Ministro Fedeli a replicare immediatamente con una propria dichiarazione ufficiale di condanna e ad attivare un attento monitoraggio dei Rav in riferimento a questo tipo di episodi».

La ministra Valeria Fedeli infatti subito ieri ha «stigmatizzato» il linguaggio utilizzato da alcune scuole: «Quando, nella sezione dedicata al contesto in cui opera la scuola, si inseriscono, alla voce ‘Opportunità’, frasi che descrivono come un vantaggio l’assenza di stranieri o di studentesse e studenti provenienti da zone svantaggiate o di condizione socio-economica e culturale non elevata, si travisa completamente il ruolo della scuola. Si negano i contenuti dell’articolo 3 della nostra Costituzione. Si fa un passo indietro rispetto a una delle caratteristiche fondanti della scuola italiana: la capacità di inclusione e integrazione. Una peculiarità riconosciuta anche a livello internazionale», ha detto. E ancora: «non possiamo in nessun modo permettere che in questo spazio di trasparenza vengano indicati come elemento di vantaggio o positività l’assenza di alunne e alunni con difficoltà di apprendimento, la scarsità di stranieri o ‘poveri’». Non è questa la scuola di cui abbiamo bisogno. Al contrario, per la ministra la scuola di cui abbiamo bisogno e che meritiamo è «una scuola inclusiva, capace di rispettare e valorizzare le differenze come elementi di arricchimento. Una scuola accogliente, dove nessuno si senta escluso e dove tutte le ragazze e tutti i ragazzi possano, indipendentemente dalla provenienza geografica, dalle condizioni socio-economiche, dal genere, dalla condizione fisica, essere formati per diventare cittadine e cittadini attivi, consapevoli, partecipi. È la scuola di cui abbiamo bisogno. È la scuola per cui stiamo lavorando ogni giorno. È la scuola che meritano e che si aspettano di trovare le nostre studentesse, i nostri studenti, le loro famiglie».

La ministra Fedeli ha chiesto all’Invalsi perché faccia un monitoraggio dei Rapporti di autovalutazione con riferimento a questo tipo di episodi: «Non sono assolutamente tollerabili e prenderemo provvedimenti specifici a seguito dei dovuti approfondimenti».

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