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Morelli, Unhcr: «Stare in Niger significa avere una posizione strategica»
La responsabile dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati in Niger, l'italiana Alessandra Morelli, spiega a Vita.it le sfide attuali di uno dei punti più caldi - e militarizzati - del mondo: "bisogna gestire le almeno 300mila persone in fuga dal terrorismo delle zone limitrofe e, allo stesso tempo, organizzare evacuazioni e successivi reinsediamenti di persone tolte alle violenze dei campi libici"
“Il Niger è un paese assolutamente strategico”. Non usa giri di parole Alessandra Morelli nel definire la nazione nella quale, dall’ottobre 2017, vive come responsabile dell'Unhcr, l'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati. Con missioni in tutti i luoghi caldi del mondo dal 1992 a oggi e un attentato a Mogadiscio nel febbraio 2014 al quale è sopravvissuta provvidenzialmente, Morelli, 57 anni, si trova ora d affrontare questa nuova sfida personale e professionale “in uno dei Paesi più povero al mondo ma, per quanto ho visto finora, anche uno dei più generosi nell’accoglienza a chi è in difficoltà”, sottolinea.
Il Niger è quel paese che il reporter e ricercatore Giacomo Zandonini aveva descritto per filo e per segno poco tempo fa a Vita.it soprattutto nell’individuare possibili motivi della recente decisione del Governo italiano a inviare un proprio contingente militare. Motivi di lotta al terrorismo e di controllo dei flussi migratori? Certo, come dichiarato in via ufficiale nel presentare la missione al Parlamento. Ma anche un’operazione geopolitica precisa, in una nazione prevalentemente desertica ma confinante con la preziosa polveriera libica, su cui da sempre l’Occidente ha interesse date le sue risorse naturali: essere presenti in un territorio dove Stati uniti, Francia e Germania annoverano già basi militari e influenza è oggi imperativo.
“La militarizzazione del Niger è una sfida rilevante, assieme alla migrazione mista: i vari flussi migratori che attraversano il Paese, su i quali noi come Unhcr ci concentriamo”, indica Morelli. “Stiamo parlando di almeno 300mila rifugiati provenienti dal Mali, dalla Nigeria e anche sfollati interni al Niger, scappati dalle devastazioni dei terroristi”. Sono sette gli uffici dell’Alto commissariato in Niger, Morelli li coordina dalla capitale Niamey: “il lavoro per identificare i bisognosi di protezione è senza sosta, in particolare cerchiamo di intercettare il flusso di persone che passa da Agadez diretto in Libia”. La città carovaniera di Agadez rimane uno snodo centrale, sebbene l’intensa attività di controllo dell’esercito nigerino dal 2016 ha fatto spostare l’asse della migrazione verso la Libia nei villaggi alle porte del deserto del Sahara.
Per l'Alto commissariato Onu l'ulteriore attività fondamentale, che ha avuto un’impennata negli ultimi mesi anche dopo le denunce delle organizzazioni umanitarie (tra cui la stessa Unhcr) sulle violenze indiscriminate in atto in Libia verso i migranti dall’Africa subsahariana e la pubblicazione di video in cui si vede come i criminali libici commerciano come schiavi gli stessi migranti, “è l’evacuazione di persone dalla Libia tramite un ponte aereo". Ce ne sono stati già vari e parecchie centinaia di persone sono state liberate dalla detenzione – illegale o meno – in Libia e ricondotte in Niger in vista del ritorno nel Paese di origine. L’ultima evacuazione o Etm, Emergency transit mechanism in ordine di tempo data venerdì 26 gennaio 2018, con 134 persone evacuate, di cui 74 msna, minori stranieri non accompagnati. “Per la gran parte di loro si studia il reinsediamento dal Niger al proprio Pese d’origine”, spiega Morelli. “In altre circostanze, si crea un ponte umanitario con altri Stati, il primo ad aderire è stato la Francia, che lo scorso 11 novembre 2017 ha accolto 25 migranti. Ora abbiamo avviato i contatti con altre nazioni europee che faranno la loro parte”. Che l’Italia sia presente in questa lista è poco meno di un dato di fatto, alla luce della disponibilità all’accoglienza tenuta finora, compreso l’eclatante ultimo atto del 2017 con l’evacuazione – in questo caso direttamente dalla Libia, verso centri di accoglienza gestiti dalla Caritas italiana – di 162 persone.
Con questo ponte aereo e i recenti 134, il totale delle persone finora tolte alle violazioni di diritti umani libiche è 523, riporta la stessa Unhcr. Sono finora 376, quindi, quelle riportate dalla Libia in Niger. “Può risultare strano ma il Niger è probabilmente l'unico Pese al mondo che ha oggi nel suo programma di governo l’attuazione della solidarietà verso i migranti”, rimarca la responsabile Unhcr, “e lo dimostra la buona collaborazione che abbiamo con le autorità”. Cosa dire invece del rapporto tra Unhcr e presenza militare internazionale? “Come in tutti i contesti militarizzati, la nostra sfida è quella di analizzare e lavorare per garantire che la nostra risposta umanitaria e di protezione mantenga la dovuta neutralità in ogni situazione in cui ci troviamo a intervenire”.
Foto di copertina: UNHCR/IBRAHIM ABDOU
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