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Allarme Oms, 500mila infezioni antibiotico resistenti. Pregliasco: «Ora servono regole»

Il presidente dell'Anpas Nazionale sottolinea come «è fondamentale regolare l'uso degli antibiotici. Bisogna intenderli come armi con un numero limitato di colpi. Bisogna sparare solo quando serve»

di Lorenzo Maria Alvaro

Dalla e.coli allo stafilococco aureo, è boom di persone colpite da infezioni resistenti agli antibiotici: nel mondo se ne contano almeno mezzo milione. Il nuovo dato arriva dal primo rapporto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) sulla sorveglianza dell'antibioticoresistenza ma la stima è molto inferiore ai dati reali. Ad oggi, infatti, sono disponibili solo i dati relativi a 22 Paesi. Inoltre nel computo non rientrano i casi di resistenza a infezione da tubercolosi (Tbc). Il sistema di sorveglianza Global Antimicrobial Surveillance System (GLASS) è stato lanciato dall'Oms nell'ottobre 2015 per far fronte a un'emergenza crescente, quella di super batteri che non rispondono agli antimicrobici normalmente utilizzati per debellarli. Tra i pazienti con sospetta infezione resistente, la percentuale di quelli con batteri resistenti ad almeno uno degli antibiotici più comunemente utilizzati variava enormemente tra i diversi paesi, da zero all'82%. La resistenza alla penicillina, la medicina usata per decenni in tutto il mondo per trattare la polmonite, variava da zero al 51% tra i paesi segnalanti. Ma cosa significa e cosa possiamo fare? Lo abbiamo chiesto a Fabrizio Pregliasco, presidente di Anpas Nazionale e medico specializzato in Igiene, Medicina Preventiva e Tossicologia.



Cosa significa l'allarme dell'OMS?
Che gli antibiotici rischiano di perdere efficacia. Il senso in sostanza è che c'è un problema intrinseco nell'uso degli antibiotici. Sono come una lama, più si usano più perdono il filo e funzionano meno.

Quali sono le cause questa perdita di efficacia?
Ce ne sono diverse alla base di questo funzionamento meno efficiente. In primo luogo non abbiamo nuovi antibiotici, questo significa che abbiamo sempre le stesse lame. Questo primo fattore si combina con un uso eccessivo che c'è stato negli anni. Uso sbagliato su diversi versanti. Una sorta di spreco di questa lama. Penso ad esempio all'uso in ambito veterinario nel campo dell'allevamento destinato all'alimentazione. L'uso poi eccessivo o sbagliato sull'uomo, cioè effettuato anche quando non servirebbe, esponendo l'antibiotico al batterio. In questo modo il batterio nel tempo trova la via per diventare resistente. Importante è anche che si seguano le indicazioni di utilizzo e si utilizzi sempre gli antibiotici adeguati.

La resistenza agli antibiotici di un battere che problemi genera?
È un duplice problema. Certamente per l'ammalato che sviluppa una malattia con batterio resistente. E quindi molto complicata da trattare. Ma anche per tutti gli altri perché il batterio sviluppa la resistenza agli antibiotici e quindi diventa un potenziale pericolo per tutti.

Perché allora non creare nuovi antibiotici, nuove lame?
Non è facile. Per farlo servono molti sforzi economici, tanto studi tanto tempo e, non si può negare, anche qualche colpo di genio e di fortuna.

Quindi come se ne esce?
Sostanzialmente attraverso un uso mirato, ragionato e risparmioso degli antibiotici. Ad esempio l'Italia ha fatto un codice di autoregolamentazione. Dobbiamo intervenire sull'uso di questa arma che ha munizioni limitate. Stabilire regole per cui si spara quando serve.

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