Mondo
Mediterraneo: l’ennesima tragedia nella Giornata della Memoria
"Una delle giornate peggiori dall’inizio della missione nel Mediterraneo Centrale", così SOS MEDITERRANEE e Medici Senza Frontiere (MSF) hanno raccontato quello che è successo alla nave Aquarius il 27 gennaio, quando all’imbarcazione è stato prima impedito di soccorrere un gommone da parte della Guardia costiera libica poi, in un’altra operazione di salvataggio, due donne hanno perso la vita e numerose persone sono rimaste disperse
di Redazione
«Noi testimoni della Shoah saremo dimenticati stiamo morendo tutti, ormai siamo rimasti pochissimi, le dita di una mano, e quando saremo morti proprio tutti, il mare si chiuderà completamente sopra di noi nell'indifferenza e nella dimenticanza. Come si sta adesso facendo con quei corpi che annegano per cercare la libertà e nessuno più di tanto se ne occupa», aveva dichiarato la scorsa settimana. la neo senatrice a vita e sopravvissuta ad Auschwitz, Liliana Segre e proprio nel giorno della memoria si è consumata l’ennesima tragedia nelle acque internazionali a largo della Libia.
«Una delle delle giornate peggiori dall’inizio della missione nel Mediterraneo Centrale nel febbraio 2016.» Così SOS MEDITERRANEE e Medici Senza Frontiere (MSF) hanno raccontato quello che è successo alla nave Aquarius il 27 gennaio. Dopo l’intercettazione di un gommone in difficoltà da parte della Guardia costiera libica in acque internazionali, la nave è stata impegnata nel soccorso di un altro gommone in procinto di affondare nelle acque internazionali al largo della Libia. 98 le persone salvate, fra cui 15 pazienti evacuati d’urgenza in elicottero, sei dei quali bambini con acqua nei polmoni. Un’operazione di soccorso particolarmente critica nella quale sono morte due donne e diverse persone risultano disperse, tra cui dei bambini e un neonato di un mese e mezzo.
Dall’inizio dell’anno si stima che siano circa 200 le persone di cui si ha conoscenza che hanno perso la vita nel Mediterraneo, mentre sono 5922 le persone arrivate in Europa dall’inizio di gennaio, di cui 1118 in Grecia, 3479 in Italia e 1325 in Spagna.
Cos'è successo il 27 gennaio
«Abbiamo dovuto affrontare un salvataggio molto critico. Quando le nostre lance si sono avvicinate al gommone, questo era già sgonfio da un lato e alcune persone erano già in acqua senza salvagente. Tutti i dispositivi di salvataggio d’urgenza sono stati immediatamente dispiegati, ma molte persone avevano già perso conoscenza quando sono state recuperate ed è stato necessario rianimarle. Malgrado tutti gli sforzi dei soccorritori e del team medico per due donne era già troppo tardi sfortunatamente», ha raccontato Klaus Merkle, coordinatore delle operazioni SAR (Search and Rescue) di SOS MEDITERRANEE. «È stata una scena terribile, con molti casi medici urgenti che continuavano ad arrivare a bordo della Aquarius. Continuavano ad arrivare, uno dopo l’altro, incoscienti, non respiravano più», ha raccontato Aoife Ni Mhurchu, infermiera di Medici Senza Frontiere.
Sette persone in stato d’incoscienza al loro arrivo a bordo (una donna, tre neonati e tre bambini piccoli) sono stati rianimati con successo. Di contro, gli sforzi della équipe medica sono stati vani per altre due donne che non sono sopravvissute, lasciando orfani due bambini, un neonato di pochi mesi che ora si trova a bordo della Aquarius e un bambino di quattro anni, che è stato evacuato da un elicottero della Marina italiana a Sfax in Tunisia con altri nove pazienti (tre adulti e sei bambini, più i loro sei accompagnatori adulti).
Gli altri sopravvissuti di questo naufragio sono arrivati a bordo in stato di choc, disorientati a causa della inalazione di benzina, alcuni in ipotermia, altri con ustioni dovute alle fuoriuscite di carburante.
I racconti dei sopravvissuti sono agghiaccianti: «Le persone hanno cominciato a farsi prendere dal panico. Ero sul gommone, ma a un certo punto qualcuno mi ha tirato indietro e mi ha fatto cadere in acqua», ha raccontato un sopravvissuto camerunense a un volontario di SOS MEDITERRANEE. «Sono caduto in acqua e qualcuno si è aggrappato a me mentre tentavo di aggrapparmi al gommone, stavo per annegare allora l’ho morso», ha aggiunto la moglie. Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, alcune persone erano già cadute in acqua prima dell’arrivo dei soccorritori di SOS MEDITERRANEE.
Una giornata doppiamente tragica
Prima di essere mobilitata dal MRCC (Maritime Rescue Coordination Centre) di Roma per il salvataggio di questo gommone in difficoltà, la nave Aquarius è stata testimone impotente di una nuova intercettazione da parte della Guardia costiera libica nella stessa zona geografica, in acque internazionali.
Nella notte di sabato, intorno alle 2.00 del mattino, la nave Aquarius ha ricevuto dal MRCC di Roma l’istruzione di ricercare una imbarcazione in difficoltà nelle acque internazionali a Ovest di Tripoli. Il gommone è stato trovato quattro ore più tardi a circa 15 miglia marine dalle coste libiche e intercettato dalla Guardia costiera libica, che ha ordinato alla Aquarius di allontanarsi e rifiutato fermamente ogni forma di assistenza.
«Avevamo appena avvistato il gommone con un centinaio di persone a bordo. I fari della Aquarius sono stati accesi e puntati verso l’imbarcazione. Potevamo vedere i volti spaventati delle persone e sentirle gridare e chiedere aiuto, i nostri team erano pronti a intervenire per salvare questi uomini, queste donne e questi bambini in pericolo, ma la Guardia costiera libica ci ha ordinato brutalmente di lasciare la zona e ha categoricamente rifiutato qualsiasi offerta di assistenza dalla nostra nave umanitaria ", ha raccontato Klaus Merkle, coordinatore dei soccorsi di SOS MEDITERRANEE.
Informata dal MRCC di Roma che la Guardia costiera libica assumeva il comando sul posto ("on scene commandment") di questa operazione, alla Aquarius è stato chiesto di conformarsi alle loro istruzioni. Dopo aver intimato alla Aquarius di lasciare la zona, l’imbarcazione della Guardia costiera libica l’ha informata via radio di aver intercettato due gommoni in difficoltà, senza tuttavia specificare dove avrebbe condotto le persone che erano bordo.
«Il diritto marittimo internazionale prevede che le persone soccorse in acque internazionali siano accompagnate in un porto sicuro. Ora questo luogo sicuro non può essere la Libia, in preda al caos e priva di strutture statali degne di questo nome, in cui i diritti fondamentali delle persone sono quotidianamente violati, e in particolare quelli di migranti e rifugiati, che lì sono vittime delle peggiori atrocità ", ha precisato Sophie Beau, vice presidente di SOS MEDITERRANEE International.
«Il tragico salvataggio di sabato dimostra che l’emergenza continua e c’è urgente bisogno di più mezzi di soccorso nel Mediterraneo. Proseguiremo nella nostra missione e rinnoviamo il nostro appello agli Stati europei a mettere in atto azioni concrete per porre fine a queste tragedie», ha dichiarato Valeria Calandra, Presidente di SOS MEDITERRANEE Italia.
Foto: Lautin Schmid (SOS MEDITERRANEE)
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