Salute

Santarelli-Corradi, ecco il percorso che li aspetta

Dopo il post con cui l'attrice ha raccontato della malattia del figlio su Instagram si sono accesi i riflettori sul mondo della pediatria oncologica. «Il servizio psicologico di supporto, accoglienza e accompagnamento in Italia è quasi esclusivamente garantito dal servizio pubblico. E spesso è nato dalla volontà di medici, genitori e associazioni perché non era previsto. Un vero miracolo», spiega Carlo Alfredo Clerici, dirigente medico presso il servizio di psicologia clinica all’Istituto nazionale dei tumori di Milano

di Lorenzo Maria Alvaro

Non entra nel dettaglio, non fornisce particolari specifici, ma via social Elena Santarelli rende bene l’idea di quanto sia drammatico il momento che lei e suo marito, l'ex calciatore Bernando Corradi, stanno attraversando dopo la diagnosi fatta al primogenito di 8 anni che è gravemente malato.

Il 30 novembre e’ come se io e mio marito avessimo ricevuto un pugno nello stomaco senza preavviso ,un pugno così forte che ti toglie il respiro e ti gela il corpo all’istante . Ho sempre pensato che quando diventi mamma o papà sei automaticamente impotente,nel senso che non puoi mai proteggere i tuoi figli da tutto e tutti che prima o poi la mamma e il papà si sentono disarmati ,e così quella sera si è materializzato questo pensiero ,una diagnosi che un genitore non vorrebbe mai sentirsi pronunciare dai medici ma con cui abbiamo dovuto cominciare a farci l’abitudine,non voglio entrare nei particolari ma voglio solo dire grazie a tante persone,incominciando dal dottor Marras e a tutta la sua equipe,alla dottoressa Angela Mastronuzzi (per noi diventata solo “Angela “)a tutto il gruppo di infermieri del bambin Gesù che amorevolmente ci hanno seguito ,al nostro pediatra e amico il Prof.luigi Giannini ,al dott. Savastano che intuì insieme al mio istinto materno che bisognava andare a fondo ,a tutta la mia famiglia e a quella di mio marito ,ai nostri amici che ci hanno sempre regalato parole di conforto e amore anche quando non avevo voglia di sentire nessuno e sfogavo tutta la mia rabbia contro tutto e tutti ,a tutte le mamme che ho conosciuto in quel reparto ,ecco solo voi forse avete capito realmente come mi sentivo e come mi sento perché come me ci state passando..grazie anche a Greta che inconsapevolmente tutti i giorni ci ha strappato dei sorrisi che per qualche istante ci hanno fatto volare via con la mente..se ho dimenticato qualcuno di importante sappiate che siete tutti nei nostri cuori,che questa battaglia la faremo tutti assieme e sicuro la vinceremo!Energia positiva genera energia positiva e a te Angela voglio prometterti che insieme realizzeremo la ludoteca in reparto.Come disse Benigni “ la vita è’ bella -life is beautiful” e in quanto tale deve essere vissuta tornando piano piano alla normalità senza paura ,più facile a dirsi che a farsi ma deve essere così anche se la paura prende il sopravvento. http://www.progettoheal.com/ http://www.ilmondodimatteo.com/ https://www.iragazzidellaluce.org/ se volete farvi un regalo ❤️ #grazie

Un post condiviso da Elenasantarelli (@elenasantarelli) in data:


Il post con cui la conduttrice televisiva ha raccontato la situazione su Instagram

Una situazione che molte famiglie purtroppo si trovano ad affrontare e che i medici devono gestire e mediare, nonostante l'inevitabile coinvolgimento emotivo. La malattia di un minore è forse uno dei casi più delicati del lavoro sanitario. Per capire come ci si debba muovere abbiamo chiesto a Carlo Alfredo Clerici, ricercatore di psicologia generale all'Università Statale di Milano e dirigente medico presso il servizio di psicologia clinica all’Istituto nazionale dei tumori di Milano.


Ogni centro di oncologia pediatrica è fornito di uno staff dedicato al sostegno piscologico?
Dipende dalla realtà dei centri. Nei grandi hub è previsto un servizio psicologico mentre nei piccoli centri c'è più che altro una cosulenza. La nostra pediatria ha due persone fisse dedicate. Questo perché la cultura medica intorno al bambino malato grave è un problema che coinvolge tanti attori diversi: il minore e la famiglia in primo luogo. Ma è anche un tema multidisciplinare perché coinvolge un sacco di altre sfere. Basti tenere presente che un bambino deve continuare ad andare a scuola e a relazionarsi frequentando i propri amichetti.

In cosa consiste il vostro intervento?
Lo definirei un percorso di supporto, accoglienza e accompagnamento.

Quale il primo step di questo percorso?
La prima questione da affrontare è far atterrare le persone in un contesto traumatico molto duro. Ci sono la paura della morte e il dolore che non lascia molto spazio al pensiero. Situazioni aggravate spesso dall'esigenza di doversi trasferire lontano da casa. Il secondo step per importanza poi è costruire un rapporto di fiducia con il minore e i suoi genitori. È un'evidenza scientifica che se la persona arriva in un luogo che accoglie e non solo votato alla cura può superare il trauma e attivare le proprie risorse.

Quindi vi attenete a una prassi consolidata?
Esiste naturalmente una prassi. Ma ogni caso è singolare. A differenza di una medicina che si muove su protocolli il nostro intervento è calato nella singolarità e cambia ogni volta, si adatta alle diverse situazioni che incontriamo.

Come proteggete voi medici dall'inevitabile coinvolgimento emotivo?
Nella maggior parte dei centri di alto livello, anche quando le situazioni sono difficili, esiste un aspetto di impegno umano oltre che scientifico che permette di imparare anche quando le cose non vanno bene. Imparare ad avere strumenti migliori o soluzioni più utili per il paziente successivo. C'è poi naturalemnte una formazione sulla relazione e al sostegno di gruppo. Si tratta comunque di un ambito molto motivato e particolare…

In che senso?
Si deve tenere presente che la cura dei bambini non rende economicamente. Per questo avviene quasi esclusivamente in strutture pubbliche. Questo è motivo di grande orgoglio e credo anche indicativo della serietà e bontà delle risorse messe in campo. Le persone si accorgono di questo ambito solo se capita il caso più famoso. Ma il vero miracolo è chene i centri di oncologia pediatrica ci sia anche il servizio psicologico, che per lo più non era previsto. Supporto che si gioca nel rapporto coi gentiori o con le associazioni in un'ambito di sussidiarietà.

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