Welfare

Il welfare oltre il welfare

Oggi più che mai, in un momento di risorse pubbliche in calo e tagli alla spesa, nessun modello di politica pubblica può essere più immaginato senza la collaborazione sistematica e organizzata con il mondo dell’impresa sociale innovativa e della “finanza che include”. L’analisi di Giovanna Melandri presidente di Human Foundation

di Giovanna Melandri

Il dato da cui partire, è drammaticamente reale: in un regime di risorse pubbliche in calo e tagli alla spesa, nessun modello di welfare e di politica pubblica può essere più immaginato senza la collaborazione sistematica e organizzata con il mondo dell’impresa sociale innovativa e della “finanza che include”. Puntare su investimenti a impatto sociale, sembra ormai essere non soltanto la via più razionalmente percorribile, ma inizia addirittura ad essere considerato sempre più il trend di riferimento per comunità come l’Europa, che hanno la necessità di rendere più efficiente l’apparato elefantiaco del welfare, a partire dalle singole Amministrazioni dei Paesi membri, che devono poter migliorare il benessere dei propri cittadini, in armonia con le esigenze di un erario sovente asfittico.

In un regime di risorse pubbliche in calo nessun modello di welfare può essere più immaginato senza la collaborazione sistematica e organizzata con il mondo dell’impresa sociale innovativa e della “finanza che include”


Il seminario dal titolo “Nuove politiche di Welfare e investimenti ad impatto sociale”, organizzato a Roma l’8 novembre scorso da Social Impact Agenda per l’Italia (l’associazione nazionale delle realtà italiane che si occupano di finanza inclusiva e impact investing) ha visto partecipe e protagonista, una folta delegazione di amministratori da tutta Italia, che si trovano in questi anni ad affrontare in prima linea una stagione di tagli alle risorse e finanziamenti pubblici in calo. Sindaci, assessori comunali e regionali sono arrivati, forti delle loro esperienze sul territorio, con le loro provenienze politiche, con le loro esigenze, perplessità e proposte.

Obiettivo di partenza dell’iniziativa è stato quello di insediare un tavolo nazionale di lavoro pubblico-privato che possa affrontare la sfida di un nuovo modello di welfare su scala comunale e regionale. Molti gli spunti di riflessione, dalla ridefinizione di macroaree d’intervento, all’analisi delle esperienze internazionali in ambito di bond sociali, al coinvolgimento delle fondazioni bancarie nei processi finanziari, all’esposizione dei singoli interventi localmente attuati (dall’housing sociale, all’assistenza sanitaria, al reimpiego della popolazione carceraria).

Soprattutto, da molte parti si è sentita la necessità di sottolineare quello che forse è il maggior contributo possibile, alla causa dell’Impact Investing: l’esigenza di fornire evidence alle policy, introducendo criteri di valutazione, tanto innovativi quanto sperimentali. Di rendere in qualche modo percepibile l’evidenza del vantaggio delle scelte compiute, soprattutto nei confronti dei principali stakeholder coinvolti, che restano pur sempre e per definizione, il “decisore istituzionale” e la cittadinanza, in grado quest’ultima di influenzare le politiche del primo, soprattutto in determinati contesti di raccolta del consenso.

Il maggior contributo possibile alla causa dell’Impact Investing è il fornire evidence alle policy, introducendo criteri di valutazione, tanto innovativi quanto sperimentali

Come affrontare, quindi, il tema cogente della metodologia di valutazione, esaltando l’importanza fondamentale dell’evidence based?

La ricerca di valutazione è inevitabilmente stressata dai vincoli temporali. Il ciclo politico degli ultimi anni, ruota più rapidamente del ciclo di ricerca, con il risultato che le valutazioni “in tempo reale” spesso hanno poca influenza sulla creazione di policy adeguate. Di conseguenza, la ricerca di una policy basata sulle evidenze rischia, quando va bene, di risolversi semplicemente in una revisione sistematica dei risultati delle indagini precedenti, nei rispettivi settori d’intervento.

E neppure l’adeguamento del quadro temporale ai fini di una efficace valutazione, è di per sé garanzia di successo. L'evidenza, nuova o vecchia, per quanto “ricalibrata”, rischia di essere semplicemente autoriferita, e distante dalle esigenze, invece progressive e mutevoli delle platee beneficiarie dell’intervento, soprattutto quando si considerano i termini di ricaduta sul tessuto sociale, come vincoli fondanti dei progetti stessi.

C’è ampio dibattito sulla migliore strategia di sintetizzazione realistica dei risultati della ricerca a beneficio del processo politico. Certa, è l’esigenza di una profonda opera di re-design dei percorsi progettuali, che devono contenere in seno i criteri di valutazione del raggiungimento del risultato, come parte integrante del processo stesso.

Un processo che sia innanzitutto di stimolo ad orientare la sensibilità dell’investitore privato verso una scelta alternativa come l’affidamento del proprio patrimonio ad un bond sociale, in cui il riconferimento della quota sia garantito dalla P.A. attraverso la costituzione di un apposito “outcome base fund”, ovvero di uno stabile accantonamento di risorse che innanzitutto salvaguardino il capitale in affido.

Ciò già avviene anche in paesi dall’amministrazione a forte caratterizzazione statale.

In Europa sono già in sperimentazione modelli Pay By Result: in Francia esistono “contrat” ad impatto sociale, mentre in Germania il tema è entrato nel dibattito pubblico.

Questi sono i tempi in cui, il moloch decisore del Welfare europeo, di concerto con le rispettive amministrazioni degli Stati, deve dimostrare che le risorse di cassa siano spese in maniera efficiente. Attuare politiche basate sui risultati significa legittimare la difesa del Welfare, anche come antidoto a masse critiche che vanno costituendosi per reazione attorno a messaggi di sapore qualunquista.

Per questo, la rispondenza del territorio, attraverso i suoi rappresentanti istituzionali, convenuti da ogni parte del Paese è così fondamentale, e foriera dei migliori auspici di cooperazione proattiva, al fine di realizzare un “flusso unico di pensiero”, da contrapporre al flusso di “pensiero unico” che rischia realmente di far soccombere la nostra società sotto le conseguenze di una visione deviata e superficiale di un tema così dirimente come quello del benessere sociale.


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