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Ennio Bordato: Vita è sempre con noi in prima linea per aiutare i bambini
Da Mosca a Beslan fino al Donbass, da quasi vent’anni la onlus “Aiutateci a Salvare i Bambini” è in campo dove i bambini soffrono. Vita.it ha collaborato alla campagna di fundraising in favore della mamma ucraina Anna Tuv e recentemente ha rilanciato quella per il piccolo Matvej. L’intervista con Ennio Bordato presidente dell’associazione
Su Vita.it qualche mese fa abbiamo dato spazio alla vicenda di Anna Tuv, una giovane mamma del Donbass che aveva perso l’uso delle braccia a causa della guerra. Avevamo raccontato della raccolta fondi che la onlus “Aiutateci a Salvare i Bambini” aveva attivato per permetterle di avere la protesi di cui necessitava per continuare a fare la mamma e occuparsi dei due figli scampati al bombardamento. Un campagna da 25 mila euro che ha avuto successo. In questi giorni siamo tornati a dare sostegno a una di queste storie, questa volte per il piccolo Matvej, un altro figlio ferito del Donbass. È così che abbiamo scoperto che il successo della raccolta è dipeso, in parte, anche dai nostri semplici articoli. Per questo abbiamo deciso di intervistare Ennio Bordato, presidente dell’associazione.
Ennio, quando e come è nata l’Associazione “Aiutateci a Salvare i Bambini Onlus”?
Tutto nasce alla fine degli anni ‘90. Con la Russia il mio legame nasce nel 1981 quando un amico, scomparso in giovane età, mi chiese di accompagnarlo a visitare Mosca. È da quel fortuito viaggio a Mosca che inizia il mio “Mal di Russia”. Dal 1981 al 2000 ho avuto modo di vedere l’ultimo gemito dell’Urss ed il primo vagito della “nuova Russia”. Vidi un popolo ed un paese allo stremo. Stremo economico, fisico e spirituale. Nel 2000 un caro amico – uno storico russo che vive da anni in Italia – mi informò di avere aperto un sito internet sulla storia della Chiesa ortodossa russa in Italia. Ecco, su quel sito arrivato da chi sa dove, apparve un banner. Cliccai ed entrai nel sito, ancora abbozzato e terribilmente brutto, del Gruppo di volontariato Padre Aleksandr Men’ di Mosca. Una prima veloce raccolta di fondi fra gli amici, un viaggio a Mosca, l’accoglienza della scomparsa Galina Čalikova, l’allora vicepresidente del gruppo, che mi ospitò, sconosciuto, in casa sua per tre giorni e l’aprirsi delle porte della Clinica RDKB (Clinica Pediatrica Russa) e del reparto di Oncoematologia che ricordo dipinte con una vernice bianca a più mani e nere di muffa. Da questo caso “fortuito” e dalla visita nacque l’Associazione che, nei quasi vent’anni di vita ha fatto una tale mole di azioni che nessuno pensava potessimo riuscire a fare.
Voi aiutate la Russia, ma dove operate principalmente?
Nei primi anni abbiamo operato unicamente presso la Clinica pediatrica RDKB di Mosca, l’ “Ammiraglia della pediatria” come dicono a Mosca, nei reparti più “duri”: oncologia pediatrica, oncoematologia, genetica ed altri. E questo in partenariato con l’amministrazione della clinica e con il Gruppo di Volontariato “Padre Aleksandr Men’”. Un gruppo di persone che hanno fatto la storia della società civile russa dopo il 1991. Fondato da Padre Men’, un prete ortodosso che segnò la Russia post sovietica: la rinascita del volontariato e della Società civile dopo 70 anni dalla Rivoluzione dell’Ottobre 1917. Una persona – purtroppo quasi sconosciuta in Italia – ma che si deve accumunare con altre personalità sovietiche assai conosciute: Aleksandr Solženicyn, Andrej Sacharov e Mstislav Rostropovič. Dopo quasi dieci anni di attività, alla fine di quegli anni bui, la situazione economica della Russia diventò gradualmente migliore. Lo Stato riusciva finalmente a finanziare molto meglio il welfare e naturalmente anche la sanità. Per questo “Aiutateci a Salvare i Bambini”, pur non lasciando Mosca, iniziò ad aiutare altre realtà bisognose. Ora siamo presenti anche nella Regione di Archangel’sk, in Siberia (Repubblica Buriatija), a Volgograd e rimane sempre molto profondo il rapporto nel Caucaso, con la città martire di Beslan. In queste regioni abbiamo ormai superato i trenta progetti “comunitari” che hanno aiutato la pediatria russa ad ammodernarsi non solamente nelle attrezzature, ma anche e soprattutto nella concezione del rapporto ospedale-bambino, struttura sanitaria, medico e famiglia. Ed i casi singoli che necessitano di aiuto, gli orfani disabili e le vittime delle guerre e del terrorismo hanno raggiunto e ormai superato la soglia dei mille bambini.
Come operate? Quali sono le priorità nei vostri interventi?
La nostra “mission” è da sempre quella di aiutare la pediatria russa, i bambini e le famiglie meno abbienti. Dare un contributo per curare i bambini gravemente ammalati, orfani, vittime del terrorismo e delle guerre della Federazione Russa e dei paesi ove vivano popolazioni russofone. Operiamo su due livelli: aiuti a singoli bambini che hanno bisogno di cure urgenti (oncologiche, specialistiche in genere) e progetti “comunitari”. Nel primo “livello” possiamo contare oltre il migliaio i bambini aiutati a guarire. Nel secondo “livello” oltre 30 i progetti “comunitari” portati a termine. Da non dimenticare in particolare il nostro intervento pluriennale nella città martire di Beslan che assume per la nostra Associazione una valenza molto particolare. La nostra azione si basa su un rapporto di partenariato fra noi, il volontariato russo e le amministrazioni locali (ministeri regionali, strutture ospedaliere e di accoglienza), affinché dai nostri progetti nasca non solo un sistema di cura e protezione migliore, ma cresca una cultura maggiormente partecipe dei soggetti che operano nel vasto campo della pediatria e dell’aiuto-sostegno all’infanzia.
Anna Tuv in Italia con la protesi al braccio
Beslan: un nome mai dimenticato..
Lo spero. Beslan non deve essere dimenticata. Beslan deve continuare, per i Giusti del mondo, a rappresentare il dolore più profondo dell’umanità ferita, dolente, incapace a vivere in pace e ad insegnare a non usare l’assassinio di un popolo e dei suoi bambini per finalità politiche. Nella storia di “Aiutateci a Salvare i Bambini” Beslan rappresenta una pietra miliare nella sua opera di aiuto ai più piccoli di Russia, ai suoi bambini. Una pietra miliare ed un orgoglio: l’essere riusciti a svolgere un compito assai arduo e al quale, in verità, nessuno poteva essere preparato: aiutare un’intera città, un intero popolo a superare un trauma collettivo, che forse non ha pari nella storia dell’umanità moderna. L’assassinio deliberato, scientificamente pianificato, di centinaia di bambini in una scuola di una piccola città, sin allora sconosciuta del Caucaso russo, al solo scopo di minare la Federazione Russa nelle sue fondamenta e demolire la sua dirigenza di fronte al mondo intero, commosse e suscitò la volontà di prestare un aiuto immediato.
In che modo venite a conoscenza di questi casi disperati?
Le vie del dolore e della solidarietà sono infinite. I casi siano essi individuali o “comunitari” ci arrivano dai partner, dalla rete dei social russi e non, da mail di mamme sole che non sanno a chi rivolgersi e in qualche caso anche dalla stampa. Spesso è il “passaparola” che ci porta storie di drammi assoluti, soprattutto nelle zone più difficili, come ad esempio negli ultimi tre anni dal Donbass in guerra.
Matvej con la sua mamma
Perché negli ultimi anni, soprattutto, vi occupate delle piccole vittime del Donbass?
La guerra! La guerra “che non c’è e che non si deve raccontare” quella del Donbass. Già un’altra guerra nel 2008, dopo il genocidio degli osseti del sud nell’agosto di quell’anno da parte delle truppe georgiane, ci aveva spinto per la prima volta oltre i confini della Federazione Russa. Siamo intervenuti, in Ossezia del Nord – Alania, con un progetto dedicato ai bambini feriti e sfollati dalla guerra nell’Ossezia del Sud. Per la prima volta aiutavamo i bambini sofferenti a causa di una guerra. Per questo nel 2014, dopo il colpo di Stato a Kiev e l’inizio della guerra contro la popolazione russofona del Donbass, ci siamo mossi subito per portare aiuto. Come nostra abitudine stiamo intervenendo in due campi: le urgenze di singoli casi e i progetti “comunitari”. Nel primo caso una decina i bambini gravemente feriti e mutilati sono stati aiutati a curarsi sia in loco, che in Russia e anche in Europa. Nel secondo caso interventi e aiuti per asili, ospedali pediatrici e reparti oncologici delle molte città del Donbass. Voglio citare i casi individuali che ci hanno visto particolarmente impegnati, per dare voce a loro, come a tutti bambini rimasti feriti e mutilati da questa guerra infame. Da Vanja Voronov (allora di 8 anni) che nel 2015 perse le gambe, un braccio e la vista, al piccolo Andrjusha Dmitrev (11 anni) che per il quarto anno aiuteremo a farsi operare in Germania per cercare di recuperare l’uso delle gambe. Viktorija Mager (13 anni) che fu la prima tra i bambini aiutata nel 2014 e che, anche grazie alla solidarietà italiana ora è ritornata a camminare e a vivere normalmente. Un cenno particolare per una donna straordinaria: Anna Tuv alla quale il nostro aiuto ha ridato letteralmente un braccio per dare una speranza di vita ai suoi due figli di 4 e 2 anni che hanno vissuto la morte del padre e della sorella maggiore a causa del bombardamento, nel maggio 2015, della loro casa, da parte dell’esercito ucraino, nella città martire di Gorlovka.
(Nella foto di copertina Ennio Bordato con Anna Tuv e suo figlio)
Anche io, e tutte le perosone che avete aiutato insieme a noi, vogliamo dire con forza: #iostoconvita. Una storia e un'esperienza editoriale che non può venire meno. Ce n'è troppo bisogno.
Ennio Bordato
Con la campagna per Anna Tuv avete avuto un grande successo. Come lo spiega?
Un “successo” targato anche Vita che ci ha permesso di far conoscere la storia di Anna al vasto pubblico. Una storia che ha commosso l’Italia e per la quale siamo riusciti a raccogliere in poche settimane una cifra estremamente importante: 25mila euro. Nonostante la rapidità per la raccolta della somma necessaria alla protesi un problema insormontabile, per quasi un anno, causò un ritardo all’arrivo di Anna Tuv in Italia: la mancanza del suo passaporto andato distrutto nel bombardamento della casa. Non essendo in possesso del documento non poteva chiedere il Visto necessario per l’ingresso in Italia, essendo inoltre stata iscritta nella lista dei “terroristi” e dei “nemici dell’Ucraina” non poteva di certo entrare in territorio ucraino per chiedere il rilascio del documento di espatrio, pena l’arresto immediato ed un concreto pericolo di vita. Che fare? La nostra Associazione in tutti quei mesi cercò, aiuto presso molte istituzioni ed organizzazioni internazionali, italiane e non, nessuna di queste riuscì a risolvere concretamente la questione. Poi, grazie, solo ed unicamente, all’Ambasciata della Federazione Russa di Roma e al Ministero degli Esteri russo che si sono presi a cuore la situazione di Anna Tuv, la Russia ha provveduto ad organizzare un percorso molto abbreviato per il riconoscimento dello status di profuga con il quale Anna ha potuto finalmente ottenere il documento per l’espatrio, ed ai sensi delle Convenzioni internazionali, poter così ottenere il visto d’ingresso per motivi medici per il nostro paese. Nel gennaio di quest’anno, ad un anno dall’inizio della raccolta fondi, Anna Tuv ha potuto ricevere dal Centro Inail di Budrio la protesi che le ha finalmente permesso, come lei stessa ha raccontato, di “Riabbracciare i miei due bambini con tutte e due le braccia”. Ora Anna vive a Mosca, ha un nuovo compagno e i due bambini Zachar e Milana stanno crescendo lontano dalla guerra. Una vita finalmente normale e serena alla quale Vita ha contribuito in maniera sostanziale. Ricordo, e ringrazio, la Redazione di Vita che ci è sempre stata vicino. I primi articoli sulle nostre attività risalgono praticamente ai primi anni della nostra storia. Ci è stata vicino in momenti importanti, dalla “Casa dell’Accoglienza” (la foresteria pediatrica) all’inizio del progetti per gli orfani “Tu non sei solo! Orfani di Russia” sino ad Anna Tuv e al piccolo Matvej che in queste settimane stiamo aiutando per permettergli un’operazione onde evitare che rimanga sordomuto a vita.
Come sa Vita sta attraversando un momento aziendale difficile, per cui abbiamo lanciato la campagna #iostoconvita…
Lo so e voglio dire con forza che anche io, e tutte le perosone che avete aiutato, stiamo con Vita. Una storia e un'esperienza editoriale che non può venire meno. Ce n'è troppo bisogno.
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