Welfare
21mila minori in comunità, uno su due è straniero
L'Autorità Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza ha presentato ieri il suo secondo monitoraggio sui minori fuori famiglia che vivono in strutture di accoglienza: i numeri parlano di un +9,3% rispetto al 2014. In arrivo le Linee di indirizzo per l’accoglienza nei servizi residenziali per minorenni. Cresce anche il numero di comunità attive, +5%
Sono 21.035 in Italia i ragazzi che vivono fuori dalla propria famiglia di origine, ospiti delle 3.352 comunità sparse su tutto il territorio nazionale (dati al 31 dicembre 2015). Si tratta in prevalenza di maschi, di età compresa tra i 14 e i 17 anni. È la fotografia scattata dalla pubblicazione “La tutela dei minorenni in comunità”, la seconda raccolta dati sperimentale elaborata con le procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni e presentata ieri dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza.
Le strutture di accoglienza ogni sei mesi inviano per legge informazioni alle procure minorili e proprio dall’elaborazione di questi dati deriva la pubblicazione odierna. I dati raccolti mettono a fuoco, oltre alla dimensione quantitativa, anche le principali caratteristiche qualitative dell’accoglienza in comunità. «L’obiettivo della pubblicazione», spiega la Garante Filomena Albano, «è approfondire il tema dell’accoglienza dei minorenni che vivono fuori della famiglia di origine. Un lavoro complesso, che abbiamo potuto realizzare grazie alla preziosa collaborazione delle procure minorili, attraverso il quale è possibile tracciare una fotografia del fenomeno sufficientemente ampia e aggiornata. Le peculiari condizioni di vulnerabilità di questi ragazzi rappresentano un serio ‘fattore di rischio’ per lo sviluppo armonico della loro personalità, proprio per questo occorre tenere un occhio vigile, per poter garantire quanto più possibile l’eguaglianza dei diritti e delle opportunità».
Sono molteplici le ragioni che portano all’ingresso di una persona minore di età in una comunità. Si va dalle difficoltà educative della famiglia di origine legate a uno stato precario di salute psico-fisica, ai bambini e ragazzi vittime di abusi o maltrattamenti a quelli entrati nel circuito penale, senza tralasciare i minori che fuggono da guerre e povertà, giungendo nel nostro paese privi di adulti di riferimento e in condizioni di particolare fragilità. I bisogni di tutela che ruotano attorno all’accoglienza nelle comunità non si esauriscono nelle difficoltà che determinano l’ingresso nella struttura ma riguardano anche la fase di uscita dal percorso di accoglienza dei ragazzi divenuti maggiorenni: ancora una volta la Garante ha ricordato come sia necessario «impegnarci affinché il giorno del diciottesimo compleanno per questi ragazzi sia una data da festeggiare e non da temere in vista del rientro in una famiglia di origine che, il più delle volte non ha ancora colmato le riscontrate carenze, o di un repentino salto verso la dimensione di autonomia propria della vita adulta che, spesso, non si è ancora in grado di affrontare da soli».
Le tre criticità dell’accoglienza in comunità
Nel corso dell’osservazione sono emerse tre criticità, dice l’indagine. La prima è la presenza, sul territorio nazionale, di classificazioni differenti delle strutture residenziali per minori, cosa che rende arduo il confronto tra i dati esistenti e, conseguentemente, difficile il monitoraggio del fenomeno. Un secondo punto critico riguarda l’esigenza di definire a livello nazionale standard minimi e criteri comuni per le comunità che ospitano i minorenni: importanti passi avanti su questo fronte saranno compiuti con l’approvazione in Conferenza Stato-Regioni delle Linee di indirizzo per l’accoglienza nei servizi residenziali per minorenni, redatte nell’ambito di un tavolo istituzionale che ha visti coinvolti, oltre all’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero della giustizia, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, l’ANCI, nonché membri esperti e coordinamenti nazionali. Ovviamente se ne auspica l’approvazione il prima possibile. La terza criticità è la mancanza di dati completi e aggiornati sui bambini e i ragazzi collocati nelle strutture residenziali: non esiste, infatti, un’anagrafe dei minori che vivono fuori dalla propria famiglia di origine condivisa fra le diverse istituzioni che se ne occupano e i dati più recenti relativi al fenomeno dei minorenni fuori dalla propria famiglia visto nel suo complesso risalgono al 31 dicembre 2012 (cfr rapporto “Affidamenti familiari e collocamenti in comunità”, realizzato dal Centro nazionale di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza).
Le cifre dell’accoglienza in comunità
I numeri dell’accoglienza in comunità dei minorenni allontanati dalla propria famiglia d’origine al 31 dicembre 2015 mostrano una tendenza in aumento rispetto a quanto rilevato per l’anno precedente. In particolare, i minori di età presenti nelle strutture di tipo familiare sono 21.035. Si registra quindi un incremento percentuale del 9,3%, rispetto al dato rilevato al 31 dicembre 2014. I neo- maggiorenni presenti nelle strutture al 31.12.2015 invece sono diminuiti: 1.940 rispetto ai 2.072 registrati nella precedente rilevazione. Quei 21mila e più minori in comunità rappresentano circa lo 0,2% dell’intera popolazione under18. Fra il 2014 e il 2015 è aumentato del 5% il numero di strutture per minori attive sul territorio nazionale, passate dalle 3.129 del 2014 alle 3.352 del 2015. Il numero medio di ragazzi accolti in ogni struttura (la legge prevede un massimo di 10 posti ospiti nei presidii per minorenni più 2 posti per far fronte alle situazioni di emergenza e un massimo di 6 ospiti nel caso di comunità di tipo familiare) varia molto: dai 3,7 di Piemonte e Valle d’Aosta ai 13,6 ospiti per struttura di Bolzano e ai 12, 4 dell’Umbria.
Dove risulta maggiore la diffusione del fenomeno dell’accoglienza in comunità? Un quarto di tutti i minori accolti in comunità sta nell’Italia Insulare (24%) e in particolare in Sicilia, che ha il 21,5% dei minori in comunità. Segue a notevole distanza dalla Lombardia (12,1%) e la Campania (10%). Questi numeri vanno correlati alla forte presenza in Sicilia di minori non accompagnati che hanno necessità di accoglienza: il 33,9% della complessiva accoglienza in comunità di MNA avviene infatti nella sola Sicilia.
Le caratteristiche dei minori accolti
Il 48% degli ospiti presenti nelle comunità è di origine straniera, un dato in crescita rispetto al 42,8% del 31 dicembre 2014. Il 67% di essi, ossia ben più della metà, è rappresentato da minorenni non accompagnati.
Sei ragazzi su dieci, fra quelli accolti in comunità, ha un’età compresa fra i 14 e i 17 anni (il 61,6%), percentuale in crescita rispetto al 57,2% registrato nella precedente rilevazione. Tutte le altre fasce d’età sono in calo: il 13,2% dei minorenni collocati in comunità ha un’età inferiore ai 6 anni. Una delle ragioni dell’elevata presenza di ragazzi in età tardo adolescenziale è l’alta incidenza della presenza di minori di origine straniera e in particolare di minori non accompagnati, che hanno prevalentemente un’età fra i 16 e i 17 anni.
Quanto al numero in calo dei neomaggiorenni ancora presenti nelle comunità, ci possono essere due letture: da un lato ciò potrebbe costituire un indizio di un miglioramento dell’efficacia degli interventi di sostegno ma d’altro canto potrebbe rivelarsi invece l’indicatore di una difficoltà dei servizi residenziali a far fronte anche alle necessità di chi, pur divenuto maggiorenne, non è ancora in grado di affrontare autonomamente la sua vita da adulto.
L’inserimento dei minorenni nelle strutture di accoglienza avviene, nella maggioranza dei casi (57,8%), a seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria, mentre la percentuale di collocamenti di cui è stata espressamente dichiarata la natura consensuale si ferma al 13,7%.
La percentuale di minorenni presenti in comunità da più dei 24 mesi previsti dalla legge passa dal 26,5% rilevato al 31 dicembre 2014 al 23% del 31 dicembre 2015. Il restante 77% degli ospiti di minore età si trova in comunità, al 31 dicembre 2015, da meno di 24 mesi.
Foto Brooke Cagle / Unsplash
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